A dispetto del titolo iniziale, dove dopo il nero veniva il rosso e il Verdon, qui invece vi proponiamo prima il verde, ma che importa: invertendo colori del riding il risultato non cambia!
Il 1600 del Delher Profi è in batte il ritmo e odora di gasolio, tutto l’ambaradan del perfetto biker è stipato dentro, pure noi. Il mangiacassette stile anni ‘90 suona il reggae dei Crazy Flower Power.
Così, in pieno stile giamaicano lasciamo Dignes les Bains per trasferirci a Castellane, un bellissimo paesino in Verdon, molto gettonato da turisti e amanti dell’outdoor. Qui si fa principalmente climbing, rafting e canyoning, pertanto si trovano un’infinità di sistemazioni, tra hotel, gites, chambre d’hôte e camping. Noi, col fiuto che ci contraddistingue, di quello da tartufi per intenderci, scegliamo il camping Les Pesquieres, che va bene solo per il fatto che è vicino al paese e alla partenza del giro che vogliamo fare: la sommet de la Fumée. Puro stile cicloalpinismo nel verde Verdon, che più verde non si può!
Il giorno dopo potremmo prendercela più spedita, partire prima, ma per quanto ci impegniamo ogni volta, non ci riusciamo: tranquilli che meno di due ore di preparazione ci vogliono tutte. Con la migliore buona volontà per le 8,30 inforchiamo le Capre. La salita al colle Lèques è abbastanza veloce, in 40 minuti ci siamo snocciolati 500 m D+, tutto su bitume. Pare che ci sia una sterrata che sale al colle, ma che il passaggio in proprietà private sia tutto da chiarire col villico di turno, quindi per risparmiare menate varie, cani e forconi vaganti, e fare prima, noi si va su con la D4085. Al colle (1146 m) un bistrot attende i passanti che vogliano rifocillarsi; noi ci facciamo una pausa per una Orangine fresca; fate scorta di acqua perché da qui in poi ve la scordate. Vicino al barucio (translate dal piemontese: piccolo bar) prendiamo subito a destra (balise; wp F00; 7,8 km; 1143 m slm), seguendo l’indicazione “La Baume” e “Site des Sirènes Fossiles”. Un pannello ci svela il mistero delle “sirene”.
Siamo all’inizio del sentiero escursionistico che porta all’omonimo sito fossilifero dove 40 milioni di anni fa degli strani mammiferi marini sguazzavano felici. Come Ulisse siamo messi alla prova di andare a vedere quest’isola fossile, idea che però abbandoneremo subito per un’altra destinazione, meno fossile e più fisica. Subito un paio di cani da guardiania dei Pirenei ci avvertono che quello è il loro territorio, per fortuna nostra il pascolo è ben recintato con la rete elettrificata a protezione delle pecore e dei bikers. Attacchiamo la stradina che sale nella prateria, al primo bivio verso “Les Sirènes” (wp F01), al secondo poco dopo abbandoniamo invece quella destinazione per seguire a destra l’indicazione “La Fumée” (wpF02; 8,7 km; 1178 m slm). La strada forestale s’inerpica ripidamente nel bosco senza lasciare dubbi alla progressione: spintage!
Marzi mi regala un sorriso: la fatica è mitigata dal bel paesaggio e dalle conifere, che verdeggiano e ombreggiano. Dopo questo primo tratto, riusciamo persino a dare qualche colpo di pedale fino al successivo portage che sbuca su un pianoro. Molto bella ora questa session, tutta pedalabile su un idilliaco sentierino che si snoda per circa 800 m tra ginestre, bossi, rose canine e pini neri.
Giungiamo a una radura (wp F03; 10,1 km; 1369 m slm): davanti a noi la traccia sembra nascondersi. Il dubbio viene subito dipanato dai numerosi cartelli posti nei nidi dei picchi che indicano”INTERDIT”; per i duri de capa “di la non si va”!
Breve esplorazione.Scorgo il sentiero che si nasconde beffardo a destra: scendiamo di poco e quindi riprendiamo a salire nel fitto della foresta; è il secondo tratto di portage di circa 150 m di dislivello che regala tanto sudore (qui siamo fuori dal bosco) ma anche un bell’incontro: la fioritura del raro giglio pomponio, che sfioriamo delicatamente con le gomme.
Marzi e io abbiamo due tecniche di portage differenti: lei “trascina”, io “camallo” (dal ligure camallare: portare voluminosi sacchi sulla schiena).
Infine siamo in cima a La Fumée (wpF04; 11,5 km; 1487 m slm): una cresta spettacolare con un panorama a 360° su tutta la vallata e cime circostanti.
Siamo stanchi ma felici come colibrì! Ne è valsa la fatica!
Ecco la provvidenziale mogliettina tirare fuori un paio di albicocche e la barretta ai cereali; ma quanto le voglio bene! Qualche sorso d’acqua, protezioni, casco, occhiali, guanti e vai!
