Ibis Mojo HD-R da 27.5″: prime impressioni di riding

Tra le bici test di Mavic compariva anche un nome altisonante. IBIS HD-R 650b.

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Ruote da 27.5″ (ovviamente le nuove Crossmax!) e telaio rivisitato per quella che si prospetta essere una gran novità nel mondo enduro. Da sempre, lo sappiamo, Ibis ha legato il proprio nome a questa disciplina, così come all’uso del carbonio. Questa nuova bike dovrebbe soppiantare man mano la vecchia HD. Anne Caro Chausson, presente alla presentazione Mavic ma purtroppo ancora convalescente dal grave infortunio della prima tappa dell’EWS a Punta Ala, ha dichiarato che non vede l’ora di poter salire sulla sua nuova bici per metterla a punto per le prossime gare.

I giornalisti erano tanti e le bici poche, il tempo a disposizione ancor minore e come sappiamo non sempre si può avere ciò che si vuole… se non si è di MTB-Forum.it!!! Stressato dal Diretur ho iniziato a instaurare scenate apocalittiche convincendo tutti dell’importanza estrema di provare sia le 26 che le 27.5 (per altro è realmente una ricchezza poter apprezzare la differenza su prodotti così simili tra loro). Dopo un po’ di discussioni, minacce e urla, sono riuscito a mettermi sotto il sedere la nuovissima IBIS per provarla nel giro più lungo della giornata. 12Km, 1100mt di dislivello in discesa, 130 di dislivello in salita… full gas.

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In realtà, ovviamente, non ho fatto nessuna scena all’italiana. Il buon senso e le medesime intenzioni di provare tutto il provabile hanno spinto me e un giornalista Austriaco a scambiarci le biciclette per provare le differenze di percezione tra 26 e 650b.

Ringrazio inoltre il fotografo di Mavic che si è prestato per una session di foto ulteriore con tanto di foto statiche alla bici. In foto il mezzo è infangato, segno che non ci abbiamo girato nel piazzale, per le foto dei mezzi puliti vi rimando a questo link al sito.

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Ci tengo a precisare che non si tratta affatto di un test. 12Km, se pur su un terreno davvero misto (sentieri esposti, saliscendi, strade bianche in salita e discesa, zone tecniche sul ripido, salite tecniche in single track) non sono certo abbastanza per provare una bici.

Come dice il titolo ho solo dato un “assaggio” a questo dolcetto.

Analisi statica

La bici in mio possesso era una taglia M, giusta per me. La mia indole discesistica mi ha portato a montare un mio attacco manubrio personale (che vedete in foto) della lunghezza di 50mm invece del 70 di serie. Il montaggio era “alla moda”, forcella Fox 34 Float kashima, ammo Fox Float Kashima, gruppo completo XT, freni compresi e ovviamente ruote e gomme Crossmax 650b. Un montaggio del genere farà gola a molti, io invece ero realmente impaurito dalla tripla moltiplica all’anteriore (che comunque non si è mai incastrata, al mattino però avevo girato con una bici con SRAM XX1….che goduria), dalla forcella che era davvero ruvida (chissà cosa hanno visto ste povere bici, sulla bici del mattino avevo una 34 che andava da dio) e dal manubrio di casa Ibis, stretto e con angoli di up e back sweep davvero strani e poco accentuati.

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Vi dico solo che alla sera avevo male ai polsi. A mio avviso questo dolore era imputabile proprio alla strana piega manubrio, e non sono stato il solo a finire il giro dolorante.

La bici sin dalla prima occhiata appare più votata alla pedalata che non alla discesa. Lo confermeranno poi l’angolo di sterzo chiuso con i suoi 67.5 e la poca escursione delle sospensioni, rispettivamente 130 dietro e 140 davanti.

Che non siamo di fronte ad una DH ce ne accorgiamo anche in sella dove la posizione invita sì a spingere sui pedali, ma anche a non avanzare troppo col peso. Nonostante abbia montato un attacco manubrio corto non sono riuscito a trovare una posizione tale da caricare in modo aggressivo l’avantreno, colpa anche della forcella che, come detto, non lavorava bene, probabilmente sarebbe migliorata molto con un minimo di manutenzione.

