[img]http://fotoalbum.mtb-forum.it/albums/1/thumbs_576/46690.jpg[/img]
[Comunicato stampa] Per decidere di rompere gli schemi ci vuole una motivazione forte: puoi essere folgorato come S. Paolo mentre ti rechi a Damasco, puoi essere svegliato di soprassalto come Newton da un pomo che ti colpisce in piena fronte mentre sei placidamente assopito sotto un melo, puoi anche incamminarti in una selva oscura come Dante, se a convincerti è un bravo giornalista di nome Virgilio.
A convincere Tomaso “Tomy” Ancillotti è stato l’assillo costante di Vittorio Zadotti, un amico appassionato di MTB e di Motorsport, che voleva farsi costruire un telaio MTB che avesse le caratteristiche di una moto da enduro: molto resistente, rigoroso nel mantenere la traiettoria in velocità ed ovviamente – considerata l’assenza del motore – leggero.
Nel paddock dei mondiali di MTB in Val di Sole si è consumato il primo incontro-scontro: Vittorio voleva una all-mountain moderna, ma era intransigente sull’utilizzo della ruota da 29’ avanti e di quella da 26’ dietro. Integralista sull’inclinazione del cannotto di sterzo, Vittorio era però disposto a confrontarsi sulla geometria complessiva del telaio e si sarebbe anche affidato completamente alla sapienza tecnica di Tomy per la realizzazione della sospensione posteriore. Tomy ascoltava tra l’incuriosito ed il divertito: se ti chiami Ancillotti, non la vivi come una novità assoluta costruire un telaio da fuoristrada con la ruota avanti più grande di quella dietro.
Durante il secondo incontro in Chianti, nella factory Ancillotti, Tomy e Vittorio si sono subito trovati d’accordo su di un punto rivelatosi poi fondamentale per la riuscita del progetto: la ruota da 29’ avanti ha bisogno di un telaio dedicato, che abbia degli accorgimenti specifici che non rendano la bici goffa e sgraziata (come alcune 29er full), oltre che non performante (come alcune 29er full). Non basta infilare la forcella da 29’ in un telaio nato per le 26’.
Altro punto fermo si è rivelato la scelta sull’inclinazione e l’escursione della forcella, ritenendo entrambi che, con la “giusta” inclinazione, la “ruotona” avrebbe avuto bisogno di un’escursione inferiore della forca da 26’.
Anche per la scelta dell’ammo posteriore non c’è stato bisogno di discutere: Tomy produce uno dei migliori elementi a molla sul mercato, Vittorio non si fidava più della volubilità sotto stress degli ammortizzatori a gas dopo un incontro troppo ravvicinato con il rail dell’autodromo di Misano, portando in gara un’auto GT così equipaggiata.
[img]http://fotoalbum.mtb-forum.it/albums/1/thumbs_576/46689.jpg[/img]
Poco meno di due mesi e la bici era pronta per il primo test. Bella ed aggraziata, come se le MTB avessero sempre avuto ruote di dimensioni diverse. Prima di uscire per il giro di prova, Alberto – il babbo di Tomy – lancia un’ultima occhiata e dice a mezza bocca: “il manubrio l’è stretto e di dietro la corsa l’è corta”.
La Scarab 96, questo il nome del progetto, è una bici diversa. Nata per salire leggera su sterrati scorrevoli e scendere forte da dovunque.
In salita, la ruota anteriore da 29’ la rende fluida sulle asperità, mentre la ruota posteriore da 26’ la mantiene potente nella spinta – grazie al forcellone compatto – ed agile nelle ripartenze. Si può dire che la Scarab 96 si comporta in modo simile ad una 26’, con un vantaggio di scorrevolezza quando la salita è pedalabile ed un leggero svantaggio in maneggevolezza quando il percorso è particolarmente lento ed impegnativo.
Quando inizia la discesa invece, la “bimba” cambia il mondo delle all-mountain che voi avete fin qui conosciuto. Era facile prevedere che la ruota da 29’ fosse più rigorosa alle alte velocità e non conoscesse asperità (infatti trita tutto – sassi, radici, rami spezzati, canali), ma la vera magia è stato scoprire che – come ipotizzato – la differenza di diametro delle ruote conferisce una maneggevolezza ed una velocità di percorrenza in curva sconosciuta alle enduro da 26’. La differenza di rotolamento tra le ruote crea un assetto di discesa sempre leggermente sovrasterzante perfettamente controllabile, che non solo aiuta a chiudere le curve più velocemente, ma trasferisce al rider grande fiducia nel grip della ruota anteriore e regala pura gioia di guida, non a caso anche nelle moto da fuoristrada viene adottata questa soluzione.
Dopo la prima giornata di test, il responso del primo prototipo della Scarab 96 era più che positivo e che è ulteriormente migliorato montando un manubrio più largo, per contrastare meglio l’inerzia della ruota anteriore, e sostituendo i leveraggi per aumentare un poco la corsa della sospensione posteriore che nella prima uscita era di 130mm.
Scheda tecnica
Angolo di sterzo 66°
Escursione anteriore 120mm
Escursione posteriore 145mm
Altezza movimento centrale 340mm
Peso bici completa come in foto 13,1kg