Finalmente ecco la seconda parte dell’articolo sulle sospensioni monocross. Parzialmente ho già risposto alla domanda posta nel titolo: abbiamo dimostrato che gli schemi monocross non sono obsoleti, anzi alcuni schemi di questa categoria sono attualissimi ed ancora in corso di sviluppo da parte di grandi marchi. Sembra inoltre evidente che uno schema monocross sia necessariamente più semplice rispetto agli altri schemi di sospensione in circolazione. Ma questa semplicità, senz’altro gradita dal punto di vista di affidabilità e facilità di manutenzione dei monocross a fulcro singolo, pone dei grossi limiti nelle caratteristiche di funzionamento di una sospensione? Mi spiego meglio: il nostro progettista, nel caso volesse progettare una mtb full-suspended con schema monocross, si sentirebbe le mani legate nel disegnare la sospensione monocross volendo ottimizzare al massimo le prestazioni?
Per rispondere a questa domanda ci addentriamo nei dettagli più tecnici dell’argomento, ma senza abbandonare le ipotesi semplificatrici adottate già nella parte 1 dell’articolo. Trascurerò tutti le questioni meccanico/strutturali dei telai. Proverò a semplificare al massimo ciascun aspetto tecnico trattato, trascurando eventuali dettagli, ma cercando di andare al nocciolo, mostrando i risvolti pratici, ovvero quelli rilevati in sella quando ci si diverte in mtb.
Alcune delle considerazioni di questa seconda parte sono facilmente estendibili anche a schemi di sospensione diversi dai monocross.
Traiettoria
Iniziamo col discutere ancora della traiettoria ruota, ovvero della curva che percorre l’asse del mozzo posteriore, al comprimersi della sospensione. Abbiamo visto che per i monocross la traiettoria è un arco di cerchio. Le proprietà geometriche di questo arco sono governate da due variabili:
- posizione del fulcro principale
- lunghezza del braccio principale (il braccio che collega il fulcro principale con i forcellini su cui si innesta il mozzo posteriore); tale lunghezza è data dalla distanza tra il fulcro principale e l’asse del mozzo posteriore.
Il fatto che si tratti di un monocross a fulcro singolo, oppure di un monocross a più fulcri non è rilevante ai fini della traiettoria.
Discutiamo queste due variabili riferendoci ai due esempi che seguono: ho scelto 2 bici da downhill (caso A: Orange 224 e caso B: Devinci Wilson) in modo che la loro ampia escursione posteriore renda più comprensibili ed evidenti gli aspetti mostrati nei grafici.
Nel caso A la lunghezza del braccio principale è molto maggiore rispetto al caso B: questo comporta che la traiettoria di A sia meno curva rispetto a quella di B. Idealmente un braccio molto lungo (ad esempio di 1 m !) produrebbe una traiettoria con curvatura molto piccola, quasi rettilinea! Ma senza che mi dilunghi capite che sarebbe problematico costruire una mtb con un fodero che fa da braccio principale lungo 1 m! La traiettoria” rettilinea” garantisce uniformità di assorbimento degli urti a tutte le escursioni. Quando la vostra forcella assorbe uno o più urti, l’asse del mozzo anteriore traccia una traiettoria rettilinea inclinata di un angolo minore di 90° rispetto al suolo (l’angolo di sterzo): questa è la traiettoria ottimale per assorbire urti provenienti dal basso mentre la bicicletta è in movimento.
Un comportamento del genere è difficile da ottenere sulla sospensione posteriore, senza pregiudicarne altre caratteristiche. Per avere almeno una parte della traiettoria che si muova all’indietro, analogamente alla traiettoria del mozzo anteriore, si può agire sulla posizione del fulcro principale. Maggiore sarà la sua altezza rispetto al mozzo posteriore, maggiore sarà la parte di traiettoria che si muove all’indietro. Un fulcro molto in avanti comporterà un braccio più lungo e quindi una traiettoria più rettilinea, viceversa un fulcro arretrato.
