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La val Senales e la val Venosta sono separate da una alta cresta di montagne, le cui cime sono quasi tutte alte più di 3000 metri. Ci sono varie forcelle che collegano le due valli, e in tutte si arriva da sentieri piuttosto impervi e non certo ciclabili, parliamo perciò di cicloalpinismo e anche piuttosto impegnativo. In questi ultimi anni le ho raggiunte quasi tutte, me ne mancava solo una, la forcella di Pinalto a 2735 metri. Fra l’altro teoricamente la piu facile da raggiungere, visto che dalla malga di Pinalto sono “solo” 400 metri di dislivello di portage per arrivarci. Pochissimo in confronto, per esempio, alla forcella del Santo sopra Maso Corto a 3097 metri, per arrivarci ho dovuto infatti spallare per 900 metri di dislivello! La parte più difficile, infatti, non è la parte di portage, ma è la parte pedalata, cioè arrivare alla malga di Pinalto. L’ho già fatta qualche anno fa, per poi percorrere l’alta via di Pinalto, ed è veramente dura, molto ripida e lunga. Ma per arrivare all’ultimo valico mancante per la val Venosta bisogna per forza passarci, allora metto da parte i miei timori e programmo l’uscita. Le previsioni per l’indomani non sono proprio confortanti, ci potrebbe essere qualche leggera pioggia già in mattinata, ma i temporali sono previsti solo nel tardo pomeriggio e allora decido di partire. Di buon’ora parcheggio l’auto sotto castel Juval, residenza estiva i Reinhold Messner, e imbocco la val Senales. Mi aspettano 2200 metri di dislivello tutti piuttosto impegnativi. Fino a Certosa tutto asfalto, 800 metri di dislivello eventualmente bypassabili con l’autobus di linea. Si potrebbe passare sul bel sentiero che dal castello arriva in val Senales, ma purtroppo è in parte franato qualche anno fa e non è stato ancora rimesso a posto. Salendo continuo a scrutare il cielo, per adesso il sole resiste, meglio cosi. Da Certosa comincia la strada forestale, con tratti veramente ripidi, subito due parti cementate, e quando c’è il cemento vuol dire che è difficile salire anche per i fuoristrada!
Ma so che si riesce a pedalare anche questo tratto, mi concentro al massimo e con il cuore che batte a mille arrivo in cima. In cima a cosa? Al tratto in cemento, da qui rimangono ancora 900 m/d fino alla malga! Continuo sulla forestale con una pendenza un po’ più umana, ma so che non sarà per molto. Ecco, la strada si restringe e il fondo si fa più smosso e più ripido. Mi fermo per rifiatare e per mangiare una banana, ho sentito un’intervista al giro d’Italia, il colombiano Uran Uran diceva che con una banana lui ci fa 50 km…mah, secondo me al giro hanno bisogno anche di qualche altro aiutino! Riparto, fondo smosso e pendenza al limite, e questa volta molto ma molto più lunga di prima. Ma non mollo. Per fortuna l’ambiente è bellissimo, si sale sulla riva di un grande ruscello immersi in un bosco di abeti e larici, però non ci si può distrarre troppo.
E su, e su, giuro a me stesso che questa è l’ultima volta che vengo da queste parti, molto bello ma troppo impegnativo, poi finalmente la valle si apre e la pendenza diminusce, arriva anche il sole e mi posso rilassare un po’. Ma non troppo, adesso la strada sale a strappi ma più pedalabile, e l’ambiente che mi circonda è veramente bellissimo.
I tornanti si susseguono, poi improvvisamente chi ha disegnato questa strada ha deciso che era meglio salire sulla massima pendenza, allora ecco un bel tratto al 20% bello scassato. So che è l’ultimo, raccolgo le forze e lo supero, poi ancora un paio di tornanti e la in fondo ecco la malga di Pinalto a 2319 metri.
