Autore: Francesco Mazza
Dopo il test comparativo tra la Trek Slash e la Specialized Enduro 29, eccoci nuovamente in sella a una bici da Enduro con ruote da 29″ che sta incuriosendo molti biker. Si tratta della Yeti SB5.5, bici meno aggressiva e più all around come concetto, ovvero maggiormente bilanciata tra salita e discesa di quanto siano le competitor sopra citate, decisamente più votate alla discesa. DSB ci ha fornito un allestimento custom della SB5.5, nato dal kit XX1 Eagle proposto da Yeti e successivamente modificato dall’importatore italiano con componenti di marchi da lui distribuiti. Abbiamo messo alla prova la SB5.5 su una gran varietà di percorsi per esaltarne le doti di polivalenza, compresa una sessione approfondita di test sui famosi percorsi di Finale Outdoor Resort, grazie al servizio shuttle di Ride on Noli e all’ospitalità dell’Hotel Deutsche Familien.
Analisi statica
Nella gamma Yeti Cycles, la SB5.5 si colloca come destinazione d’uso tra la SB5 e la SB6, coprendo sia il segmento Trail che il segmento Enduro. Il telaio è realizzato interamente in carbonio, sia il triangolo principale che il carro. Yeti offre due opzioni di carbonio, denominate Turq e Carbon. La prima opzione è realizzata con la migliore qualità di carbonio e caratterizza il telaio venduto come frame kit e i 3 allestimenti più pregiati, mentre la versione Carbon utilizza una qualità di carbonio standard ed è disponibile nei 2 allestimenti più economici proposti da Yeti. Nel caso del telaio Turq la biella è realizzata in carbonio e la viteria è in titanio mentre per il telaio Carbon la biella è in lega di alluminio con viteria in acciaio. L’insieme di tali caratteristiche determina una differenza di peso tra i due telai di circa 250 grammi.
Il sistema di sospensione è l’ormai tradizionale Switch Infinity adottato da Yeti sulla quasi totalità della gamma. Si tratta di una particolare interpretazione di un sistema Virtual Pivot, nel quale la biella inferiore è sostituita da un sistema di scorrimento lineare invece che rotativo, che è appunto il cuore del sistema Switch Infinity.
Realizzato in collaborazione con FOX, questo meccanismo consiste in un blocco che scorre verticalmente su due cilindri rivestiti con trattamento Kashima per ottimizzarne la scorrevolezza. Non si tratta di una sorta di ammortizzatore o di un sistema idraulico come molti potrebbero pensare, associando FOX e Kashima, ma di un semplice sistema di scorrimento meccanico. Sul blocco, dotato di porte di ingrassaggio per mantenere sempre adeguatamente lubrificato il sistema, si trova il fulcro principale del carro che ruota su cuscinetti. Durante l’affondamento del carro, il punto d’influcro solidale al blocco dello Switch Infinity segue un movimento flottante di pochi millimetri verso l’alto durante la prima metà della corsa e poi nuovamente verso il basso durante la parte terminale della corsa.
Questo consente di avere un percorso ruota leggermente arretrato per favorire il superamento degli ostacoli di media entità e al contempo di offrire una quota di anti-squat ottimizzata per le prestazioni in pedalata durante la prima parte di escursione mentre per la seconda parte di escursione il tiro catena viene alleggerito per evitare interferenze con il compito della sospensione di assorbire gli urti più importanti. Il movimento del cinematismo è guidato da una biella che si occupa di far ruotare il carro anteriormente per comprimere l’ammortizzatore e comanda il moto flottante del sistema Switch Infinity.
140 i millimetri di escursione posteriore, gestiti da un ammortizzatore FOX Float X Factory Kashima EVOL con 3 posizioni Open, Medium e Firm e con compressione regolabile su 3 click in posizione Open. Il Float X è ben tarato sulle specifiche della SB5.5 per quanto riguarda la posizione Medium non troppo frenata, che non avrebbe senso con un cinematismo molto stabile come lo Switch Infinity di Yeti, mentre per la posizione Firm, avrei preferito una soluzione più marcata, che si avvicinasse maggiormente a un blocco effettivo. Caratteristica poco gradita del Float X è la posizione eccessivamente scomoda da raggiungere del pomello di regolazione del ritorno, ma si fa abbondantemente perdonare in termini di prestazioni.
