Al ritorno dal nostro solito giro del sabato, Roberto mi dice: “per la prossima settimana non occorre che pensi a niente, organizzo tutto io, ho già studiato un giro in alta quota che potrebbe essere uno dei più belli di tutto l’anno”. Io ormai mi fido di lui, anche perché ormai sono un paio di anni che ha abbandonato i soliti giri ripetitivi per dedicarsi a scoprire itinerari sulle cime più alte dei dintorni. E, pur essendo curioso, non mi azzardo neanche a chiedergli dove andremo di preciso, perché so che non me lo direbbe. Questo, a dire il vero, per un motivo ben preciso. L’anno scorso eravamo a Merano 2000 e Roberto mi dice:” vedi quella cima? E’ il picco Ivigna, ci sono stato a piedi con mia moglie, il panorama dalla cima è fantastico e il sentiero che scende mi sembra abbastanza ciclabile, un giorno dovremo farlo insieme”. Io gli rispondo:” beh quasi quasi la prossima settimana vado a provarlo”. Ma lui non mi prende troppo sul serio, ormai siamo a fine novembre e arrivare a 2700 metri potrebbe essere problematico. Tutto questo succede il sabato. Martedi Roberto è in ufficio e riceve un mms, lo apre e si ritrova la mia bici con sullo sfondo il picco Ivigna in tempo reale! Non oso pensare alla sua faccia in quel momento, fatto sta che da quel giorno, quando scopre un nuovo possibile itinerario ciclabile, non mi da nessun particolare perche ha paura che io vada senza di lui! Del resto Roberto ha un vantaggio su di me, tutte le domeniche va a fare un escursione in alta montagna con sua moglie, avendo cosi la possibilità di scoprire nuovi sentieri e di fugare alcuni dubbi che sorgono studiando le carte a tavolino. Solo verificando direttamente sul posto, infatti, si può capire se un sentiero sia ciclabile o meno. Inutile anche chiedere a qualche escursionista, specialmente se non biker, perche risponderebbe in maniera troppo soggettiva. Invece il biker, mentre cammina sul sentiero, non si comporta come un escursionista, guardando il panorama e le cime che lo circondano. Il biker ha continuamente lo sguardo fisso a terra, guardando il tipo di fondo del sentiero, i gradini per decidere se siano copiabili, droppabili oppure se bisogna scendere dalla bici per passarli, oppure se il sentiero possa essere ciclabile in salita o se, e per quanto tempo, bisognerà caricarsi la bici in spalla per arrivare in cima. Insomma, per il biker non c’è pace neanche quando potrebbe rilassarsi con una bella passeggiata, il richiamo del sentiero perfetto è troppo forte! Cosi succede anche a Roberto quando cammina la domenica, innocentemente chiede alla moglie di andare a fare un escursione nel tal posto, ma già sa che dovrà esplorare un sentiero da percorrere in bici la settimana dopo. E cosi, mentre la moglie cammina guardando in alto, lui cammina studiandosi sempre il sentiero per bene!
Eccoci allora pronti per questo giro che dovrebbe essere uno dei top di tutta l’estate. Parcheggiamo l’auto a Gomagoi, il primo paese dopo Prato allo Stelvio, sulla strada verso il passo, a 1250 m. Partiamo prendendo subito la strada che con una discreta pendenza raggiunge il paese di Solda. E’ molto presto, la strada è tutta all’ombra e fa piuttosto fresco. Prima del paese, a quota 1850 abbandoniamo finalmente l’asfalto e cominciamo ad arrampicarci sulle ripidissime rampe della forestale che sale fino all’arrivo della seggiovia dell’Orso (chi volesse risparmiare 400 metri di dislivello può salire in seggiovia), esce il sole e comincia subito lo spettacolo.
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La strada è veramente dura, ma siamo cosi carichi da quello che vediamo sopra di noi che riusciamo a pedalarla tutta.
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Inizia adesso il bel sentiero 4 che porta fino al rifugio Tabaretta
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La parte bassa, nonostante qualche tratto sconnesso, è ciclabile e pedaliamo con il cielo perfettamente terso.
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Continuiamo a salire con la cima dell’Ortles, la più alta montagna dell’Alto Adige con i suoi 3905 metri, proprio sopra di noi.
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Adesso siamo in vista del rifugio Tabaretta, ancora un po’ di sentiero ciclabile, poi ci sarà da spingere sugli ultimi ripidi tornanti.
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Arriviamo al rifugio a 2556 metri, ma è ancora presto, colazione l’abbiamo fatta prima di partire e allora proseguiamo verso la nostra prossima tappa, la forcelladell’Orso.
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Lo spettacolo comincia a farsi immenso, con il Gran Zebrù, il monte Cevedale e tutte le cime innevate che fanno da confine con la Lombardia e il Trentino.
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Si sale su un bel sentiero sul fianco della montagna, ancora ci sono dei lunghi tratti ciclabili e sull’ultimo sperone di roccia sotto la candida cima dell’Ortles, cominciamo ad intravvedere il rifugio Payer.
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Adesso il sentiero sembra scomparire sopra di noi nelle grigie rocce, dobbiamo prenderci le bici in spalla e continuare sugli stretti tornanti.
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Ormai siamo in vista della forcella dell’Orso e il sentiero per alcuni tratti torna pedalabile. Robi l’ha già percorso a piedi, ma io sono stupefatto perche mai mi sarei immaginato di riuscire a pedalare cosi tanto in mezzo a queste rocce e fino a questa quota.