Sono appena passate le 9 e ho proprio voglia di un bel cappuccio e uno strudel! Invece la malga è chiusa, strano, ma forse è ancora troppo presto. Mi rifornisco di acqua alla fontana, mangio un panino e guardo ancora il cielo. Ci sono un po’ di nuvole, ma anche un bel sole e penso che forse riuscirò ad evitare la pioggia. Riparto con subito la bici in spalla, da qui alla forcella ci sono circa 400 metri di dislivello, un’oretta più o meno al mio passo. Passa mezz’ora, improvvisamente il cielo si chiude e mi sembra di sentire un tuono. Ma il rumore è strano, penso che forse sarà un aereo che passa sopra le nuvole. Dopo dieci minuti ancora, e poi ancora, ma come in lontananza. Guardo il cielo e non mi sembra da temporale, non riesco a capire da dove vengano i tuoni. E poi il meteo della provincia dava i temporali per il pomeriggio, non sono neanche le 10! Salgo ancora un po’, adesso il cielo è più scuro e i tuoni aumentano. Sono a 100 metri dalla forcella, sono quattro ore che salgo, il grosso della fatica ormai è fatto e ho giurato che quella salita non la farò più. Che faccio, rischio e vado avanti? E poi dall’altra parte mi aspettano più di 2000 metri di discesa tecnica, come sarà? Mentre penso, un tuono più forte degli altri altri mi riporta alla realtà. Guardo la mia bici, bella si, ma è tutto carbonio, telaio e ruote! Non c’è un albero nei dintorni, siamo troppo in alto, solo lei sulle mie spalle a fare da parafulmine. Anzi, da attirafulmini! Devo andarmene, e il più in fretta possibile. Appoggio la bici, apro lo zaino, infilo la giacca e le ginocchiere e mi butto sul sentiero appena percorso in salita, piuttosto tecnico. Dopo un minuto inizia a piovere. I tuoni ci sono ancora, ma non sopra di me, non riesco ancora a capire da che parte stia arrivando il temporale. Continuo a scendere, la pioggia aumenta, adesso il sentiero è già tutto bagnato e le rocce viscidissime. Una volta la discesa bagnata mi faceva tanta paura, poi con l’esperienza ho imparato a dosare i freni, a non toccare quello davanti, a lasciare scivolare le gomme dove serve, si fermeranno più avanti e a indovinare le traiettorie giuste. Il resto lo fanno le gomme della fat, che belle sgonfie aiutano tantissimo. Giocandomi un paio di jolly arrivo velocissimo alla malga, è chiusa (e adesso forse capisco il perché!) perciò contnuo sulla forestale. Adesso posso scendere ancora più veloce, ma più scendo e più la pioggia aumenta, ora è veramente forte. E il bosco è ancora lontano, non vedo l’ora di arrivarci, sperando che i fulmini scelgano qualche alta pianta secolare, piuttosto che la mia bici in carbonio! Sono completamente bagnato, dalla giacca fino alle scarpe, con i piedi che stanno “navigando” all’interno degli scarponi da trekking in Goretex. Tanto l’acqua entra dalle caviglie! Ecco finalmente che la strada entra nel bosco, mi sono bevuto in un attimo mille metri i dislivello, appena il bosco si infittisce un po’ mi sento più sicuro e mi fermo un attimo per riposare. Improvvisamente ecco il fulmine! La mia maestra elementare, è una delle poche cose che ancora mi ricordo, mi ha insegnato a contare dopo i fulmini, se il tuono arriva dopo tre secondi il fulmine è distante circa un chilometro. Metodo empirico ma in effetti corrispondente alla realtà. Comincio a contare: uno… Sbadabam! Paura, questo era a meno di trecento metri. E subito dopo un altro, proprio li davanti a me. Ecco perché sentivo i tuoni lontani e non capivo dove fosse il temporale. Io ero in alto e lui sotto di me, adesso che sto arrivando in bassa val Senales ci sto entrando dentro. Riparto a tuttà velocità protetto dal bosco (o almeno cosi spero), la pioggia è sempre più forte, i tuoni anche e la temperatura è calata, ma ormai sono al paese di Certosa e mi fermo un attimo al riparo dell’ingresso della scuola. Da qui è tutto asfalto fino al parcheggio, riparto e in quel momento il cielo diventa meno nero e la pioggia quasi smette. Mi viene in mente che c’è un bel sentiero che permette di eliminare almeno metà dell’asfalto, la scelta fra la sicurezza dell’asfalto e le difficoltà del sentiero bagnato è subito fatta e… mi butto sul sentiero. Naturalmente dopo un paio di minuti ricomincia a piovere forte, ma il sentiero è godurioso cosi viscido, bisogna avere una sensibilità assoluta, e poi ogni sentiero, anche se potenzialmente pericoloso, è sempre meglio dell’asfalto! Arrivo in fondo al lungo sentiero provato ma contento per la scelta, ultimo tratto di asfalto, per fortuna ci sono delle gallerie che mi riparano dalla forte pioggia, la sensibilità alle dita è ormai azzerata ma ormai sono al parcheggio. Butto la bici in auto ed entro anche io. Ormai da qualche anno ho preso la buona abitudine di tenere sempre un cambio asciutto fisso in auto, non si sa mai…Tornando a casa penso che alla fine mi sono anche divertito, a parte la paura per i fulmini, e metto una pietra sulla forcella di Pinalto, li non ci andrò più!
