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Focus ci ha mandato l’ammiraglia delle loro bici cross country per un test di durata: la Focus Raven Max team 29. È il mezzo che Flo Vogel usa in coppa del mondo, quando non è impegnato a pedalare l’ancor segreta full dall’ammortizzatore coperto. È da mesi che ci pedalo, in vista di alcune gare a cui volevo partecipare. La prima, in ordine di tempo, è stata la Garda MTB Marathon che si è tenuta ieri.
Prima di arrivare al report della competizione, vale la pena spendere qualche riga sulla Raven Max. È arrivata con le specifiche che trovate sul sito, in taglia L. Senza pedali il peso è di 8.860 grammi, rilevati da noi. Un valore veramente notevole per una bici di serie, dovuto anche al telaio superleggero in carbonio che pesa sotto il Kg. Chiaramente le gomme Continental Race King vanno bene per percorsi in circuito e senza troppi sassi, quindi sono state subito cambiate con delle ben più robuste e più pesanti Onza Lynx, in configurazione RC2. Non solo il profilo è più aggressivo, ma soprattutto la spalla è rinforzata e quindi adatta sia ai percorsi di casa che a quelli gardesani.
Altra modifica istantanea sono stati i cerchi. Non perché i DT Swiss XR 1501 Spline One vadano male, ma perché gli ormai comprovati SRAM Rise 60 carbon sono i miei preferiti per rigidità e robustezza.
Avevo chiesto una taglia L, per me che sono alto 179cm. Considerando il valore di reach di 450mm, la lunghezza andrebbe anche bene, non fosse per il solito attacco da stradisti che si trova sulle bici da XC. Così, al posto di quello da 8cm di serie, vi ho montato un Ritchey Trail WCS da 4mm, ed ecco tornato alla lunghezza che tanto mi piace sulla Focus Sam Carbon.
Veniamo poi al discorso reggisella. Guardando il livello tecnico medio di chi corre una Granfondo, è per me inconcepibile che praticamente tutti girino con la sella alta. Scene imbarazzanti, con conseguenti code, al primo tornantino su sentiero, per non parlare delle cadute fantozziane quando la discesa diventa ripida. E per cosa? Per 200 grammi in più. Esatto, 200 sono i grammi di peso aggiunti dal KS Lev 272 con 100mm di escursione che vedete in foto, al posto del reggisella in carbonio Concept CPX Plus da 400mm (senza però contare il comando remoto e rispettivo cavo).
Il passaggio esterno del cavo è dovuto al fatto che i tubi della Raven sono “chiusi” al loro interno. Chiedendo agli ingegneri il perché di tale scelta, mi è stato risposto che, al momento della progettazione, non esisteva ancora il KS Lev Stealth.
Il comando remoto può essere montato al posto del collarino delle manopole ODI. Quelle montate sulla Raven non saranno ODI, ma con un paio di colpi di lima le adatto ed ecco fatto.
Infine l’ultima modifica riguarda i freni: due giorni prima della gara SRAM mi ha fatto arrivare i nuovissimi Level Ultimate, che ho montato al posto degli SRAM XX, cambiando anche il disco anteriore da 160 a 180mm, un diametro che meglio si addice alle discese lunghe di una Granfondo.
Essendo il passaggio del cavo del freno posteriore interno al telaio, ho dovuto fare uno spurgo, operazione piuttosto semplice grazie alla nuova pinza S4, di cui abbiamo parlato la scorsa settimana a riguardo dei Guide Ultimate. L’unica cosa che cambia sono i pistoncini: 2 sui Level, 4 sui Guide.
Avendo usato gli XX per diverso tempo, ero proprio contento dell’arrivo dei Level. Maggior potenza, miglior dosabilità e una leva ergonomica sono alcune delle caratteristiche che me li hanno fatti preferire subito. Seguirà test specifico.
Della trasmissione SRAM XX1 non tocco niente: lascio su la corona direct mount da 32 denti.
Insomma, la Raven Max è stata pimpata per bene per adattarla alle mie esigenze, ma non fatevi trarre in inganno: gomme a parte, il resto è tutto “race ready”. A seconda del vostro peso vorrete forse montare un disco da 180mm al posto di quello di 160mm. Memore della strage di borracce durante la Granfondo di Riva lo scorso anno, ho poi montato due portaborraccia belli gripposi: degli Elite Custom Race.
La bici, senza pedali, pesa 9.8 kg. Solo di gomme è ingrassata di circa 4 etti.
