Dopo aver visto alcune foto di Rpapero (che ringrazio pubblicamente per gli stupendi itinerari proposti sul forum), non c’è stato alcun dubbio: l’Appennino Perduto andava esplorato, l’adrenalina aveva già preso possesso delle mie facoltà. D’altronde, come si fà a resistere a simile splendore?
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Stiamo parlando del comprensorio del Monte Ceresa (1494 mt), vasta zona montuosa con una estensione di circa 120 Kmq di elevato interesse naturalistico e culturale, che costituisce l’ultimo lembo a sud ovest delle Marche, incastonato come una gemma preziosa a confine con Abruzzo, Lazio ed Umbria.
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Il territorio riveste una particolare importanza in quanto rappresenta una naturale cerniera fra due grandi Parchi nazionali, quello del Gran Sasso e Monti della Laga a Sud e quello dei Sibillini a Nord-Ovest (di cui in lontananza possiamo osservare la mole della sua vetta più elevata, il M. Vettore)
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Proprio la vicinanza a questi colossi appenninici ne ha occultato per lungo tempo il nome e le bellezze, rendendo questo territorio selvaggio così come lo vediamo oggi. E anche se negli ultimi anni, devastanti incendi ne hanno flagellato flora e fauna, il comprensorio rimane una perla da custodire con molta attenzione e gelosia.
Punteggiata da frazioni che si spingono anche a quote notevoli e abitate da poche anime come Capo di Rigo (m 925), Piandelloro (m 804), Agore (m 851), Peracchia (m 871), costellata da tutta una serie di spettacolari paesini abbandonati (Rocchetta, Poggio Rocchetta) costruiti direttamente nella roccia, penetrata da una moltitudine infinita di cavità e grotte abitate fino a pochi decenni fà, la zona è terreno di sentieri da SPOT della MTB. Vedere x credere.
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Circa una settimana fà chiamo gli amici uammeri, informandoli della presenza di questa “terra magica”, per noi ancora inesplorata.
In pochi giorni facciamo due incursioni di quelle “leggiadre”, quelle che lasciano per sempre dentro di te un segno indelebile, storie vissute dall’alba al tramonto in fresche ma assolate e terse giornate d’inverno, dove passione per la mtb e amicizia si intrecciano insieme col passato, per regalare al fortunato di turno la pace interiore, sulle ali di quel senso di “wilderness” che ci sospinge verso le alte vette.
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Partiti dalla piccola frazione di Sala, ci dirigiamo a Piandelloro, dove ha inzio uno dei più bei sentieri dell’Appennino Perduto, che da quest’ultima frazione prende il nome.
è il mitico 425 – “Piandelloro”, 4 km di turbinio voluttuoso, immersi in un paesaggio da favola, tra alte pareti di arenaria e caratteristiche rocce dalle conformazioni più stravaganti, parte integrante degli antichi fondali marini.
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Il sentiero sbuca a Vallefusella, quasi 500 mt più in basso; qui ritroviamo parvenza di civiltà, giusto un cane e una contadina, che ci indica la strada per proseguire verso Rocchetta.
La salita che ci aspetta è un ascensore senza respiro, un muro che non lascia tregua: la fatica è enorme, ma le splendide vedute tutto in intorno ci aiutano a raggiungere il crinale
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La strada procede adesso per qualche centinaio di metri in falsopiano e dopo una repentina curva a destra ci conduce a Rocchetta, “il paese verticale”, costruito sfruttando il naturale andamento degli strati rocciosi, fino a rendere proprio le rocce parte integrante delle abitazioni stesse.
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Volare sopra i tetti dell’antico centro ormai disabitato di Rocchetta regala sensazioni indescrivibili
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Ma è tempo di raggiungere un altro borgo caratteristico dell’Appennino Perduto: Agore.
La sua discesa per Poggio Rocchetta rimarrà a lungo scolpita nelle nostre menti, un trial dal divertimento incomparabile!
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E poi, nel bel mezzo tra Agore e Poggio Rocchetta, un luogo carico di misticismo: il Petrienno!
Una cavità naturale che riporta alla mente un passato non ancora troppo lontano, una delle tante insenature di arenaria di questi posti rimasta nascosta fino a pochi anni fà, con le abitazioni ormai dirute poste proprio sotto di essa, una fragorosa cascata a corredo di un quadro memorabile.
Brividi ed emozioni che lascio commentare alle foto…
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Da Poggio Rocchetta decidiamo di risalire a Pizzo dell’Arco, quel posto mi aveva colpito molto dalle foto viste in rete, non potevamo lasciarlo in disparte!
Fino alla chiesa di S.Pietro tutto ok, poi viene il bello…300 mt durissimi a spinta che spezzano le gambe anche al più allenato, ma che vorrei poter rifare anche domani mattina se poi sò che una volta in cima mi aspetta questo:
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Che dire, l’Appennino Perduto è davvero come dice Rpapero, anzi dal vivo rende ancora di più…coem tutte le cose importanti e preziose!
E d’importante e prezioso io ho i miei amici (aspetto a braccia aperte chi non è potuto venire), sempre disposti a seguirmi nei luoghi più sperduti e impensabili, ai quali dedico queste ultime immagini.
ANDREA66
SHELL
FEDE77
VIOLATOR
CRISPO
Amanti dell’Appennino Perduto, la via ormai è spianata, quando passate dalle parti di Ascoli…sapete dove andare!!!