Un Italiano fra i canguri

“Ma porca #*#**##…. Non ci posso credere: proprio ora, quando le giornate si fanno più lunghe, quando a furia di girare e faticare la condizione è arrivata, proprio quando si programmano i giri più epici che sogni da quest’inverno immaginandoli ad occhi aperti sulla mappa… Proprio ora ti capita di dover partire per un giro di 15 giorni per lavoro, senza appello di riuscire a scamparla.”

Ed è così che dopo lo sconforto iniziale, ha iniziato a stuzzicarmi l’idea di riuscire comunque a mettere assieme almeno un misero giro in bici durante questo viaggio di lavoro, per poter dire di aver fatto girare le gambe… Più per la gloria che per altro, dato che di solito in queste trasferte si passa la totalità delle ore tra sale riunione, aerei ed automobili piuttosto che a far frullare ciambelloni tassellati su terreni compatti e soddisfare quell’irrefrenabile voglia di aria aperta che ti assale…

“Allora, diamo un occhio all’agenda di questo viaggio. Primi cinque giorni in India, cinque città diverse.”
Per quanto possa fare discretamente tendenza tardo hippy, sfrecciare su un velocipede schivando gnu, mucche sacre, immondizia e nugoli di Indiani in Tuc Tuc non mi pare proprio il massimo. Tanto che più che non devo andare in Himalaya sul passo Rutan, ma a Dehli, Mumbai, Pune e via dicendo.. Città, megalopoli, gangli straboccanti di persone… Lasciamo perdere.

“Seconda tappa: Dubai. Ok, non se ne parla. Pedalare con 48 gradi al sole –anche se secco- non sono proprio attraenti. Passiamo oltre”.

“Terza tappa: Singapore. Ora, per quanto si abbia l’impressione che Sandokan abiti ancora da queste parti , Singapore è diventata negli anni una colossale città stato con cinque milioni di abitanti ammassati in un isola 20 km per circa 40 km con buona pace di Salgari. Tenendo conto che buona parte dell’isola è stata costruita strappando terra al mare un poco come in Olanda, anche il più opaco dei ciclisti può facilmente immaginare che la parola Mountain di MTB venga pronunciata –da queste parti- decisamente a sproposito”.

Rimane la quarta tappa: giro in Australia in quattro giorni, visitando clienti a Melbourne, Sidney ed Adelaide. Fatta. Adelaide sia! Del resto l’agenda del viaggio dice che solo ad Adelaide avrò un giorno libero…

Tra le altre cose ad  Adelaide vive e lavora un personaggio chiave per l’organizzazione di questo giro: Richard Comber. Richard è quello che molti potrebbero definire un Australiano modello: casa, famiglia e un certo senso di spericolato orientamento verso il pericolo fine a se stesso, condito da una supplementare dose di piromania.. E non dico per dire: l’uomo gira sempre armato di uno Zippo ben caricato, nulla lo gratifica di più di poter accendere un gigantesco fuoco nell’outback Australiano, possibilmente usando un albero intero come ciocco. Alla domanda se sia matto, un poco scocciato risponde che di alberi secchi l’Australia è piena…

Richard ha incontrato la MTB per colpa mia: durante uno dei fantozziani meeting aziendali, mi racconta della sua passione per il motocross. Ovviamente lo sfido immediatamente ad uscire in MTB, cominciando con della sola discesa per confortarlo. E’ sempre facile gabbare neofiti con l’illusione che il tutto si risolva in una banalità se si evita la salita prendendo una funivia…  Il poveretto accetta baldanzoso, sicuro che sia come guidare la sua Kawasaki rincorrendo canguri . La domenica stessa lo porto a Bolzano a fare il giro delle 3 Funivie. Dopo San Genesio e Renon il sole tramonta, la terza non si riesce a farla. Richard è un’unica crosta di sangue, caduto non ricordo se 12 o 13 volte: del resto, essere venuto con una leggera XC da 100mm di escursione -unica bici trovata a noleggio a Vicenza- non gli ha semplificato la vita. L’unica sua espressione di lamento –rigorosamente a fine giornata- è “you are fucking crazy men!”. Uno con le palle , insomma…

Dopo fitta corrispondenza per far incastrare i molteplici appuntamenti di lavoro, decidiamo il giorno dell’uscita. Ed ecco il problema… Dove uscire? In Australia i posti nei quali abbia un minimo di senso fare un uscita non sono molti… All’improvviso i miei colli Berici a Vicenza mi paiono il paradiso delle ruote grasse.

Lo sconforto non prende più di un paio di giorni… Richard trova un trail center a meno di quattro ore di macchina da Adelaide. Considerato che offre la possibilità di:

A)    Dormire. In Australia è inverno a giugno, tutti i luoghi di villeggiatura sono chiusi!
B)    Noleggiare una bici in un negozio in loco.
C)    Passare la sera in un pub…

Decidiamo di non andare tanto per il sottile, e di considerare l’”Over the Edge” trail center di Melrose ([URL=”http://otesports.com.au/”]http://otesports.com.au/[/URL]) la nostra meta..