E’ passato qualche giorno, ma questa storia di essere arrivato a 100 metri dalla cima senza avere visto cosa c’è al di la e specialmente senza essere sceso da quel sentiero che mi dicono molto bello mi prude un po’! Poi ormai lo sapete, quella volta che il Sella ronda ha “osato” sfidarmi e mi ha respinto per la pioggia gli è andata male, l’anno dopo sono tornato e ho fatto il doppio giro in un giorno solo! http://www.mtb-forum.it/community/forum/showthread.php?t=168382
Poi sono note anche le sfide con il Diretur (da lui perse naturalmente!) http://www.mtb-mag.com/diretur-vs-nonnocarb-le-sfide-impossibili/
Insomma non riesco a resistere e il primo giorno di bel tempo (almeno lo spero questa volta) sono di nuovo a 100 metri dalla forcella di Pinalto. La salita è stata molto dura, ma questa volta me l’aspettavo e la malga oggi era aperta. Cappuccio e strudel mi hanno ridato le forze e il sole splende!
La forcella è lassù, ormai quasi la vedo.
Temporale a parte, sto pensando che l’altra volta ho fatto proprio bene a rinunciare, perché in ogni caso non sarei riuscito sa vedere questo splendido panorama.
Finalmente sono in cima, questa volta ce l’ho fatta!
Mi cambio mentre mi godo la vista sulla val Venosta, mangio un panino e mi preparo ad affrontare la lunghissima discesa, 2000 metri di dislivello fino alla ciclabile di fondovalle.
All’inizio, a dire il vero, di ciclabile c’è ben poco, il sentiero è molto stretto, tanto esposto e cosparso di sassi, ma più si scende e più i tratti ciclabili aumentano.
Devo portare la bici per molti dei primi 200 metri di dislivello, ma ecco che alla fine sono ripagato dalla fatica.
Più ci si abbassa e più il sentiero diventa divertente, e quando si entra nel bosco diventa inaspettatamente flow.
Curve e controcurve, qualche piccola radice e scendo velocissimo fino ai 1700 metri di quota. Da qui ci sarebbe un’ampia scelta di divertenti sentieri che scendono sul Montesole di Laces, tutti disegnati apposta per le bici, io scelgo invece un sentiero che non faccio da parecchi anni e me lo ricordo molto bello, il 2 che fra l’altro taglia tutto il Montesole, arrivando a valle molto vicino al punto di partenza, con panorami spettacolari.
1000 metri di dislivello di sentiero infinito, molto vario, piuttosto tecnico, con tratti esposti, una goduria dall’inizio alla fine!
Arrivo in fondo stanco ma con il sorriso sulle labbra, ecco la pista ciclabile con il mio baretto preferito vicino alla chiesa
Pochi chilometri di ciclabile e sono al parcheggio, è stato un giro molto duro, sia in salita che in discesa, ma con panorami splendidi e una discesa da urlo. La montagna è cosi, bisogna rispettarla e ci saprà regalare intensi attimi di felicità!
L’itinerario: http://itinerari.mtb-forum.it/tours/view/16521
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