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Eccoci alla forcella, siamo a 2871 metri, il grosso della salita ormai è fatto e riprendiamo un po’ le forze con la classica banana che non manca mai nel nostro zaino.
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Ci aspettano ancora 150 metri di dislivello fino al rifugio Payer e adesso bisogna fare molta attenzione perché si passa su un tratto molto esposto.
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Per fortuna c’è un cavo metallico che ci da un po’ di sicurezza, ma la concentrazione è d’obbligo!
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Passato il punto esposto, il sentiero scorre quasi come fosse un labirinto ora a destra ora a sinistra della cresta rocciosa, con la valle di Solda da una parte e la valle di Trafoi dall’altra.
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Ancora un tratto in cui riusciamo a pedalare, il panorama è fantastico, siamo proprio sotto il rifugio Payer e la cima dell’Ortles.
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In breve arriviamo al passo della Tabaretta, 2900 metri, qui il sentiero diventa ripidissimo e non ci resta altro che fare gli ultimi cento metri con le bici in spalla.
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Eccoci al rifugio Payer, 3029 metri, sono le dieci e uno strudel è d’obbligo, come anche il classico autoscatto sotto l’Ortles, reso ancora più candido dalla nevicata che ha fatto proprio stanotte.
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Ci rilassiamo un po’e ci godiamo il panorama infinito verso il passo dello Stelvio e dietro il confine il Piz Umbrail e tante altre cime svizzere. Sulla sinistra le tre cime che abbiamo fatto in occasione del nostro giro “Tre tremila in una mattina” http://www.mtb-forum.it/community/forum/showthread.php?t=275471, il Pirovano, lo Scorluzzo e la cima Rossa.
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Adesso però dobbiamo riavviarci, siamo partiti apposta molto presto questa mattina proprio per non avere troppi escursionisti sul sentiero e i primi stanno arrivando in questo momento. Perciò via, ci aspetta una lunghissima discesa fino a Gomagoi.
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Fra l’altro anche Robi non è mai sceso da questo versante, perciò non sappiamo come sarà il sentiero, speriamo che la ciclabilità sia buona.
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Ritorniamo fino al passo della Tabaretta e ci buttiamo sul sentiero verso il rifugio Borletti, proprio mentre cominciano ad arrivare molti escursionisti che salgono da Solda al Payer, l’orario scelto si è rivelato perfetto, perché ormai noi scendiamo su questo versante con il sentiero perfettamente libero.
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La parte alta è tutta su ghiaione, e anche se ripida è però ben tracciata e si riesce a scendere in sella.
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Lo spettacolo è fantastico, di fronte a noi tutta la cresta di confine con la Svizzera, dal Piz Chavalatsch al Piz Sesvenna e a destra il lago di Resia al confine con l’Austria.
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Continuiamo a scendere sul ghiaione, tratti flow si alternano a tratti su sassi smossi, il tutto sotto l’imponente massiccio del Madaccio e con di fronte gli infiniti tornanti che salgono al passo dello Stelvio.
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Dietro a noi invece incombono le bianche vedrette dell’Ortles.
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Un po’ alla volta ci abbassiamo di quota e sulla estrema destra comincia ad apparire il rifugio Borletti.
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Adesso un tratto più ripido con tanti tornanti che sembrano non avere fine e il verde dei prati che fa da contrasto al grigio delle rocce.
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Qualche pezzo a piedi nei punti più tecnici e franosi, poi passiamo cautamente un rio con le acque glaciali delle vedrette in scioglimento e ci aspetta un lungo traverso per arrivare al rifugio.
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Siamo sempre più vicini al rifugio, abbiamo già fatto 900 metri di dislivello molto impegnativi, quasi completamente su ghiaione, ma anche divertenti e sempre immersi in un panorama spettacolare.
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Appena passato il rifugio Borletti, il sentiero cambia completamente, si entra nel bosco con continui tornanti.
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Ci si può divertire (se rimangono ancora forze) a saltare le tante radici che invadono il sentiero e anche le parti tecniche non mancano.
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Ecco li in fondo le cascate che danno il nome al sito che si trova alla fine del sentiero, le Tre Fontane, qui si trova anche un santuario con lo stesso nome.
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Arriviamo in fondo alla discesa, ci godiamo un po’ di riposo sui verdi prati e ci rinfreschiamo.
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Ma non è ancora finita, prendiamo prima il bel sentiero 8 che costeggia il rio di Trafoi
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E poi il sentiero 3 in falsopiano che nel bosco ci porta fino al paese di Trafoi.
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Da qui ultimi paio di km su asfalto e in discesa ritorniamo a Gomagoi, se a qualcuno dovesse servire il piccolo parcheggio del paesino si trova proprio davanti al negozio di bici, fornito di abbigliamento e parti di ricambio.
Bravo Roberto, ti sei inventato un giro veramente appagante, salita divertente e molto più pedalabile di quello che mi aspettavo (anche se con lunghi tratti di portage), panorami incantevoli sull’Ortles e tutte le montagne dei dintorni e discesa da favola che gli esperti potranno fare quasi completamente in sella. Avevi ragione: uno dei giri in assoluto più belli dell’anno!
Ultimo appunto: il giro è consigliato a biker esperti e in perfetta forma fisica, inoltre non bisogna soffrire di vertigini per passare il tratto attrezzato con corda fissa dopo la forcella dell’Orso.
Qui l’itinerario http://itinerari.mtb-forum.it/tours/view/11491
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