Nella figura sotto potete vedere le traiettorie (disegnate in rosso nei due grafici precedenti) del caso A e del caso B a confronto: effettivamente il caso B ha una traiettoria più curva del caso A e quest’ultimo ha una parte maggiore di traiettoria che si muove all’indietro. Notate le differenti scale utilizzate per l’asse X (che copre soli 20 mm) e per l’asse Y (che copre ben 220 mm), volute per evidenziare la curvatura della traiettorie.
La traiettoria non influenza soltanto il modo in cui la vostra bicicletta reagisce nell’assorbimento degli urti, ma è determinante anche per altri aspetti della sospensione come variazione della lunghezza catena e oscillazioni indotte dalla pedalata. A livello geometrico la traiettoria è direttamente legata all’interasse della vostra bici: mentre la sospensione si comprime (e vale anche per la forcella ovviamente) , l’interasse, direttamente legata alla stabilità e alla maneggevolezza della vostra mtb, cambia. Quindi quando settate i sag sulla vostra bici, state variando anche l’interasse: il modo in cui l’interasse varia è dettato dall’angolo di sterzo e dalla traiettoria della sospensione posteriore. Questa variazione sulle full-suspended a lunga escursione non è per nulla trascurabile: nel regolare il sag occorre tenere conto anche di questo aspetto!
Variazione della lunghezza della catena e pedal feedback
Durante il movimento della sospensione, la distanza tra l’asse della ruota posteriore ed il movimento centrale varia. L’unica eccezione è il caso in cui il fulcro principale sia proprio sul movimento centrale: in questo caso (adottato su alcune fullsuspended, in particolare avrete in mente alcuni modelli da dirt-jump) la distanza è fissa e coincide con la lunghezza del carro. Nella discussione che segue escludo questo caso che è poco diffuso nei progetti di mtb esistenti.
La variazione di questa distanza comporta una variazione della lunghezza della catena (compensata dal cambio posteriore che agisce a tutti gli effetti da tendi-catena). La variazione durante la compressione della sospensione è in positivo, ovvero la lunghezza della catena aumenta, poichè il mozzo posteriore si allontana dal movimento centrale (guardate le figure del caso A e B e immaginate la sospensione che si comprima). Questa variazione crea un fenomeno di pedal feedback, ovvero si ha che la catena allungandosi esercita una forza sulla corona anteriore, complice il meccanismo della ruota libera. In pratica si ha una rotazione delle pedivelle all’indietro. Esistono altri fenomeni di pedal feedback indotti dal funzionamento della sospensione, ma li tralascio perchè minori e meriterebbero una trattazione più dettagliata.
Il pedal feedback è controllato in gran parte dalla posizione del fulcro principale: un fulcro molto lontano dalla linea catena produce grandi variazioni nella lunghezza catena e quindi un pedal feedback maggiore. Usualmente nei sistemi di sospensione monocross, i progettisti fissano il fulcro principale molto vicino alla linea catena quando questa è “fissa” (bici con corona anteriore singola). Nei casi di bici che richiedano una guarnitura doppia o tripla, si fa anche in modo che il fulcro non sia troppo distante dal movimento centrale, in modo da diminuire il tasso di allungamento della catena durante la compressione della sospensione, anche al costo di sacrificare un pochino la “bontà” della traiettoria.
