Fiato corto. Freddo. Invasione di stelle. E’ notte fonda quando scendiamo dall’aereo all’aeroporto di El Alto, 4000 m. L’aria è fredda e pungente. Con calma, molta calma, recuperiamo bici e bagagli e scendiamo verso casa, nella zona sud-est di La Paz. Sono le 3 del mattino, le mille luci della città ci accolgono nel buio della notte, tra strade deserte e cani in cerca di cibo.
Prendi il tempo. Dopo un giorno di relax per abituarci un po’ alla quota, non stiamo più nella pelle, così carichiamo le bici nel cassone del pickup e ci dirigiamo verso un trail che Lalo conosce bene, parco giochi di quando era piccolo.
Siamo nella zona della Muela del Diablo (Dente del Diavolo), che con le sue aspre forme domina la città. Da qui La Paz appare infinita, miliardi di casine in mattoni sovrastate dall’imponenza dei maestosi 6000, tra cui l’Illimani (6402 m) e lo Huayna Potosi (6088 m). Il terreno è secco e polveroso, tra terra rossa e crinali scuri scendiamo immersi nella luce dorata del tramonto. Posto e ora sono perfetti per scattare alcune foto e godersi la discesa a capofitto nella conca della città.
Esplorazione. Con anima e corpo in modalità riding, e un fido driver a nostra disposizione, siamo pronti per scoprire le meraviglie di questa terra aspra e stupefacente. Perché La Bolivia è fantastica, fatta di terre selvagge e gente ospitale, aria sottile e orizzonti senza fine. Unica.
Carlos,il nostro autista, nonché papà di Lalo, il giorno seguente ci porta nella zona di Camiraya, a nord-est di La Paz. Di fronte a noi il Cerro Mururata (5871 m) ci fa sentire piuttosto piccoli e molto fortunati: il panorama è di quelli che non ti dimentichi e i trails gridano flow a più non posso. Così iniziamo a darci dentro, Lalo si ricorda ogni metro di quei sentieri e noi pensiamo solo a dare del gas e divertirci. Non ci facciamo mancare un giro sulla pista da DH dove a breve si sarebbe disputata una gara nazionale. Il tracciato é bello tosto, ripido e tecnico, sicuramente più adatto a delle bici da DH che non alle nostre enduro. Ma il sorriso a fine discesa non ce lo toglie nessuno.
Ora et Labora. E dagliene. Recuperate le forze (grazie a una grigliata imperiale con la famiglia di Lalo), è il momento di prepararci per il Camino Inca del Choro. 60 km di lunghezza, 3500 m di dislivello in discesa per circa 1000 m di salita (tutti spallati….), che normalmente si percorre a piedi in tre giorni.
Questi in sintesi i numeri del nostro trail. In bici l’idea è quella di farlo in giornata, sperando che tutto fili liscio. Una mattata, per dirla alla Lalo, ma anche uno dei percorsi più caratteristici. E più faticosi. E più lunghi. Vuoi non andare? Alcuni contrattempi con il nostro mezzo di trasporto ci costringono a fare le ore piccole la notte prima di partire, ma tutto si sistema e all’alba si parte.
Ci portiamo a La Cumbre, che già dal nome incute timore, un passo a quasi 5000m a nord di La Paz, nella riserva naturale di Cotapata. Con noi c’è Juber, vecchio amico di Lalo e guida di MTB per GravityBolivia, la principale agenzia specializzata in mountain bike della Bolivia. Aveva una giornata libera dai clienti e così ha deciso di accompagnarci. Ottima compagnia, si rivelerà prezioso per darci il timing per scattare e filmare, in modo da non arrivare lunghi alla fine del percorso.
Vento. Freddo. Adrenalina. Timore. Giunti a La Cumbre siamo pronti, il panorama è pazzesco: laghi turchesi, maestosi ghiacciai e terreni cinerei dipingono un quadro surreale. Un letto di morbide nuvole a nasconderci ciò che ci aspetta, giù in basso nelle Yungas. L’aria pela per bene, e i 5000 m si fanno sentire tutti. Fa freddo e dobbiamo muoverci, quindi iniziamo subito a scendere tra i trekkers che ci salutano alquanto stupiti. Il nero delle rocce si trasforma lentamente nel verde dei pascoli e della rigogliosa vegetazione delle Yungas, man mano che scendiamo lungo il sentiero.
Il calo di quota ci fa respirare meglio, ma il percorso si fa davvero tecnico, con pietroni bagnati e passaggi trialistici che obbligano a non mollare mai. Se fino a poco fa potevamo dare del gas, ora è meglio rallentare un po’ onde evitare di spaparacchi rovinosamente. Per nostra fortuna Juber è davvero bravo e ci mostra dove passare nei punti più ostici. La scelta di lasciare a casa i miei mallet, per un bel paio di pedali flat si sta rivelando quantomai azzeccata.