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Ad ogni modo è stato facile trovare un set up confortevole per pedalare e guidare la bici in modo sicuro. Anche il set up delle sospensioni è stato rapido grazie ai meccanici mavic, che mi hanno consigliato di tenere un sag al posteriore intorno al 25-30%. All’anteriore ho dovuto indurire parecchio la forcella per far sì che non affondasse eccessivamente in frenata. Ad ogni modo come già detto questo componente non mi è piaciuto affatto, ma cercherò, in queste mie impressioni, di analizzare il resto della bici facendomi influenzare il meno possibile da questo componente.

Go riding!

Una volta in sella (e partendo subito in salita) ci si rende conto che le 27.5 hanno una scorrevolezza imbarazzante rispetto alle 26. Stesse gomme, stesse ruote, stessa pressione, stesso percorso. Con questa ibis da 27,5 sembra quasi di essere su una bici da xc. La sospensione si muove in pedalata, bobba per dirla in gergo, a meno di non bloccare l’ammortizzatore nella posizione climb. A quel punto il funzionamento è discreto con l’idraulica che apre l’ammo solo per le asperità. In una salita più ripida e tecnica abbiamo però preferito aprire l’idraulica completamente per avere un migliore assorbimento delle asperita ed una migliore trazione. Non è il sistema più “fermo” che abbia mai visto ma si lascia pedalare decisamente bene con gli ammortizzatori di nuova generazione e un’escursione così risicata.

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La posizione in sella come detto aiuta molto e ci si sente davvero a proprio agio. Quando la salita si fa più ripida il posteriore della bici tende un po’ a sedersi, rendendo la guida più difficile. Probabilmente è anche l’altezza del manubrio che andrebbe regolata al meglio, cosa che richiederebbe decisamente un test più lungo. Ad ogni modo con l’idraulica aperta (come detto ho sbloccato completamente l’ammo su questa salita ripida e pietrosa) la situazione migliora decisamente con la sospensione che risulta un po’ più sostenuta e attiva, rimanendo meno tempo insaccata dopo un urto e dando una risposta più elastica sulle asperità. Sicuramente, ripeto, sarebbe da provare meglio con un set up più studiato.

Il primo tratto di discesa prevedeva una strada bianca non molto dissestata dalla quale buttarsi a tutta velocità in una mulattiera con pietre smosse e fondo davvero brutto. Sulla strada bianca la bici è un missile, continua ad accelerare e si sente davvero poco ciò che passa sotto le ruote. In questo frangente, appoggiandosi ad alta velocità agli appoggi scavati dal tempo e che normalmente si creano sui bordi delle strade bianche, abbiamo potuto constatare come le ruote da 27.5 siano leggermente meno rigide delle 26 (come scritto sull’articolo relativo alla presentazione dei crossmax). Col 26 questa manovra risultava in una accelerazione più che percepibile. Qui la risposta è più ovattata con le ruote che scorrono bene mantenendo la linea ma senza dare una risposta così potente. Ad ogni modo come detto in questo ambiente la Ibis si lascia condurre davvero con gusto. Anche saltare eventuali canaline, manualizzare gobbe e tutti questi giochetti risultano molto facili anche ad alta velocità. La bici si lascia portare in modo molto naturale e senza stancare il rider. L’ingresso in mulattiera è stato invece traumatico. Tutta questa tranquillità offerta sui piccoli urti viene meno quando la velocità non cambia ma il fondo sì. I 130mm posteriore non sono paragonabili ai 160 di una mtb da enduro da 26. Nuovamente ripeto che queste impressioni si riferiscono ad una discesa di una decina di km e ad un settaggio delle sospensioni “standard”, da manuale, quindi non ad un test approfondito. La bici comunque si è dimostrata nervosa e poco stabile. L’angolo di sterzo chiuso (e la schifo-forcella) rendevano l’avantreno davvero instabile e ballerino, il posteriore non dava certamente un sostegno maggiore. Insomma in condizioni di alta velocità e pietraia mi aspettavo qualcosa in più in fatto di stabilità da una bici da 27,5, tanto più che se deve essere usata in gare di enduro le condizioni “rough” dei percorsi sono all’ordine del giorno.

