Come promesso tempo fa oggi ci facciamo di acido, LATTICO!

L’articolo sulle ripetute richiedeva un approfondimento in merito a questo sottoprodotto del metabolismo anaerobico lattacido. E’ corretto chiamarlo ‘sottoprodotto’ ma questo termine non da la giusta importanza a quel qualcosa che può aiutarci a fare la differenza in certi casi. Oggi capiremo come si produce in un contesto di un allenamento cardio (notare che si produce anche alzando pesi, rivedi articolo IPERTROFIA), perché è importante che si produca, come accumularlo al massimo delle concentrazioni, come smaltirlo al meglio.
Avevamo già specificato che al di sopra della cosiddetta SOGLIA ANAEROBICA, valutabile con differenti test (il più accreditato nel ciclismo è il Conconi), il lattato inizia a aumentare sostanzialmente, fino ad arrivare a quel punto in cui non viene più smaltito con la stessa velocità con cui viene prodotto.

Innanzitutto spieghiamo che, contrariamente a quanto spesso si pensi, l’acido lattico non è il responsabile del dolore muscolare avvertito il giorno seguente ad un allenamento molto intenso e i giorni successivi. L’acido lattico infatti viene smaltito nel giro di un’ora/un’ora e mezza (a seconda del grado di allenamento del soggetto) e la sua quantità si dimezza ogni 15 minuti (per gli individui non allenati) fino ad arrivare anche a 7 minuti o meno (per gli individui molto allenati).
L’indolenzimento ad insorgenza ritardata (meglio noto con l’acronimo anglosassone DOMS: Delayed Onset Muscle Soreness), invece, è causato da microlacerazioni muscolari che originano processi infiammatori, seguiti poi da un aumento della sensibilità nelle zone muscolari maggiormente sollecitate per via di un incremento delle attività ematiche e linfatiche. Gli effetti dei DOMS solitamente si avvertono tra le 12 e le 72 ore circa dallo sforzo fisico intenso, perdurando anche per 5-6 giorni consecutivi.

Di sicuro la situazione classica che viene portata come esempio (anche se non riguardante il ciclismo, rende bene l’idea) per descrivere un gesto atletico con altissime produzioni di lattato, sono i 400 metri piani nell’atletica. Non è un caso il fatto che venga chiamato ‘IL GIRO DELLA MORTE’.

Gli atleti di questa disciplina raggiungono valori a fine gara che fanno rabbrividire i misuratori di lattato portati dai preparatori sul campo (altro che 4, altro che 8, altro che 12 mmol!!!). Piccola parentesi: sto eseguendo personalmente dei test su miei atleti in prove massimali e/o in gara di misurazione di lattato nelle varie fasi, per le discipline ENDURO, DH, MARATHON e CROSS COUNTRY. Sarà interessantissimo valutare insieme, con degli articoli specifici che sto preparando per voi, l’andamento del lattato durante le diverse prove. Faremo la stessa cosa anche con l’andamento della frequenza cardiaca rapportata a un gps. Tante sorprese vi aspettano, tutto vi porterà a capire al meglio cosa succede al vostro corpo mentre è impegnato nel gesto atletico.

Torniamo al nostro acido lattico (è corretto chiamarlo acido lattico? È solo quello? Lo vedremo).
Come si produce massivamente?

In tutte quelle prove da 30 sec-5 minuti ad altissima intensità. In parte ne abbiamo già parlato nelle ripetute, ma alcuni di voi si chiederanno: e ma allora? Alla partenza di una gara xc io faccio una ripetuta! Però poi devo andare avanti ancora 1 ora o più! Ecco perché sono importanti i lavori di interval training ad alta intensità e breve durata anche per atleti endurance. Poi chiaramente bisogna riprodurre più avanti condizioni di gara. In queste discipline è un ottimo test e metodo di allenamento, iniziare, dopo un riscaldamento, una seduta con 4 o 5 ripetute da 2/3 min con rec attivo 3 min, farsi successivamente 50 min/1 ora in-appena sopra soglia anaerobica, e successivamente, in prossimità di fine seduta, fare altre 4 o 5 ripetute con la stessa modalità con cui sono state fatte all’inizio.