Garda MTB Marathon
Domenica 17 aprile 2016, il giorno fatidico. Arrivo sul Garda sabato a mezzogiorno, giusto in tempo per farmi una pedalatina sul primo tratto del tracciato di gara, scendere a Torri del Benaco e tornare indietro. “Questa volta ho pensato a tutto, non dovrei aver dimenticato niente”, mi dico fra me e me mentre sono in autostrada. Eppure ascoltando una canzone del nuovo album dei Wolfsmother c’è un ritornello che non mi lascia tranquillo. Ripete “You forgot” e sembra riferirsi a me (il pezzo è “City Lights”). Quando mi preparo per il giro in bici mi accorgo finalmente cosa mi sono dimenticato: il Garmin! E il Dynaplug! Quest’ultimo trova posto nelle mie tasche ad ogni giro che faccio, e mi ha salvato più di un’uscita. In gara è fondamentale per non perdere tempo ad inserire una camera d’aria, se si buca.
Fortunatamente Garmin ha uno stand presso la partenza della gara, e mi viene prestato un Edge 25. Minimalista, ma segna tutti i dati più importanti, in particolare il battito cardiaco, il chilometraggio e il dislivello, fondamentali in una gara di cui non si conosce il tracciato. I comandi sono del tutto simili al mio Edge 520, quindi non ho molte difficoltà ad abituarmici.
Parto per il mio giretto pre-gara e, dopo la prima salita su asfalto, noto che ci si butta su un bel singletrack in cui prevedo ingorghi a causa di alcune curve strette. Stabilita dunque la strategia per la partenza: a tutta fino all’imbocco del sentiero. 2 km piuttosto ripidi nella partenza di massa. Speriamo vada tutto bene. Saluto un paio di persone che conosco, ritiro il pettorale (grazie a FabioFax per la prima griglia “davanti”, sono il numero 196), e me ne torno al campeggio, fermandomi ad ristorante con una bella terrazza sul lago. È ora di fare il pieno di carboidrati: alla salute di tutti quelli che stasera mangeranno pollo e riso, mi sparo una bella pizza al crudo e due freschissime Forst medie per conciliare il sonno. Mi viene fame anche adesso a guardare questa foto.
Il bello di partire dalla griglia “top” è che posso mettermi in partenza 5 minuti prima del via, dopo un debito riscaldamento. 8:55, sono pronto. Qualche furbetto si mette nella griglia davanti pur avendo numeri sopra il 1.000, purtroppo mancano delle persone che controllino gli ingressi. Amen, tanto so che adesso partono tutti a manetta, e non voglio farmi prendere troppo dalla foga. Più facile a dirsi che a farsi, anche perché voglio arrivare in cima alla prima salita in una buona posizione per evitare code, quindi ecco che i primi 2 km li faccio fuorisoglia. Sembra una gara sprint, non una granfondo da 2.200 metri di dislivello. I mancati stradisti che sull’asfalto andavano a tutta si incartano alla prima curva, e qualche fermone fa da tappo davanti a me sul sentiero, ma comunque si procede abbastanza bene, considerato il numero di biker (2.000 in totale i partenti).
Quello che segue è una specie di tortura cinese fatta di rampe su tipico ciottolato scassato del Garda, seguite da una breve discesa che ti faceva perdere il dislivello appena guadagnato. Mortali per la testa! Continuavo a pensare “Quando inizia la salita per il Baldo?”, mentre percorrevo queste montagne russe a tutta. Non riuscivo a prendere un ritmo, il battito era permanentemente sopra i 170. Anche presso San Zeno, quando i saliscendi erano finiti, rampe più o meno ripide non mi lasciavano prendere il ritmo. Solo gli ultimi 300 metri di dislivello prima di scollinare sono stati costanti, e ho potuto superare un po’ di gente. Per la cronaca: sono più abituato a lunghe salite che agli strappetti micidiali. Per fortuna che nei tratti tecnici la gente intorno a me era piuttosto sgamata e, a parte qualche tratto umido per la pioggia che cominciava a cadere, siamo riusciti a fare tutto in sella. Mettere un piede giù, con i Crank Brothers Eggbeater, non è un gran problema grazie all’estrema facilità di riaggancio.
In alto, a 1300 metri di altitudine circa, tira un bel vento freddo e cade qualche goccia di pioggia. La cosa non mi dispiace dato che, dopo i due magri ristori in cui mi ero preso un bicchierino di acqua al volo, la borraccia era quasi vuota e un po’ di refrigerio non fa certo male.