250 metri di cresta aerea, mai troppo esposta, con passaggini tra roccette e arbusti fioriti: una delizia da palati fini, da gustare per bene.
Raido deciso, ma non mi sfugge quel verde turchese laggiù: il Lac de Castillon!
Giunti ad un evidente pino secco (wpF05; 12 km; 1456 m slm) il trail s’invortica a sinistra con un tornantino (occhio al segnavia, è sotto) e comincia a scendere. Un po’ strettino, con abbondanza di mezzacosta e un fondo misto terra-aghi di pino che richiede buon dosaggio dei pesi e dei freni per non tirare lunghi. Più sotto attacca una tratta pedalata in falsopiano che ci permette di cambiare versante, ora pieno sole, e portarci su un pendio avidamente invaso dalle ginestre che comunque sono in tinta con i cerchi Mavic. Dopo ci tocca un passaggio delicato, bici a mano, sul ciglio di una frana: occhio alle penne!
Affrontiamo una sessione scassata, su sassi instabili e caotici, attraversiamo alcuni rii, per poi risalire a pedale nel bosco fino a un successivo pianoro, dove prendiamo a sinistra (wpF06; 14,3 km; 1282 m slm). In questa parte è sempre meglio guardarsi bene intorno e marcarsi il segnavia giallo. Poiché il giro non rientra tra quelli facenti parte delle proposte FFC_VTT di Castellane dico a Marzi “Marzi, metti in posa che scatto al segnavia”. Pronta la battuta della bikerina “Ci credo, non so mica quanti siano stati a farlo”!
Cominciamo quindi un riding più “selvatico”, del tipo di quelli che tra arbusti, spine, rose canine e altre specialità botaniche invasive e strazianti il minimo che uno possa augurarsi è avere le protezioni lunghe e non quelle simpatiche e modaiole ginocchiere corte da enduristi che ci siamo portati dietro.
L’arrivo al paesino di La Baume è da penitenti scalzi: tibie e caviglie sfregiate da rovi e insanguinate come da flagellazione. Marzi è incazzata perché stasera non potrà mettere la “gonnina” da passeggio, tuttavia pensiamo di intuire il perché il giro non è nella lista dei percorsi MTB di questa zona.
A La Baume (wpF07; 15,7 km; 1153 mslm) si trova un Gite d’Etape (chiuso oggi, vedi che la sfiga ci vede benissimo!) e per fortuna una fontana, che se fosse stata secca mi sarei bevuto l’olio delle forcelle.
Seguendo la strada asfaltata verso sinistra dopo un centinaio di metri si trova la balise (wpF08) che invita a calarsi a destra per il Col de la Baume: infiliamo il single track, filante e con fondo vario, a volte sassoso, che pure si farebbe più in velocità se solo ogni tanto gli dessero una passata col decespugliatore: ahhh, come vorrei uno di quei manubrietti da XC stile anni 80/90, dove in 48 cm c’era tutto il necessario e non s’incastravano tra i rami!
Arrivati al Col de La Baume (wpF09; 17,1 km; 1079 m slm), attraversiamo la strada asfaltata per attaccare una discesa scassatissima, rocciosa e con ricchi premi e cotillon di sassi che porta all’incrocio per rientrare a Castellane. Noi però vogliamo dedicarci un po’ di relax sul bel Lac de Castillon. Svoltiamo così a sinistra e raggiungiamo la spiaggetta turistica (wpF10; 20,3 km, 893 m slm). Diciamocelo: fa sempre figo arrivare da una raidata nella civiltà turistica, ti guardano come un eroe, o come un pazzo! ”Ehi Marzi, becca laggiù!!”. Come un miraggio appare l’impareggiabile furgoncino “beach food” delle cose buone, che i riders amano tanto. Alla faccia della dieta mediterranea: birra, patatine fritte, arrosto di maialino e insalatona “niçoise” non ce li leva nessuno!
Il Bagno nelle fresche acque del lago è lo stratagemma che lancio per annebbiare a Marzi l’idea di affittare un pedalò e fare il giro navigato del bacino artificiale. Per non sfigurare verso gli astanti, mi gingillo con due surplace nel bagnasciuga.
Rientriamo a Castellane snobbando la strada forestale (a sx segnavia FFC-VTT) che eviterebbe la discesa su asfalto, un po’ perché è una sterrata sassosa senza nessun carattere, un po’ perché del sano “speed roading” in velocità e curve condotte su bitume ogni tanto non guasta e soprattutto fa fischiare il sottogola del casco. Qualcuno potrebbe chiudere il riscaldamento? O fa così caldo che, pur lanciati in discesa, sembra di avere un phon davanti al naso?
Dati
Sviluppo: 24,7 km; dislivello:D+ 869 m; D- 857 m; durata circa 4,5 h senza le soste.
Info guida cicloturistica: [email protected]