I fenomeni di pedal feedback sono un male? La risposta è ovviamente si se state arrampicandovi in salita, in particolare se questa è molto dissestata. Ma in discesa? Certamente il fenomeno è meno intenso per via del fatto che si utilizza una corona anteriore più grande che probabilmente porta la linea catena vicina al fulcro principale del nostro monocross, ma è comunque presente. E’ un male? Io direi di no. A meno che il pedal feedback non sia davvero esagerato, esso è benefico per pompare la bici sulle gobbe o tra i massi e garantisce pressione tra il nostro piede dominante ed il pedale. Fate la seguente prova: affrontate una discesa divertente con la vostra fullsuspended, poi risalite in vetta, smontate la catena ed infilatela nello zaino: così facendo avete isolato la sospensione dai pedali. Scendete e ditemi che differenze avete percepito rispetto alla prima discesa…
Oscillazioni indotte dalla pedalata
Quando spingete sui pedali, esercitate una forza tramite la catena sul pignone, che tiene in rotazione la ruota posteriore e fa accelerare e muovere la bicicletta. Questa forza, che chiamo F, non ha come unico effetto quello di permettere il movimento della bicicletta, ma ha anche quello di influenzare il funzionamento della sospensione: la pedalata produce piccole compressioni o estensioni o più in genere oscillazioni nella sospensione posteriore. In un linguaggio più preciso si può dire che la pedalata esercita un momento meccanico sulla sospensione. E’ abbastanza semplice capire il fenomeno su di una sospensione monocross: procedo suddividendo le possibili situazioni in 3 casi.
Nel primo caso il fulcro principale è al di sopra della linea catena per cui si ha che la forza F produce una estensione della sospensione.
Nel secondo caso il fulcro principale è sotto la linea catena: la situazione è opposta alla precendente perchè la forza F causa compressione della sospensione.
Nel terzo ed ultimo caso il fulcro principale è esattamente sulla linea catena: siamo nel caso neutro, ovvero quello in cui il momento torcente della forza F è nullo.
Nella pratica durante la pedalata la forza F non è costante, ma oscilla periodicamente vista la natura ciclica della pedalata stessa: questa oscillazione nei casi A e B induce una oscillazione nella sospensione: il cosidetto bobbing.
Da queste considerazioni capite ancora una volta quanto sia importante posizionare in maniera corretta il fulcro principale di un sistema monocross al fine di minimizzare le oscillazioni della sospensione indotte dalla pedalata.
Una piccola digressione: anche la linea catena ha la sua importanza, soprattutto su mtb a lunga escursione con singola corona anteriore, come le bici da downhill. Su queste vale la pena accertarsi che il diametro della corona sia quello che garantisca il funzionamento ottimale della sospensione. Un paio di denti in più o un paio di denti in meno possono davvero migliorare la vostra bici ad un costo molto basso!
Rapporto di leva
Sinora non ho discriminato tra monocross a fulcro singolo e monocross a più fulcri, in quanto le carattestiche discusse sino a questo punto sono determinate in gran parte dalla traiettoria e quindi dalla posizione del fulcro principale e dalla lunghezza del braccio principale. Come spiegato nella parte 1, i progettisti adottano spesso schemi monocross a più fulcri per ottimizzare al meglio la curva del rapporto di leva.
Per ogni cm di compressione della sospensione di quanti cm si comprime l’ammortizzatore? Il rapporto tra queste 2 quantità (compressione della sospensione /compressione dell’ammortizzatore) è il rapporto di leva: in genere esso varia nel corso dell’escursione, per questo è più opportuno parlare di curva del rapporto di leva. L’andamento del rapporto di leva risulta determinante nel funzionamento della sospensione: ricordate quando descritto nella parte 1 dell’articolo. Nella figura sotto riporto due esempi: una sospensione progressiva ed una regressiva.
Una sospensione è:
- progressiva quando il rapporto di leva diminuisce al comprimersi della sospensione
- regressiva quando il rapporto di leva aumenta al comprimersi della sospensione
- lineare quando il rapporto di leva è costante al comprimersi della sospensione
L’accoppiata di una di queste caratteristiche con l’ammortizzatore definisce la progressività/regressività/linearità reale della sospensione. Ovviamente una sospensione può essere progressiva in una parte dell’escursione e regressiva in un’altra.
In una sospensione lineare, la forza necessaria a comprimere la sospensione di 10 cm sarà il doppio di quella necessaria a comprimere la sospensione di 5 cm e così via; nel caso progressivo la forze necessaria per i 10 cm sarà più del doppio di quella necessaria per i 5cm. Il caso regressivo è opposto.