Dopo tanta tanta discesa, tre lunghe salite tutte a spalla su gradoni e un mare di fatica arriviamo finalmente a Chairo, dove finisce il trail, con il sole ormai dietro l’orizzonte. Nessuna caduta, nessuna foratura o rottura. E per fortuna altrimenti saremmo scesi col buio… Siamo belli stanchi e il mio stomaco non mi da pace: l’idea della colazione a uno dei mercati di La Paz non mi è stata molto congeniale. Ho la febbre e sono davvero esausto, ma soddisfatto come non mai. Riposo per i guerrieri. Carlos ci
riporta a casa, non ricordo nulla del viaggio se non il freddo dovuto alla febbre. Ma domani è un altro giorno.
Rinascita. Dopo un giorno di riposo, sovente accompagnato da letture sulla tazza per quanto mi riguarda, siamo pronti per spostarci a Sorata, un paesino alle pendici del Cerro Illampu (6368 m), circa 4 ore di auto (di cui 2 per uscire dal delirante traffico della città) a nord est di La Paz. Ci aspettano un paio di giorni di riding su crinali e morene per i quali Lalo mi ha fatto una testa così. E devo dire che aveva ragione.
Si tratta dei trails dove si svolge la Jacha Avalancha, la Megavalanche alla maniera della Bolivia. Il primo giorno diamo inizio alle danze sul Loma-Loma Trail, che ci porterà fino a Sorata in 1600 m di godurioso dislivello negativo. Scesi dal pickup, col fiato corto risaliamo a spinta un crinale, ci godiamo lo spettacolo dei 6000 e saltiamo in sella. Ad accompagnarci, questa volta, è il mitico General, con cui siamo sicuri di non finire nel posto sbagliato. Il terreno è fantastico, e il sentiero si distende come un sinuoso serpente tra i prati al cospetto dell’Illampu (6368 m) che ci farà da set fotografico per tutta la giornata.
Il sentiero alterna tratti veloci da fare con il gas in mano ad altri dove è meglio avere un po’ di usta, dal momento che siamo su dei crinali parecchio esposti, dove un passo falso può significare brutte conseguenze. Di terra sotto le ruote ne passa parecchia, il nostro sorriso cresce di conseguenza. Giunti alla piazza di Sorata, veniamo accolti dal frastuono di bande e danze, in occasione della festa nazionale boliviana. La notte passa tranquilla al mitico Grand Hotel di Sorata, dopo un’abbondante cena a base di… lasagne!
La calda luce dell’alba riflessa sul ghiacciaio dell’Illampu ci accoglie nel nuovo giorno, e noi siamo pronti per il secondo round. 30 km di sentieri scassati, drop e discese sulle morene dei ghiacciai che non ti dimenticherai più. Proprio gli “Scree”, le ripide discese a circa 40° sulle nere morene dei ghiacciai rappresentano una delle cose più pazzesche e divertenti che si possano fare in sella a una bici, a patto di prenderci un po’ la mano ai primi giri.
La prima sensazione è che la bici non ne voglia sapere di tenere una traiettoria che sia una – e in effetti è proprio così – ma alla fine tutto questo dondolare e driftare sulla ripida morena diventa normale e ciò che inizialmente intimoriva prende la forma di un gioco fantastico. Quasi come farsi il pendio in neve fresca con gli sci. Arrivati in fondo siamo gasati a bestia. Altra giornata di grande riding, tra amici, risate e posti da urlo.
In questi due giorni ho ben capito una cosa: qui non si scherza, niente preamboli o vie di mezzo. Saltoni e big drop sono li a fartelo presente. Leggi: riding alla boliviana. E se cadi e ti spezzi sei solo a 4 ore di offroad dal primo ospedale. Orecchie basse dunque. La parte ciclistica del nostro viaggio termina qui, Vale e Giulia ci hanno raggiunti per esplorare altre zone, a piedi e in jeep, dove paesaggi fantastici e colori unici ci avrebbero stupito per i giorni a venire.
Se vi capita di venire in queste zone vi consigliamo di uscire dalle città la notte per godervi dei cieli stellati che non vi dimenticherete mai. La zona dei Salares, verso il confine con Cile è perfetta per godere di queste volte stellate (e per molto altro): l’assenza di inquinamento luminoso e di pulviscolo atmosferico dovuta alla quota elevata vi regaleranno uno spettacolo senza eguali. Il freddo fa parte del gioco. Sappiatelo.
Ringraziamo chi ci ha supportato in questa avventura, Smith Optics nella persona di Franz Perini che ci ha fornito caschi e occhiali super, Ferretti Bike Shop di Bologna e il mitico Ferro per l’abbigliamento e il supporto tecnico per le nostre bici. E naturalmente Carlos Medinaceli, papà di Lalo, e tutta la sua famiglia, che ci hanno ospitati, sfamati e accompagnati con una ospitalità fantastica.
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