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Finita questa pietraia abbiamo iniziato a scendere nel bosco con tratti in pieno freeride nel sottobosco, tratti sulla neve ed un trasferimento pedalato. Infine abbiamo imboccato finalmente un singletrack che, dopo un inizio con pendenza media, si buttava via via nel bosco in una serie di tornanti anche molto stretti e zone ripide (che hanno anche messo in difficoltà diversi giornalisti). Qui la bicicletta si è comportata bene, la guida risulta facile e poco stancante e con un mezzo leggero come questo risulta facile saltare completamente le zone più sconnesse come radici o pietre. Abbiamo già detto che la sospensione raggiunge velocemente i suoi limiti in velocità. La guida è passata dal “vai giù dritto e spiana tutto” (sempre più conveniente con le bici odierne) al “cerca la linea più pulita e tienila”. La cosa ha decisamente funzionato, la bici ha iniziato a scalciare meno e a rispondere in modo più pronto agli stimoli, dimostrandosi, come già anticipato, una bella gazzella agile e precisa. Sul liscio, o meglio sulla linea più pulita, anche l’anteriore è riuscito a donare una certa precisione all’insieme, concedendomi di osare qualcosa in più anche su contropendenze e terreno difficile.

Sul ripido la bici rimane composta ma senza eccellere. Sui grossi impatti quali cambi di pendenza o insaccate al fondo di alcuni ripidi la bicicletta lavora bene offrendo una buona risposta elastica. Evidentemente erano proprio gli urti ripetuti che non venivano ben digeriti da questa sospensione, perchè in tutto il resto, atterraggio dei salti compresi, la bici risulta davvero ferma. Il telaio e rigido lateralmente, lo si percepisce bene in curva, ma le ruote da 650b smorzano questa caratteristica lasciandolo comunque facile da domare.

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Dove la bici mi ha decisamente sorpreso è stato nelle curve strette, anche se ripide. Impaurito dalle ruote grandi mi aspettavo di trovare una bici impacciata e poco responsiva, per questo ho inziato una serie di tornanti con molta cautela e utilizzando la tecnica del nose press, convinto di non riuscire a far girare nello stretto una bici così grossa. Solo in un secondo momento, osando un po’, mi sono reso conto che la bici gira davvero in poco spazio nonostante le ruote. Anche qui l’angolo di sterzo fa la sua parte. Nel stretto dunque risulta davvero molto più agile che una qualunque bici da enduro con angolo di sterzo da 65. Anche i trail esposti o single track davvero stretti (e lisci) si sono rivelati pane per i suoi denti.

La parte finale del percorso prevedeva di nuovo una discesa su mulattiera rocciosa. Ormai galvanizzato dai single track e dalla confidenza presa in precedenza ho provato a lasciar correre di più la bici cercando comunque le linee più pulite. Di nuovo però non c’è stato verso di avere una bicicletta stabile e precisa sul veloce.

Conclusioni

Per quel poco che l’ho provata la bici mi è parsa ottima come trail bike, meno buona come bici da gara enduro. Chi ama giri montani non troppo tecnici o comunque senza zone troppo scassate troverà una bici adatta a lui, chi ama guidare su single track che scorrono fluidi sulle montagne e sulle colline potrà beneficiare di un telaio rigido e preciso. Al contrario chi pensa di trovare una bici stabile su ogni terreno dovrà pensarci a fondo e magari provarla prima. Magari aprire lo sterzo con una serie sterzo apposita aiuterebbe la stabilità, ma a quel punto si dovrebbe lavorare davvero molto sulla sospensione posteriore per renderla all’altezza delle velocità che si potrebbero raggiungere in pietraia.

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Per l’ultima volta ripeto che sono solo impressioni, ma non la consiglierei ad un endurista “race”, quanto più a qualche amico escursionista che ama fare lunghe pedalate in montagna.

Jack

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