Una seduta del genere, oltre a migliorare la vostra resistenza lattacida, vi permette di capire come e se viene realmente smaltito bene il lattato, e anzi, viene richiesto un ulteriore sforzo a fine seduta, che darà conferma o meno dello stato di forma dell’atleta. Inutile dirvi che si tratta solo di uno dei tanti allenamenti possibili per portare al vostro corpo una buona resistenza lattacida, per la quale l’allenamento base rimane sempre quello delle ripetute con recupero completo-incompleto.
Fondamentale sottolineare anche che la produzione-smaltimento di lattato è strettamente legato al VO2max, valore che analizzeremo a breve e che metterà un altro tassello ancora nel nostro mosaico.

E’ una cosa così negativa?

L’importanza di produrre molto acido lattico

Se è bassa la concentrazione di acido lattico che si trova nel sangue dopo che un atleta ha compiuto uno sforzo nel quale si è impegnato al massimo, significa che, dal meccanismo che ne determina la produzione (quello detto “anaerobico lattacido”), è derivata poca energia. E questo non è certo un aspetto positivo, specie nelle discipline sportive nelle quali i risultati dipendono enormemente proprio dall’efficienza del meccanismo dell’acido lattico, come ad esempio i 400 metri dell’atletica leggera, tutte le prove di canottaggio, i 100 e i 200 metri del nuoto e tutti gli sport di potenza, comprese alcune specialità del ciclismo. Chi gareggia in queste prove e produce poco acido lattico è destinato a ottenere prestazioni molto scarse.

La possibilità di ricorrere massicciamente al meccanismo lattacido, insomma, è una caratteristica del tutto positiva. Essa dipende da molti fattori:

• dal fatto di possedere muscoli composti da una buona percentuale di certe specifiche fibre (in particolare quelle del sottotipo II);
• dall’aver compiuto una preparazione adatta (FONDAMENTALE, se non sei pronto ‘muori prima!’);
• dall’avere nei muscoli, al momento della partenza, una buona scorta di glicogeno, quella specie di zucchero, concentrato da cui i muscoli stessi derivano la gran parte dell’energia.

Prima di ‘accusare’ un nemico, conosciamolo quindi a fondo. Ad alcuni di voi incuriosirà sapere che in realtà, in un ambiente acquoso come quello all’interno della fibra muscolare, L’ACIDO LATTICO si presenta in forma dissociata: uno ione caricato negativamente La¬¯ e uno caricato positivamente H+, quindi è molto più corretto chiamarlo LATTATO. Gli ioni Idrogeno H+, più piccoli, si diffondono dalla fibra al torrente circolatorio molto più velocemente rispetto agli ioni Lattato La¬¯. L’aumento della concentrazione degli ioni idrogeno, sia a livello muscolare, sia a livello ematico, costituisce la causa dell’abbassamento del PH e del realizzarsi di un ambiente acido: la maggior parte degli effetti negativi del Lattato nell’insorgenza della fatica e nell’incapacità di proseguire l’azione muscolare, sono causati da alte concentrazioni di H+ derivanti dalla DISSOCIAZIONE dell’acido lattico.

Questo spiega come l’acido lattico sia in realtà solo indirettamente coinvolto nell’aumento dell’acidità ematica!
Il fenomeno della fatica durante la prestazione fisica è comunque un aspetto multifattoriale, non riconducibile sono a questo aspetto, ma anche ad altri, come ad esempio la produzione di ioni Ammonio da parte dei muscoli scheletrici, e necessita di ulteriori approfondimenti che non faremo oggi.

Una volta prodotto, che fine fa l’acido lattico? Può tornare utile?

Eccome!!! Una volta passato nel sangue, l’acido lattico viene via via eliminato.
Ma il cuore, per esempio, lo usa come combustibile, così come fanno alcuni muscoli poco impegnati; i reni e il fegato lo ritrasformano in glicogeno. In un atleta allenato, già dopo sette minuti la metà del lattato è scomparsa dal sangue. In ogni caso, come abbiamo detto sopra, anche se ne viene prodotto in quantità enorme, nel giro di poche decine di minuti dalla fine dello sforzo, tutto l’acido lattico viene metabolizzato.

Quello dell’acido lattico è senza dubbio un fenomeno che certamente, al giorno d’oggi, al di fuori dello sport, si verifica sempre meno. Esso, comunque, è del tutto fisiologico.
Semmai c’è da tenere presente che gli allenamenti (e a maggior ragione le gare) che determinano una forte produzione di acido lattico, provocano altresì uno stress notevole.

