Autore: Francesco Mazza
Torniamo a parlare di storia della Mountain Bike, nello specifico di storia della DH, ripercorrendo 25 anni di questa disciplina attraverso alcune delle bici che hanno segnato la crescita e l’evoluzione della specialità discesistica (e non solo) della MTB. 10 pietre miliari che, per diversi motivi, si sono guadagnate un posto speciale negli annali della DH e nel cuore degli appassionati.
La genesi dei Virtual Pivot
Nel lontano 1991, agli albori della disciplina, un genio visionario come il motocrossista Mert Lawwill rivoluzionò il concetto di sospensione della MTB, brevettando l’omonimo cinematismo Lawwill, primo sistema Virtual Pivot e progenitore di tutti i sistemi Virtual Pivot brevettati in seguito. La prima bici ad adottare questo sistema fu la Gary Fisher RS-1, che viene ricordata per un altro primato: si tratta della prima bici a montare freni a disco di serie, inclusi nel progetto di Lawwill, dato che la ruota segue un percorso leggermente differente dal carro, per via dell’infulcro virtuale, quindi non fu possibile utilizzare i tradizionali cantilever dell’epoca.
Sospensione e geometrie
Nello stesso anno in Italia si visse una storia simile. Alberto Ancillotti portò il suo know how di costruttore di moto in ambito MTB, sviluppando la passione per la DH insieme al figlio Tomaso, appena 14enne, alle prese con le prime gare. Ancillotti creò la Scarab DH, realizzando una versione “miniaturizzata” del sistema di sospensione Pull-Shock, brevettato da lui stesso circa 10 anni prima in ambito motociclistico. Si trattava del primo sistema ad attivazione pull applicato a una MTB e i vantaggi in termini di sensibilità e di efficienza ne fecero un punto di riferimento. Non solo la sospensione della Scarab DH ma anche le geometrie aggressive, particolarmente efficaci in discesa, furono ritenute all’avanguardia, ispirando negli anni a seguire diversi altri costruttori.
La bici da DH di massa
Sempre tra il 1991 e il 1992 una joint venture bolognese tra Verlicchi, storico e rinomato telaista specializzato in moto e auto e Marzocchi, ai tempi produttrice di sospensioni nel settore moto, diede vita alla prima bici da DH con produzione su larga scala. Prima su tutte l’italiana Sintesi, ma numerose altre aziende tra cui Kona, Iron Horse, Saracen, Haro e Rudy Project marchiarono e distribuirono il telaio Verlicchi da 55mm di escursione equipaggiato con sospensioni Marzocchi, che per questo progetto realizzò appositamente il primo ammortizzatore aria-olio in ambito MTB. Dave Cullinan vinse il mondiale di Bromont del 1992 su questo telaio marchiato Iron Horse, fornendo lo spunto per il nome della bici di serie, che fu una delle più vendute dell’epoca, grazie alla produzione di massa e alla vastissima distribuzione.
Lunga escursione
1994. Un giovanissimo Shaun Palmer mostra sorridente la sua nuova arma: una Intense M1. Il telaio realizzato da Jeff Steber vantava un’escursione impressionante per quell’epoca. Con ben 5 pollici a disposizione, Steber praticamente raddoppiò l’escursione utile, rivoluzionando il concetto di sospensione posteriore e influendo sullo stile di guida dei rider, grazie anche alla guida irruenta di Palmer. La prima M1 utilizzava una forcella da 3 pollici di escursione, la più lunga disponibile ai tempi. Capostipite della serie M di Intense e delle varie versioni della M1 che passò dal semplice Single Pivot a un Single Pivot quadrilatero e in seguito a un Horst. Per molti anni la M1 fu il riferimento in DH, con numerosi marchi che, per essere competitivi, scelsero di rimarchiare i telai di Steber: Haro, Giant, Iron Horse, Mongoose, Muddy Fox, Devinci e Trek. In sella a una M1, tra il team Intense e i vari marchi citati, salirono sul podio atleti del calibro di John Tomac, Sam Hill (Campione del Mondo Junior 2002), Greg Minnaar (Campione del Mondo 2003), Chris Kovarik, Eric Carter, i fratelli Atherton, Mick Hannah, Brian Lopes e tanti, tanti altri.