Per chi non lo sapesse i trail center sono un surrogato di MTB molto popolare nei paesi anglofoni. In pratica, invece che completare un percorso su sentieri, strade o sterrate come da noi, si entra un recinto e si percorrono in salita ed in discesa dei sentieri tracciati riservati alle bici. In genere -come nei bike park veri e propri- sono curati, filanti, e con ostacoli costruiti come cunette, paraboliche e via dicendo. Il problema è che il “trail” in questione si avvolge su se stesso vare volte come le maglie di un serpente distanti a volte pochi metri uno dall’altro: quindi per il giorno intero, si rimane ad andare su e giù nel solito appezzamento da 5km X 5km.. Un poco come essere nella ruota del criceto che gira. Il tutto naturalmente condito con una serie di nomi idioti ed imbarazzanti per sentieri lunghi 500m, e da una classificazione dei percorsi stile carosello sciistico… Vedere [URL=”http://otesports.com.au/trails/orange-loop/”]http://otesports.com.au/trails/orange-loop/[/URL] per credere!
Per farla breve, il venerdì sera ci mettiamo in macchina, ancora in giacca e cravatta… 4 ore di viaggio nel mezzo del nulla, a nord secco di Adelaide… All’arrivo duplice sorpresa: tempo devastante con vento rafficato e pioggia a catinelle. E l’albergo… L’albergo rimane nascosto del brutto tempo… Vedo solo due camion… Surprise!! L’albergo in realtà è il camion. O meglio, tre camion… Due per le stanze, ed un furgone per i bagni!

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Australiani con il senso dell’umorismo hanno poi allestito pure un ipotetico luogo dell’incidente per uno dei due automezzi. Poco male, buttiamo giù le valige e via al Pub per una camomilla Gallese. Del resto il pub si trova facile: a Melrose ci sono ad essere generosi 20 abitazioni: chiamarlo paese è quasi un’esagerazione.
Numerose birre dopo ci arrampichiamo nei rispettivi camion. C’e’ un vento impossibile, sbronzi come canaglie dormire diventa una lotta contro la nausea. Le nostre stanze di albergo hanno come fondamenta le balestre di un camion, un ondeggiamento continuo…

Al mattino con occhi assai rossi e fauci secche, ci tiriamo giù dal rimorchio… Via di corsa in negozio, in serata dobbiamo sciropparci altre 4 ore di macchina per tornare e non vi è un minuto da perdere…
Ora, non vorrei sembrare troppo esigente, ma il concetto di “bici a noleggio” è una cosa che mi ha sempre disturbato. Noleggiare una cosa privata come una bici mi pare un sacrilegio, un togliere sapore ad una esperienza che sarebbe stata diversa con la TUA bici… Ti rimane il sapore in bocca di quello che avrebbe potuto essere se avessi avuto un mezzo all’altezza ed invece non è stato.. Non come con una femmina, dove nel bene o nel male COMUNQUE la cosa viene annoverata nel libro mastro delle esperienze… Anche se l’esperienza in questione avrebbe potuto rivaleggiare con la peggior ceramica del catalogo Richard Ginori.

Insomma come potete immaginare sono entrato piuttosto prevenuto.. Ed invece? Invece ti trovo un negozio di prima scelta, noleggio incluso! Rassegnato com’ero a dover scegliere tra una rigida colore fucsia o una rigida colore turchese, mi trovo a scegliere tra Rocky Mountain, Cube e Knolly…
Mi metto a parlare con il propretario –anche lui di nome Richard- il quale tutto si aspettava tranne un Italiano nel suo negozio nel bel mezzo del tardo autunno. Mi spiega che gli affari vanno bene, che di Aussie se ne vedono in particolare verso ottobre novembre (a primavera) e che da quelle parti organizzano una delle gare più seguite dello stato del South Australia: 350 iscritti al “Fat tyre festival”.. Ok, in Australia in effetti non ci si deve aspettare che la MTB sia sport nazionale…

Ci spiega come il trail center sia una sua idea, e che sia ospitato interamente in un terreno di proprietà. Mi spiega anche che contrariamente in Europa, in Australia non è consentito il transito su sentieri in proprietà private, quindi non si potrà mai sviluppare una rete di sentieri paragonabile a quella sulle nostre montagne. E mi racconta anche che il club MTB di riferimento dello stato del South Australia, il più grosso di queste parti, ogni due anni organizza quello che è il viaggio da sogno per tutti i bikers locali: un viaggio sulle Alpi Italiane e Francesi!!!