La forcella corrisponde alle specifiche dell’allestimento di serie ed è una FOX 36 Float Factory Kashima da 160mm di escursione, con cartuccia idraulica FiT4 che offre le 3 classiche posizioni Open, Medium e Firm oltre alla regolazione fine della compressione in posizione open. La battuta del mozzo è Boost 110×15. La 36 è decorata con decals dedicate in tinta con il tradizionale colore turchese che caratterizza il marchio Yeti.
Anche la trasmissione SRAM XX1 Eagle è la stessa dell’allestimento di serie, che tra l’altro ne caratterizza il nome. Cambio, comando, cassetta e catena sono tutti componenti del gruppo top di gamma del brand statunitense, mentre la guarnitura rappresenta una differenza del montaggio custom di DSB rispetto alla guarnitura XX1 Eagle con corona da 30 denti prevista da Yeti. Qui infatti troviamo una RaceFace Next in carbonio, con corona direct mount da 32 denti.
Il reggisella telescopico RaceFace Turbine da 125mm di escursione fa parte di ognuno dei kit di allestimento proposti per la SB5.5. Si tratta di un telescopico di buona qualità e dal comportamento sempre pronto, veloce e scorrevole. La leva non necessita molta pressione e consente di azionare il Turbine in modo morbido. Si tratta di una leva comoda e ben sagomata ma piuttosto lunga, quindi va posizionata bene per non rischiare di dover alzare eccessivamente il pollice dal manubrio per raggiungerla. Probabilmente la versione con posizionamento orizzontale (disponibile come optional) che emula il trigger del cambio è in grado di offrire maggiore ergonomicità. La sella è una scelta di DSB, differente dal montaggio di serie; si tratta di una SDG Duster P RL con carrello in titanio.
Manubrio e attacco manubrio sono prodotti da RaceFace, nello standard 35mm. Il manubrio è un modello Next da 760mm e 20mm di rise scelto da DSB, mentre il kit di Yeti prevede un SIXc da 800mm di larghezza. Lo stem è un Turbine 35 da 50mm di lunghezza e 6° di inclinazione. Considerando l’altezza generosa delle forcelle da 29″ con 160mm di escursione, ho posizionato l’attacco manubrio il più in basso possibile. L’attacco inclinato consentirebbe di abbassare ulteriormente l’altezza da terra del manubrio, girandolo in negativo, ma dopo alcune prove ho trovato la posizione migliore con uno spessore da 5mm e l’attacco in positivo: un po’ più alta di quanto non sia abituato, ma la più bilanciata per questa bici.
DSB ha sostituito anche i freni SRAM Guide RSC di serie con un prodotto di sua importazione, un impianto Hope Tech 3 E4 con rotori semiflottanti Hope da 180mm di diametro su entrambe le ruote. Sono i freni dedicati all’Enduro della casa britannica, che grazie ai 4 pistoni della pinza offrono una modulabilità particolare alla quale occorre abituarsi, con frenata quasi nulla al primo contatto delle pastiglie con il disco, che diventa progressivamente più corposa ed efficace, fino a sprigionare parecchia potenza. La posizione delle leve è molto comoda grazie alla doppia regolazione che consente di regolare distanza e angolo di leva, per configurare al meglio l’ergonomia secondo le proprie esigenze. Tuttavia, nonostante la posizione ottimale, sono la forma e le dimensioni stesse della leva realizzata a CNC, particolarmente spessa, a non aver soddisfatto le mie falangi in termini di comfort.
Anche le ruote Industry Nine sono una scelta di DSB tra i prodotti da loro importati in Italia e sostituiscono le ENVE M70 HV previste da Yeti per l’allestimento originale. Si tratta di un modello della stagione scorsa, le Torch Enduro 29″, con cerchio da 26mm di larghezza interna, montato con 32 raggi in alluminio realizzati a CNC, con testa dritta che si infila direttamente nel cerchio senza nippli e filetto dal lato opposto che si avvita nella flangia del mozzo. I mozzi offrono ottima scorrevolezza e non vi faranno passare inosservati grazie alla ruota libera rumorosa, molto rumorosa, forse anche troppo. La rumorosità dipende dai ben 120 punti di ingaggio su 6 cricchetti che offrono una prontezza di ingaggio eccellente, ogni 3° di rotazione. Le ruote sono montate Tubeless con coperture Maxxis High Roller II EXO 3C da 2.30″ di larghezza.