Inizia la discesa, e che discesa! Singletrack gardesani tirati a lucido, con tutto quello che piace ad un biker: tratti sassosi, sponde, tratti veloci. E per di più, per la prima volta nella gara, sono completamente da solo, quindi riesco anche a godermeli, per quanto ce li si possa godere su una front a ritmo di gara. Passo diversi concorrenti che hanno forato, e sono molto contento per la mia scelta delle gomme: saranno anche più pesanti, ma almeno non sono di carta velina. Ancora più contento sono della mia scelta di montare il reggisella telescopico, che mi dà quella libertà di movimento e tranquillità essenziale per affrontare a tutta i passaggi più ostici.
In compenso il contenitore porta attrezzi, montato sul portaborraccia del tubo piantone, si apre di botto e cade. Panico! Mi fermo, lo prendo su, ma non trovo il coperchio, lo rimetto al suo posto sperando che il contenuto (camera d’aria, due bombolette, pompetta e multitool) non salti fuori. I colpi sono però così forti che noto che qualcosa cade. Mi fermo di nuovo, metto tutto in una tasca della maglia ma mi accorgo che la camera d’aria è andata perduta. Ripanico! Se buco sono alla frutta, per di più senza il mio fido Dynaplug. Insomma, o la va o la spacca. Mi fiondo nella discesa, solo come prima, e arrivo all’asfaltata che porta a Lumini.
Il prossimo problema: sono a secco d’acqua. Spero che a Lumini ci sia un ristoro. Transito presso il ristorante dove una vita fa ci eravamo fermati a mangiare durante un raduno del forum, ma di acqua non c’è segno. Raggiungo un gruppetto di 3 biker, anche loro a secco. Sulle sterrate tiriamo un bel ritmo. Staremo in gruppo fin quasi al traguardo. Su e giù per le colline fra Costermano e Garda. Chiedo quanto manchi all’arrivo, mi dicono “20km”. Le gambe girano bene, i due gel che ho preso fino ad ora mi hanno dato l’energia giusta, ma senza acqua non si va avanti. C’è gente ovunque con le borracce per la propria squadra, ma manco uno che abbia qualcosa da darci. Dopo un’eternità vediamo un ristoro, ovvero un bancale in cui dei Boy Scouts danno al volo i soliti bicchierini da grappa riempiti a metà. Stavolta mi fermo e chiedo di riempire la borraccia: cominciano a versarci dentro il contenuto dei bicchierini….. Prima di impazzire, arrivati a metà della borraccia, ringrazio e mi rimetto in sella, raggiungendo di nuovo il gruppo di prima che non si era fermato.
Manca poco ormai, altra discesa su sentiero spaziale, e finalmente arriviamo sulle sponde del lago, dove si tira lo sprint fino al traguardo. Mi fermo, e mi arrivano dei crampi mostruosi che mi impediscono praticamente di muovermi per arrivare alla tanto agognata acqua del ristoro. Solo dopo qualche minuto accenno qualche passo e piano piano torno “normale”.
Finisco 33° nella categoria M3, 258° assoluto con un tempo di 3 ore e 24 minuti. Gara tiratissima, come si può anche vedere dalle zone qui sopra. Il percorso è veramente degno di una competizione di mountain bike. Se avesse piovuto di più la prima discesa sarebbe stata veramente ostica, con il calcare gardesano bagnato stare in piedi è un’acrobazia in sé. Tirando le somme sono soddisfatto, anche considerando che davanti a me ci sono circa 100 corridori elite.
La Focus Raven Max si é rivelata non solo un bel missile in salita, ma anche molto permissiva in discesa, meno nervosa della Cube Elite C68 con cui giravo l’anno scorso. Focus ha trovato il giusto “mezzo” fra una bici da gare XC e Granfondo. In particolare l’angolo sterzo di 69° dà quel tocco di tranquillità sul veloce, senza inficiare l’agilità della bici nello stretto. Il telaio è uno spettacolo, sia per il peso che per le forme e la rigidità complessiva. Molto apprezzato anche il perno passante R.A.T: basta girarlo di 90° per svitarlo, rendendo un cambio gomme molto veloce.
Il passaggio cavi interno è elegante e pratico, non fosse che il tappo in plastica presente sul tubo sterzo è difficile da estrarre, se non si tolgono prima i cavi che vi passano. Dato che quello di serie aveva solo due buchi, ne ho fatto un terzo con il trapano per farci passare il cavo del reggisella telescopico, ma è da segnalare che ora Focus offre anche il 3 buchi ai clienti.
Tornando alla gara, mi rimanevano due cose da fare prima di tornare a casa:
- immergere le gambe nelle acque del lago per raffreddare i muscoli.
- Magnarmi un gelato più che meritato!
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