L’acido lattico, seppur tossico, non deve essere considerato assolutamente un prodotto di rifiuto. Esso, infatti, può essere utilizzato dal muscolo dopo esser stato risintetizzato a glucosio attraverso il “Ciclo di Cori”, viene metabolizzato dal cuore e viene anche assorbito da altre fibre muscolari (soprattutto quelle rosse).

Nel primo caso (Ciclo di Cori) l’acido lattico prodotto dai muscoli viene portato al fegato dove viene trasformato prima in acido piruvico e poi in glucosio. Quest’ultimo viene poi riportato al muscolo che lo potrà riutilizzare.
Nel secondo caso il cuore è in grado di utilizzare il lattato a scopo energetico in condizioni di anaerobiosi (cioè in assenza di ossigeno). L’acido lattico infatti, essendo un vaso dilatatore coronarico, è in grado di salvare il cuore dall’ipossia (mancanza di ossigeno). Nell’ultimo caso il lattato prodotto viene trasportato alle fibre vicine attraverso trasportatori chiamati MCT (o Monocarboxylate Transporter) dove verrà poi metabolizzato (trasformato da lattato a piruvato per opera delle LDH).


Un azzurro che tempo fa ci ha fatto fare dei bei salti sul divano, impegnato in una disciplina ad altissima produzione di acido lattico, che al contrario di quanto si possa pensare, ha molti punti in comune, come gesto atletico, con il ciclismo.

Prendiamo ora in considerazione altri effetti positivi dell’acido lattico.

Durante il lavoro muscolare strenuo, quando il metabolismo aerobico non è più in grado di soddisfare le aumentate richieste energetiche, viene attivato il meccanismo anaerobico lattacido per produrre energia sotto forma di ATP. In realtà la quantità di ATP prodotta non è molta, però la velocità di produzione della stessa è elevatissima (quasi 100 volte più veloce del meccanismo aerobico), quindi posso aumentare la quantità di energia aumentando semplicemente la velocità del processo.

Come secondo punto è necessario sottolineare che l’acido lattico stimola testicoli e ghiandole surrenali a produrre testosterone. È questo il motivo per cui l’attività fisica anaerobica è foriera di aumento della massa muscolare. Non bisogna tuttavia dimenticare (questo si dica ad esempio per i velocisti che sostengono che una preparazione aerobica per la loro specialitá non serva a nulla o per i bodybuilder che allenano solamente l’anaerobico a scapito del metabolismo aerobico!) che il meccanismo ossidativo (aerobico) aiuta nella degradazione dell’acido lattico in quanto i prodotti di scarto del processo sono anidride carbonica e acqua che arrivano diretti dall’ossidazione dell’ossigeno! Quindi: PER UN BUON FUNZIONAMENTO DEL MECCANISMO ANAEROBICO E’ NECESSARIA UNA BASE AEROBICA!

Acido lattico e stress

Rullo di tamburi: L’ACIDO LATTICO VIENE PRODOTTO ANCHE A RIPOSO IN CONDIZIONI DI ANSIA E STRESS. Questo elemento è certamente fondamentale per i molti atleti che non riescono spesso a capacitarsi del fatto che il rendimento in gara non è mai pari a quello ottenuto in allenamento.

Tutto ciò in effetti ha una spiegazione fisiologica. In condizioni di ansia e stress viene attivato il sistema ortosimpatico che produce ADRENALINA. Quest’ormone stimola la produzione di lattato poiché inibisce un altro enzima (piruvato deidrogenasi) che andrebbe ad avviare il meccanismo aerobico attivando il ciclo di Krebs.
Inoltre l’adrenalina attiva anche la glicogenolisi (processo di degradazione di glicogeno) e consuma, prima del dovuto, anche il glicogeno muscolare ed epatico che dovrebbe essere risparmiato per la gara!

Quindi, l’aspetto stress, potrà confermarlo Davide Mamo, non è la causa principale della produzione di lattato, né sarà quello che vi farà fare la differenza tra correre 400 metri in 2 min piuttosto che in 47 sec (se sei il campione del mondo), ma non è del tutto trascurabile, specialmente in atleti d’elite.