Il dominio francese
Sempre nel 1994 fa la comparsa un marchio francese che rivoluzionerà il mondo della DH. Si tratta di Sunn, azienda fondata da Max Commençal, che nel suo anno di esordio con la Radical conquistò il titolo iridato grazie a François Gachet. Negli anni a seguire la Sunn Radical subì notevoli miglioramenti restando fedele al progetto iniziale: un Single Pivot indiretto pull con infulcro alto. Venne reclutato Olivier Bossard come tecnico delle sospensioni, con forcelle e ammortizzatori marchiati da Sunn, che si trasformò velocemente in un vero colosso nell’industria della MTB. Nel 1997 il team Sunn divenne un vero dream team, reclutando tutti i più forti rider francesi che segnarono un’epoca grazie ai loro primati di imbattibilità: tra loro spiccavano Nicolas Vouilloz, Anne-Caroline Chausson, Cedric Gracia e lo Junior Fabien Barel. Un susseguirsi di titoli iridati consacrò il team Sunn come il riferimento assoluto di quell’entusiasmante era della DH.
Shaun Palmer e lo stile new school
Prima di avvicinarsi al mondo della DH nel 2009 con il progetto Demo che prosegue tuttora, Specialized ebbe un breve ma intenso approccio dal 1997 al 1999, con la Specialized FSR DH. Il brand americano strappò Shaun Palmer da Intense con un contratto da 300.000 Dollari annui… una somma spropositata per l’epoca. Chiaramente l’intenzione di Specialized fu quella di sfruttare l’enorme impatto mediatico di Palmer per lanciare il suo nuovo modello da DH, ma la cosa andò anche oltre le loro aspettative. Il nome del brand e della bici furono letteralmente schiacciati da quello dell’atleta: per tutti la Specialized FSR DH era la Palmer DH, la bici che più lo rappresentò durante la sua carriera in DH nonostante il lungo periodo su Intense. D’altra parte Palmer su quella bici lasciò davvero la sua firma: dovette imporsi, scontrandosi duramente con gli ingegneri di Specy, per ottenere delle modifiche al telaio di cui non era soddisfatto, tra cui la modifica dell’angolo di sterzo e l’adozione di cuscinetti sigillati al posto delle boccole. Queste modifiche arrivarono di serie solo nel 1999, dopo che Palmer ebbe modificato per 2 stagioni la bici da gara insieme al suo meccanico Joe Buckley per ottenere quello di cui aveva bisogno. Su questa bici Palmer ottenne ottimi risultati, a fronte dello strapotere di Nico Vouilloz di quel periodo, e consolidò l’immagine e lo stile che tuttora associamo alla DH moderna, con abbigliamento in stile MX e casco integrale aerografato.
La bici dei campioni
Orange: il marchio britannico per eccellenza che all’inizio del terzo millennio è stato letteramente sinonimo di DH. Nessun brevetto proprietario e nessuna tecnologia all’avanguardia, solo un telaio realizzato interamente a mano in Inghilterra, estremamente semplice, incredibilmente rigido, molto leggero e con delle geometrie aggressive e azzeccate. Con la 222 e in seguito con la 223, Orange ha messo in sella una quantità innumerevole di Campioni con la C maiuscola. Inizialmente con il team Animal Orange, poi con il team Global Racing e in seguito con il team Orange ufficiale, nel corso degli anni sulla Single Pivot per antonomasia si sono susseguiti rider del calibro di Greg Minnaar, Steve Peat, Mick Hannah, Tracey Hannah, Missy Giove, Matti Lehikoinen, Brendan Fairclough, Andrew Neethling, Cesar Rojo e tantissimi altri, consacrando questa bici come pietra miliare della storia della DH.