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Parliamo di un po’ di tutto , ed evidentemente gli andiamo a genio: mi propone infatti di prendere la sua bici personale, una Mojo HD montata cattivissima con monocorona da 34, guidacatena e Cranckbrothers Iodine sotto i copertoni. Ovviamente accetto al volo, certo com’ero di dovermi accontentare di un cancellone con “telaio leggermente criccato ma che con due punti di saldatura è andato a posto”…

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Eccoci quindi “on the trail”, anche se la giornata non è delle migliori… Seguono cinque-sei ore ininterrotte di sali-scendi, droppettini, salti e single track molto fluidi… Il tutto senza mai spostarsi veramente dalla vista che si apre sotto i nostri occhi, e passando spesso negli stessi identici posti. Riusciamo alla fine a mettere assieme un giro di 40km, con un 1000m di dislivello. Dalle nostre parti sarebbe giusto buono per un giovedì sera, qui sembra una impresa titanica! Considerando che la salita massima arriva a fatica a 150m di dislivello, si capisce quante volte in realtà si continua a stantuffare su e giù per le stesse colline..
Tutti i sentieri sono tenuti e segnalati in maniera perfetta:  salti, paraboliche e drop sono alla portata di qualsiasi MTBiker con un briciolo di esperienza (a parte il tuffo tirato volendo forzare uno dei drop più alti, ma quella è stata colpa mia!). Sentieri veloci, qualche passaggio sullo scassato, e tracce disegnate per sfruttare al massimo il profilo –molto scavato- delle colline circostanti. Di tanto in tanto si incontra qualche biker locale, che si ferma stupefatto a chiedere come mai vi siano degli “stranieri” sui loro sentieri. La sensazione è che nel mezzo del nulla e fuori stagione proprio non sia comune vedere volti nuovi. Naturalmente dopo qualche chiacchera arrivano i consigli, come accade tra MTBikers in qualsiasi parte del mondo: “non potete mancare il Greener Pastures,” , “ anche l’Hellrose è spettacolare” , “si ma il migliore rimane il Dodging Bullets” .. Poco male: i sentieri li faremo tutti prima della fine della giornata.

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Ogni “trail” ha le sue caratteristiche: c’è quello veloce, quello che infila salti uno dietro l’altro, ed infine il più divertente: un gioco continuo di compressioni infilandosi una dietro l’altra in piccole forre scavate dai numerosi torrenti locali.

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La cosa che colpisce di più, agli occhi di un Europeo, è la natura. Alberi meravigliosi, molto radi. Qui’ d’estate fa molto caldo, e non ci si può permettere la lussureggiante abbondanza del sottobosco nostrano. Animali ovunque.

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E canguri. Canguri a perdita d’occhio… Così tanti canguri, che se in Europa dobbiamo stare attenti a dove mettere le ruote dopo che è passata una mandria di vacche, qui’ è lo stesso per quella  fine “granella di more” che si ritrova per terra.. Canguri che ti guardano un poco annoiati da debita distanza, e che saltellano via quando ti avvicini.. Così tanti che Richard non capisce il mio genuino stupore nel vedere queste bestie saltellanti, lui ne è evidentemente assuefatto. In men che non si dica –infatti- ci esibiamo in uno degli sport nazionali preferiti: la rincorsa del canguro, rigorosamente in MTB, rigorosamente in discesa. Peccato che il canguro non sia d’accordo, e che il più delle volte lui scappi in salita.

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Alla fine della giornata, si ritorna a Melrose: riconsegna di rito della Mojo HD (apprezzatissima per altro), foto, baci abbracci e promesse di ritornare quanto prima… Non senza prendere la classica maglietta ricordo dell’ Over The Edge sports center, con un cangurone che pedala e passare al Pub per un ultima birra…

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Bilancio dell’esperienza? Positivissimo, considerato che si rischiava di non toccare bici per più di due settimane. Positivissimo anche perché è saltata fuori quest’escursione nel bel mezzo di un viaggio di lavoro. Positivissimo per quest’assaggio di natura realmente a perdita d’occhio. Non è facile dalle nostre parti, trovarsi sul crinale di una collina e non riuscire a vedere alcun manufatto umano per kilometri e kilometri.
Vale la pena di andarci di proposito? Non direi proprio. Fateci un salto solo se siete già da quelle parti… L’Australia è certamente un paese bellissimo, ma per esplorarlo in MTB il South Australia forse è il posto meno adatto. Del resto mi rendo conto che sia anche facile essere ipercritici: capaci tutti a fare i preziosi quando si hanno le Dolomiti ad un ora e mezzo di macchina da casa…

P.S.
L’unica cosa che ha fermato Richard dal dare fuoco ad un albero secco nei trail è stato un cartello “vietato accendere fuochi”. Lui il kit del perfetto piromane l’ha portato con se insieme ad una camera d’aria di ricambio ed il multitool… Ah, lo spirito dell’Outback…


[I]Video trovato su youtube con uno dei trail più interessanti a Melrose.. Non siamo noi quelli sul filmato!![/I]

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Tags: australia

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