Il CAI di Belluno contro le mountain bike

396

L’articolo inizia con un promettente “Il Club Alpino Italiano sostiene il cicloturismo, anche in quota”. Poi si scatena: “Ad una condizione: che percorra tracciati dedicati.”

Le parole sono di Renato Frigo, presidente regionale del CAI. Fa riferimento alla famosa legge veneta secondo cui tutti i percorsi in quota sono vietati alle MTB, e secondo lui i comuni dovrebbero far rispettare la legge.



.

Si continua con:

L’abuso viene perpetrato soprattutto dagli ultimi arrivati, che si cimentano con l’e-bike sul primo sentiero che incontrano. Magari senza sapere che è tra quelli vietati dalla legge regionale. «I sentieri alpini Cai, per essere inseriti nei percorsi cicloescursionistici autorizzabili», ricorda Frigo, «devono soddisfare le seguenti condizioni tecniche: larghezza minima del fondo viabile, sull’intero tratto interessato, di 1,5 metri; pendenza massima del 20% calcolata su un tratto di 2,5-10 m di lunghezza; mantenimento dell’uso promiscuo in sicurezza del sentiero alpino; ridotta velocità da parte dei ciclisti; specifica segnaletica rivolta agli utenti. Sono queste le condizioni degli itinerari dove gli escursionisti incrociano i bikers? Assolutamente no, nella maggior parte dei casi».

Dopo uno sproloquio che mostra chiaramente che non conosce il tema di cui parla (freeride, downhill, chi più ne ha più ne metta), conclude con: «Noi del Cai», conclude il presidente, «vogliamo dar voce a chi pratica la mountain-bike con spirito escursionistico, con genuina passione per la natura. Vogliamo dar voce a chi è abituato a muoversi in silenzio, a chi ama la sana fatica, a chi non considera l’ambiente montano come un luna-park. Difendiamo la montagna da chi la usa male».

Secondo Frigo, dunque, il cicloescursionismo del CAI deve tenersi sugli argini del Piave, sempre che siano larghi abbastanza? Oppure dovremmo andare sulle strade montane trafficate da lui e i suoi adepti che raggiungono le località di montagna per farsi l’escursione della domenica, dando fastidio anche lì perché devono rallentare?

Viene anche spontaneo chiedersi se il dare voce “a chi non considera l’ambiente montano come un luna-park” si riferisce anche a tutti i pedoni che prendono le funivie per andare in quota a mangiare polenta sovrapprezzo e soprattutto a tutti quegli sciatori che con il turismo invernale tengono viva l’economia montana.

 

Commenti

  1. sembola:

    Sai benissimo che i sentieri di cui il CAI Belluno reclama la "proprietà" morale non sono il terreno principale di chi fa xc o marathon.
    Non a caso la discesa dall' Auronzo nella 3CE era considerata qualcosa di straordinario o assurdo, a seconda delle preferenze e delle opinioni.
    Il Lavaredo supertrail lo ho fatto x la prima volta inizio anni 2000....con una Scale 26 e quando Mr.3epic non ci aveva ancora messo mano. L'ultima volta in gara nel 2017 fatto con una full da xc con il solo freno davanti. Il dietro era ko x la leva del freno spezzata.
    È un trail eccezionale per il contesto e perché ST, nel vero senso delle parole ST ossia singola traccia, da oltre 1000 mt di dislivello d- continui ce ne è pochi.
    X il resto è stato fatto senza grossi problemi da migliaia di xcisti. I meno capaci scendevano in un paio di passaggi. I più bravi tutto montato. Il Gunn Rita Dahle sull'altro versante, fatto al mondiale, era più breve ma più difficile.
    Alle volte si mitizzano cose per interessi vari che alla fine non hanno nulla di assurdo. Altro ST della zona "famoso" è il passaggio Demut tra il Sillianer e il Quaternà....fatto anche quello con una 26 la prima volta da me e successivamente da molti altri amici, local e non, con bici sempre xc.
    Poi vabbè c'è chi parla di telescopico pure x le gravel....e allora non resta che ridere.
    I sentieri di cui parla il Cai è roba da xcisti, perchè in alta montagna o hai gamba o non ci arrivi....e tendenzialmente con una bici da 15 kg ci vuole tanta tanta gamba per arrivare in alto per giri lunghi e importanti.
    Per esperienza, a parte il singolo bikers che può litigare con chiunque, i problemi veri sorgono nei luoghi non tanto di alta montagna tout court, quanto nei luoghi in cui si arriva in alto "facilmente" (seggiovie non bike park, risalite meccanizzate più o meno organizzate ecc.) e poi ci si butta giù in gran numero. Poi è ovvio che in alta montagna ci sono anche bici da trail ed enduro.....ma più aumenta quella tendenza e più ne aumenta pure il peso e la pedalabilità (e cambiano in peggio le geometrie) per arrivare in alto.
    Nelle Dolomiti bellunesi (non Nevegal che è sopra Belluno, ma non è Dolomiti) a mia memoria, problemi del genere non ne ricordo. Faccio gli stessi (tutti) sentieri/carrrarecce/mulattiere/strade da 30 anni.
  2. sembola:

    Non conosco la zona, ma è probabile che si tratti di percorsi creati exnovo.
    Ma di nuovo ricadiamo nel modello bike park. Che è un modo più elegante per definire un ghetto.
    Dipende molto da come viene fatta la cosa. Anche i sentieri "pedonali" sono stati fatti da qualcuno e non sono certo naturali. Se viene realizzata una ragionevole rete di sentieri senza per forza riempirli di paraboliche stile bike park non sarebbe poi molto diverso che percorrere i sentieri (ugualmente opera umana) da condividere con i pedoni.
    Che poi si rischi la diffusione dell'idea "piste da sci d'inverno e bike park d'estate" come modello economico questo è sicuro. Bisognerebbe stare attenti a premiare quei posti che al posto del (o accanto al) bike park presentano una rete di sentieri "simil-natuali" (come, ripeto, lo sono tutti comunque) per le MTB.
Storia precedente

Le protezioni da usare quando si va in MTB

Storia successiva

Nebuloso annuncio di Avancini: si ritira?

Gli ultimi articoli in News