In conclusione

LO STRESS PRE-GARA AUMENTANDO LA PRODUZIONE DI ADRENALINA FA PRODURRE ANTICIPATAMENTE ACIDO LATTICO ED ESAURISCE PRIMA LE SCORTE DI GLICOGENO!

Impariamo quindi a conoscere come si comporta il nostro corpo quando andiamo oltre la soglia anaerobica e tutti i meccanismi che ci stanno dietro l’abbattimento di quel muro che fa la differenza tra andare avanti nella prestazione e fermarsi con le gambe imballate.

Sicuramente ci sono moltissimi fattori soggettivi da valutare attentamente (ad esempio un atleta di endurance avendo una soglia anaerobica molto alta, riuscirà a riutilizzare il lattato fino ad altissimi valori paragonati a un VO2 max, mentre uno sprinter avrà invece più capacità di esprimere potenza per brevi tragitti pur avendo una soglia anaerobica plausibilmente più bassa, e di ciò bisogna tenerne conto nella durata-intensità delle ripetute), ma i meccanismi di produzione e smaltimento del lattato sono uguali per tutto il genere umano (per tutte le razz….no…ehm…..etni……ehm……vabbè avete capito ).

I recuperi possono migliorare o peggiorare il cosiddetto ‘riassorbimento del lattato’?

Certo, dimostrato che un recupero attivo a più basse fc, permette un recupero, quindi uno smaltimento molto più veloce. Chiaramente a maggior ragione in un atleta che accumula massicce quantità di questa sostanza ad alti valori di VO2max, mentre per un soggetto sedentario, che accumula lattato massivamente già al 50% della fc max, il recupero non può essere altro che passivo.

E’ utile il cardiofrequenzimetro in questi lavori?

Il nostro caro amico cardiofrequenzimetro è sempre utile, se non altro per rivedere in seguito l’andamento dell’allenamento. E’ corretto però far notare che oltre la soglia anaerobica, in lavori quali ripetute, specialmente in quelle brevi, la risposta del cuore è RITARDATA, quindi per andare ancor meglio a valutare i miglioramenti, sono più precisi, e anche tanto più costosi, metodi quali POWERMETER. Il tutto chiaramente associato ad una valutazione ematica del lattato (se si è in laboratorio e si sta facendo un test a distanza di tot per valutare miglioramenti).

Cos’è la capacità tampone?

Molti di voi avranno letto questo termine in giro, e quindi ci tengo a darvi ancora questa spiegazione. Anche se in realtà ne abbiamo già in parte parlato, nei liquidi corporei sono presenti sistemi di sostanze chimiche detti tamponi. Queste sostanze reagiscono con gli acidi per mantenere un appropriato equilibrio acido-base. Il sistema tampone più comune esistente nel corpo è costituito da acido carbonico e bicarbonati ed influenzato dal contenuto di alcune proteine e dei fosfati nelle fibre muscolari.

E’ vero che la capacità di smaltire il lattato (e il conseguente aumento-maggior efficacia dei tamponi), in alcuni casi, sembra aumentare all’aumentare del persistere del lattato nel muscolo. Ciò porta alcuni preparatori in alcuni sport a far accovacciare, o mettere in posizioni tutt’altro che rilassanti o defaticanti, o addirittura a saltare il defaticamento, ad atleti di alto livello. Ma tutto ciò nel ciclismo non è troppo consigliabile, a parte rari casi, se vogliamo migliorare la nostra resistenza lattacida, siamo fortunati, abbiamo mille modi per farlo!!!

Ringrazio Adriano Mazzacrelli, fisioterapista e partecipante al primo power week end di Torino, che assieme alla curiosità di altri bikers, mi hanno spinto a scrivere un articolo che facesse chiarezza su un NEMICO-AMICO DA OGGI che ci accompagna in tutte le nostre uscite. A proposito………Sta arrivando il secondo POWER WEEK END di Torino, e…..che ne dite?! Un POWER WEEK END in CENTRO A MILANO, appoggiandoci alla palestra Healthcity Milano Duomo e ad altre strutture presenti sul territorio. E tante altre novità ancora…state sintonizzati per le idee malate che a Jack e a me vengono in continuazione!!!

Buon acido a tutti!

Per info e programmi personalizzati:

Federico Frulloni
personal fitness trainer & home trainer
federicofrulloni@libero.it
3482206686

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