Una sospensione progressiva resiste molto bene ai fondocorsa, e proprio per questo può essere difficile sfruttare per bene l’intera escursione nel caso in cui la progressività di schema+ammortizzatore sia eccessiva. Il problema non si pone nel caso di sospensione regressiva, ma in questo caso gli urti violenti posso produrre brutti fondocorsa.
Antisquat
Durante le accelerazioni longitudinali una bicicletta fullsuspended è soggetta ad un trasferimento di carico tra le sospensioni anteriore e posteriore. Quando iniziate a pedalare bruscamente imprimendo una forte accelerazione, avviene un trasferimento di peso dalla sospensione anteriore a quella posteriore: la prima tende ad estendersi, mentre la seconda a comprimersi: si ha un fenomeno di squat. A parità di trasferimento di peso, una sospensione può opporsi in maniera più o meno intensa allo squat: la misura di questa intensità si chiama antisquat. Un antisquat elevato elimina movimenti inutili della sospensione, mantiene stabile la bici e la sua geometria.
A differenza di moto o automobili, nelle biciclette full-suspended la forza motrice è trasmessa alla ruota in maniera ciclica tramite i pedali: capite quindi che l’antisquat in una mtb è importante anche per eliminare oscillazioni della sospensione indotte dalla pedalata (il bobbing di cui si è giù parlato due paragrafi sopra).
Come stimare l’antisquat della nostra sospensione monocross? Essenzialmente esso dipende da:
- centro di gravità del sistema biker + bici
- posizione del fulcro principale
- interasse
- punto di contatto della ruota posteriore con il suolo
Eseguiamo la stima grafica dell’antisquat osservando il disegno riportato sopra. Per prima cosa tracciate una linea verticale (linea mozzo anteriore) che passa per l’asse del mozzo posteriore; poi una linea orizzontale (linea del barcentro) che passa per il baricentro del sistema bici + biker; queste due linee si incontrano in punto vicino al quale è indicato 100% in figura. Infine tracciate una linea (linea di squat) che parte dal punto di contatto della ruota posteriore e passa per il fulcro principale della sospensione: essa incontra la linea verticale in un punto vicino al quale è indicato 110% in figura. Se la linea di squat incontra la linea del mozzo anteriore esattamente dove questa incontra la linea del baricentro, si ha un antisquat del 100%. Se l’intersezione della linea di squat con la linea del mozzo anteriore è più in alto, si ha un antisquat piu intenso e quindi maggiore del 100%; viceversa nel caso opposto.
Val la pena notare che l’antisquat varia al comprimersi della sospensione: nei sistemi monocross esso diminuisce man mano che la sospensione si comprime. Come detto in precedenza uno dei fattori rilevanti è la posizione del baricentro del sistemo bici+rider, quindi ricordate che la vostra posizione in sella ha una importanza non trascurabile nell’ottimizzare le performance della vostra mtb, non solo per ciò che riguarda l’antisquat!
C’è molto di più…
Questo breve articolo non ha nessuna pretesa di esaustività, ma tra gli aspetti tralasciati c’è un componente fondamentale: l’ammortizzatore. Lo stesso schema monocross con due ammortizzatori diversi per caratteristiche e regolazioni può presentare differenze davvero sorprendenti. Il tema della configurazione ottimale di un elemento ammortizzante, sia esso forcella o ammortizzatore, è molto vasto ed è già stato affrontato ampiamente nel tech corner. Gli ammortizzatori moderni permettono di ottimizzare una sospensione in una certa configurazione lasciando che sia l’ammortizzatore a “curare” i difetti di quella configurazione: ad esempio si può disegnare una sospensione molto performante in ambito gravity, nella quale aspetti negativi quali bobbing e eccessivo pedal feedback siano mitigati dall’ammortizzatore. Questo modo di procedere può dare ottimi risultati. Quindi la progettazione della sospensione deve sempre tenere conto degli elementi ammortizzanti.
Progettare un schema monocross ottimizzando pregi e difetti nel modo migliore non è certo banale e il risultato che se ne può ottenere non ha nulla da invidiare ad altri schemi. I monocross sono semplici? Non così tanto come sembra!!!