Il passaggio di cavi e tubazioni è interno al telaio e le porte di ingresso nella zona di sterzo sono molto curate sia come posizione, che consente un’impostazione ordinata dei cavi verso il manubrio, che come finiture, con specifiche guarnizioni in gomma che proteggono il telaio dall’intrusione di acqua e sporcizia ed evitano rumorosità dovute al movimento dei cavi durante il riding.
Impeccabili e abbondanti le finiture in gomma sul carro a protezione degli urti della catena che non lasciano scoperto nessuno dei punti critici, riparando efficacemente sia il fodero basso che il fodero alto. Completa l’opera una placca in metallo che ripara la zona del carro più vicina alla corona. Anche il tubo obliquo è abbondantemente protetto da un guscio in gomma dura, al centro del quale trovano posto i supporti per il portaborraccia; posizione decisamente sacrificata, ma l’unica possibile considerando il design del telaio. Per chi volesse montare un guidacatena o un paracolpi, è presente anche il supporto ISCG attorno alla scatola del movimento centrale.
Geometrie
Yeti propone la SB5.5 esclusivamente in 3 taglie: Medium, Large ed Extra Large. Non sono disponibili le taglie Extra Small e Small presenti invece sul resto della gamma. Si tratta quindi di una bici dedicata ai rider dai 170cm di altezza in su, secondo la tabella delle taglie consigliate da Yeti.
Salita
Come anticipato nel paragrafo inerente il cockpit, la regolazione dell’altezza del manubrio ha implicato qualche prova e un paio di giri per prendere confidenza con la posizione in sella, che inizialmente sembrava essere alta ma infine si è rivelata corretta per la guidabilità del mezzo. Anche la taglia mi è parsa inizialmente piuttosto compatta, nonostante i miei 175cm di altezza cadano perfettamente al centro del range consigliato da Yeti per la taglia M (170-180cm). Dopo poche uscite ho dovuto dare ragione a Yeti, poiché la posizione in sella è perfettamente equilibrata tra comfort e controllo sia in salita che in discesa. Sulle salite scorrevoli infatti ci si trova in una posizione sufficientemente comoda, nonostante le geometrie enduristiche e il manubrio decisamente largo. La posizione Firm dell’ammortizzatore ha senso di essere impiegata esclusivamente su fondo molto liscio e compatto (asfalto o strade bianche), dato che anche in posizione Open l’oscillazione della sospensione è minima e ininfluente. Per questo motivo, come anticipato, avrebbe senso fornire l’ammortizzatore di un blocco totale. Su fondo sconnesso invece si può tranquillamente pedalare con l’ammortizzatore in posizione Medium od Open, sfruttando la stabilità del sistema Switch Infinity.
La quota di anti-squat ottimizzata grazie al sistema Switch Infinity, consente di utilizzare la sospensione in posizione Open sulle salite più tecniche e particolarmente sconnesse, godendo del massimo dell’ottima trazione della SB5.5 senza che la sospensione affondi eccessivamente, con il rischio di pestare i pedali sulle rocce. Una qualità che inoltre torna utile negli strappi in salita che spesso intervallano i trail in discesa, dove non occorre distogliere l’attenzione per intervenire sulla leva dell’ammortizzatore ma ci si può concentrare soltanto sulla guida e sulla prestazione fisica. La guidabilità inoltre è ottima e, nonostante la lunga escursione della forcella e l’altezza da terra del manubrio, l’anteriore si comanda facilmente e permette alla 29er di casa Yeti di salire come una Trail bike. La corona da 32 adottata da DSB necessita di una buona gamba per i punti più ripidi e tecnici, dove la 30 prevista di serie lascerebbe certamente più margine di agilità e di spunto.