Concentrato di tecnologia
“Nel 2004 è avvenuta una piccola rivoluzione nel mondo della DH. Uno dei marchi leader nelle 2 ruote a motori ha letteralmente fatto irruzione nel circuito UCI World Cup, con una bici che è stata prodotta solo in pochissimi esemplari destinati al team e mai commercializzata: la Honda RN01 G-Cross.” Così iniziava l’articolo che abbiamo dedicato alla Honda RN01, nel quale potete conoscere meglio questo gioiello da DH. Un concentrato di tecnologia, innovazione e know how, circondato da un’aura di mistero e di prestigio, con un’immagine di professionalità e stile che non si erano mai visti prima. La Honda RN01 ha aperto una piccola finestra sul futuro e ha definitivamente cambiato il concetto di MTB da DH, la cura dei dettagli e l’approccio alle competizioni.
L’era di Sam Hill
Dopo 15 anni di presenza nel circuito di UCI DH World Cup con bici prevalentemente prodotte da altri e rimarchiate con il suo logo, nel 2005 Iron Horse ha messo a segno una collaborazione con il progettista Dave Weagle, prendendo l’esclusiva del suo primo brevetto in tema di sistemi di sospensione: il DW Link. Una scommessa vincente che ha portato alla nascita della Sunday. Il team Monster Energy – Iron Horse – Mad Catz annoverava all’epoca diversi campioni tra cui un giovanissimo Sam Hill, 2 volte Campione del Mondo Junior. L’esordio della Sunday coincideva con la seconda stagione da Elite di Hill e i risultati iniziavano a fioccare, grazie a una bici che sembrava cucita addosso alle caratteristiche di guida del campione australiano, sempre alla ricerca del limite e della linea più audace. Il 2° posto sia ai Worlds che nella Overall di WC nel 2005, il titolo iridato e il 2° posto nella Overall nel 2006, ancora un titolo iridato e vittoria della Overall nel 2007 e il famigerato 3° posto ai Worlds del 2008 in Val di Sole, con la scivolata nella “curva Sam Hill” che lo ha costretto al terzo posto dopo una run da extraterrestre, consacrano Hill e la Sunday nell’Olimpo della DH. 4 anni di successi e di supremazia che hanno legato a doppio filo l’immagine di Sam con quella della Sunday, una bici che in quegli anni ha venduto migliaia e migliaia di esemplari in tutto il mondo, in una vera e propria Hill-mania.
Il seme della DH moderna
Nel 1999 Santa Cruz ha acquisito da Outland il brevetto del sistema di sospensione Virtual Pivot Point, dando alla luce nel 2002 il primo modello di V10. Bisogna però attendere il 2005 per vedere sbocciare il potenziale dell’ammiraglia del marchio californiano, con la seconda versione del telaio. Nel contempo viene istituito il team Syndicate, con Steve Peat, lo spettacolare Nathan Rennie e un giovanissimo Josh Bryceland. I risultati, insieme a una particolare attenzione all’immagine e a un certo tipo di atteggiamento e di comunicazione, hanno subito reso il Syndicate uno dei team di spicco mentre il V10.2 veniva considerato un oggetto del desiderio, uno status symbol. 254mm di escursione, la più dotata in questi termini di tutto il circus della DH, un telaio leggero e rigido, dalle linee sinuose e completamente innovative, la rendevano sexy e desiderabile. Nel 2009 la terza versione del V10, simile alla precedente nelle forme ma ancora più snella e sinuosa, ha conquistato il primo titolo iridato di Santa Cruz grazie a Peaty, che si è finalmente laureato Campione del Mondo, dopo una lunga carriera di vittorie in World Cup. Lo stesso anno, in seguito al ritiro di Rennie, è entrato a far parte del Syndicate anche Greg Minnaar, che ha inserito definitivamente il V10 nei libri di storia della DH con una lunga serie di vittorie, che proseguono tuttora con la quarta versione in carbonio del V10, due volte iridata.
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