Discesa
La posizione di guida in discesa è centrale e garantisce un ottimo controllo del mezzo, anche grazie alla geometria moderna del manubrio. Nei tratti misti è molto maneggevole, bilanciata e veloce nei cambi di direzione. Eccezionale la stabilità e la precisione nel percorrere curve a velocità sostenuta, come un treno sui binari. Il telaio è rigido e reagisce molto bene agli impulsi del rider, infondendo inoltre un gradevole senso di solidità.
La maneggevolezza nei tratti tecnici e tortuosi cresce progressivamente con l’aumentare della velocità: se in quelli particolarmente lenti e poco ripidi si trova un po’ impacciata e va guidata con molta fisicità, laddove si possono mollare un po’ di più i freni oppure dove la pendenza accentuata favorisce un’immediata accelerazione, diventa agile e precisa. Per questo motivo il modo migliore di guidare la SB5.5 è quello di andare alla ricerca delle traiettorie più veloci, anche se particolarmente aggressive e impegnative, tanto è in grado di affrontarle senza scomporsi e in cambio regala una guida divertente e in pieno controllo.
Ho impiegato alcuni giri e diversi tentativi per raggiungere un setting adeguato tra le due sospensioni, ma una volta ottenuto, il comportamento è bilanciato ed efficace. Sullo scassato veloce infatti la bici è decisamente stabile e assorbe efficacemente gli urti. La sensibilità iniziale di entrambe le sospensioni è molto buona. La reattività della sospensione posteriore è direttamente proporzionale alla velocità: da lenti è leggermente pigra, a vantaggio di grip e trazione, mentre a velocità sostenute diventa molto reattiva, assecondando adeguatamente la dinamicità dell’azione. Poco dopo la metà dell’escursione il sistema Switch Infinity ha una sorta di punto di stallo nel suo movimento che corrisponde al “punto morto superiore” della corsa sulla coppia di cilindri: si tratta di un fattore normalmente impercettibile ma in alcune sporadiche condizioni, come per esempio quando si incassano urti di media entità in rapidissima successione, questo punto di stallo manda leggermente in crisi la sospensione che tende a irrigidirsi e diventa di conseguenza leggermente nervosa.
Conclusioni
La SB5.5 coniuga le prestazioni in discesa di una Enduro assetata di velocità con le ottime prestazioni in salita e nel misto di una Trail bike. Sospensione eccellente in pedalata e performante in discesa. Telaio rigido e leggero. Yeti da sempre propone prodotti concreti ma al contempo innovativi e mai banali… e con la SB5.5 ha messo a segno un altro bel risultato.
Allestimenti e prezzi
SB5.5 Turq XX1 Eagle: €11.999
SB5.5 Turq X01 Eagle: €8.199
SB5.5 Turq XT: €7.599
SB5.5 Carbon Eagle: €6.599
SB5.5 Carbon XT/SLX: €5.699
SB5.5 Turq telaio: €4.199
Disponibile in 2 colorazioni: grigio, come la bici in test, oppure nel tradizionale turchese Yeti
Peso verificato per la versione con allestimento custom da noi testata: 12,3kg
Yeti Cycles è distribuita in Italia da DSB
100 % la sospensione si comprime praticamente bloccandosi, il punto dove si blocca dipende anche dalla LR e da altre cose, per una bici così lineare come la yeti direi che affonda un bel pò a parità di sag.
L'equilibrio che tu dici è quel magico 60% che hai nominato, la yeti a 97% non è equilibrio ma ad uno dei due estremi.
Comunque non devo essere certo io a spiegarti questo è soprattutto in questo topic che è della yeti.
I valori sono quelli ed eventualmente discutiamo sulla yeti senza prese di posizione o per mettersi a difendere la bici.
Io non ho attaccato ne criticato, ho solo detto che secondo me hanno privilegiato la pedalata a discapito del resto ed è una scelta la cui unica critica vera può essere sull'eccessiva linearità di una sospensione di una bici di questa categoria.
I dati sono oggettivi, non sta a me giustificarli ne difenderli e puoi verificarli tu stesso con un po' di pazienza.
Chiaramente mi domando come si può spendere certe cifre senza neanche sapere cosa si sta comprando. Un'occhiatina all'antirise o a LR bisogna darla sempre prima di comprare, ma questa è una mia opinione.
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