Calma piatta sul monte Piana

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7 agosto, ore 22, camping Olympia. Rivedo Dariuz dopo otto mesi, ma è come se ci fossimo visti fino a ieri. Fra due biker, due uomini di montagna, bastano poche uscite insieme, poche parole e subito si diventa amici per sempre. Abbiamo pedalato insieme a Merano, sul lago di Como, sull’Etna ma non ancora a Dobbiaco. Subito organizziamo un’uscita per il giorno dopo, e anche qui siamo in perfetta sintonia, entrambi pensiamo di andare a scoprire il monte Piana. Unico problema (per lui, abituato in ferie a dormire e a partire con molta calma) è che bisogna partire presto. Io invece sono abituato a partire all’alba, e questa volta deve farlo anche lui, perché la strada asfaltata che sale al monte Piana è vietata alle bici, ci possono infatti circolare solo le navette che portano i turisti in cima al monte. Mi sono però informato e la prima navetta parte alle 9, a noi perciò basterà essere in cima prima di quell’ora.
Il Monte Piana, o “Monte Piano” come viene chiamata la sua cima nord-est, costituisce una delle più attraenti mete delle Dolomiti grazie alla sua particolare conformazione ed alla sua posizione che offrono uno spettacolare panorama a 360° verso le più belle montagne di Auronzo di Cadore e di Cortina d’Ampezzo – Tre Cime di Lavaredo, Paterno, Cadini di Misurina, Sorapiss, Cristallo, Croda Rossa ecc. – e verso il Lago di Misurina ai suoi piedi. Il Monte Piana è anche un luogo di memoria e storia delle tragiche e cruciali vicende del secolo scorso, teatro di uno dei più cruenti fronti di combattimento durante il primo conflitto mondiale. Ai nostri giorni rappresenta un’appassionante meta per coloro che vogliono visitare il Museo storico all’aperto della 1^ Guerra Mondiale, una delle più importanti testimonianze delle battaglie combattute tra queste montagne, costituito da numerose trincee, gallerie, postazioni militari ed altri reperti storici riportati alla luce.



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Alle 6 di mattina siamo allora pronti per partire, breve spostamento in auto e si comincia a pedalare dal lago di Landro. Con noi c’è anche il genero di Dariuz (genero? Mamma come siamo vecchi!). Subito un bel sentiero intorno al lago e poi ci tocca la salita asfaltata fino a Misurina. Eccoci alla partenza della strada per il monte Piana, sorvoliamo sul fatto di vietare una strada asfaltata alle bici per sacrificarla alle puzzolenti e inquinanti navette, ma si sa, purtroppo oggigiorno i valori predominanti sono altri…per fortuna sono solo le sette e saliamo nell’aria fresca del mattino. Il sole è appena sorto dietro le Tre Cime di Lavaredo
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Al rifugio Bosi finisce l’asfalto e proseguiamo sulla ripida sterrata

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La vista è notevole, le Tre Cime al centro (si vede solo la cima ovest) a destra il rifugio Auronzo e a sinistra il rifugio Locatelli

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Ormai siamo in cima, il cielo si sta coprendo, ma le nuvole giocano con il sole creando suggestivi giochi di luce

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Alla piramide Carducci ci cambiamo e scattiamo la foto di rito

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Proseguiamo lungo il sentiero e cominciamo a trovare le prime trincee

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Le testimonianze di quello che è avvenuto qui ormai quasi cento anni fa sono ovunque e quando arriviamo alla forcella dei Castrati l’emozione è forte  e non riusciamo neanche a sorridere.

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In questo momento siamo gli unici visitatori del museo all’aperto. Percepiamo una serenità e una pace struggenti e quasi irreali. Il cielo è plumbeo,  il vento si ferma e le piante non si muovono più.    Anche gli animali tacciono.    Sull’altipiano la natura è ammutolita.    Non un rumore, un fruscio.   Improvvisamente una voce
“Il 23 maggio 1915 alle 19 l’imperial-regio ufficio postale di Landro venne informato telefonicamente che l’Italia aveva dichiarato guerra all’Austria-Ungheria. Alle 8.38 la batteria di cannoni da 90 della Croda dei Rondoi apre il fuoco sulla colonna dei portatori italiani che transitava per forcella Col di Mezzo ed uccide 2 alpini della 67ª.

Il 25 maggio iniziò a farsi sentire anche il forte di Landro con i suoi pezzi, ed il 26 un obice da 105 dai fianchi del Bulla iniziò a battere Forcella Lavaredo, mentre Monte Rudo batteva Monte Piana. Il 27 maggio gli austriaci issano sul Passo Grande dei Rondoi un obice che inizia a battere il Monte Piana.

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Dopo tre anni di combattimenti il 21 ottobre 1917 alle 6 il mortaio postato presso il Rifugio Tre Scarperi ed un razzo lanciato dalla Torre di Toblin danno inizio all’attacco finale. Per 13 ore l’artiglieria austriaca scarica più di 1000 colpi sulle linee italiane. Durante la notte del 22 il bombardamento varia di intensità fino a diventare normale su tutto il fronte tranne sul Monte Piana.
Il 22 ottobre si presenta freddo e nebbioso. Alle 5 un colpo del 305 della Innerfeldtal ed un razzo lanciato dalla Torre di Toblin segnano l’inizio del tiro di distruzione e contemporaneamente un barilotto esplosivo viene fatto rotolare da Monte Piano contro la Trincea degli Alpini. Più di 100 pezzi, bombarde e lanciamine concentrarono il fuoco sulla Ghirlanda per non più di 10 minuti mentre i Kaiserjäger scendevano ai reticolati. Cessato il tiro, questi tentano di scavalcare il groviglio dei reticolati, ma vengono respinti dalle mitragliatrici italiane.
I morti e i feriti del primo erano stati sgombrati, ma quelli del secondo erano ancora là coi superstiti, e le due vedette guardavano ancora dalle rispettive nicchie attraverso i fori delle lamiere contorte, quando, cessato appena l’inferno delle bombe, videro avanzarsi la nube nera, tetra, caotica, gravida di fiamma dai bagliori sinistri. Non era la morte, era l’annientamento
Vengono così annientati 3 plotoni del 54° mentre il quarto rimane asserragliato lungo la linea dei nidi-scoglio con dietro il dirupo di Val Rimbianco. Quel plotone resistette a bombardamenti e attacchi vari ma non cedette il ramo di Ghirlanda, sicchè gli austriaci non riuscirono a passare dalla parte del Fosso Alpino, ma nemmeno ci riuscirono dall’altra parte (Forcella dei Castrati).
Intanto il V Reparto d’Assalto sbocca dalla galleria difensiva e si dispone per il contrattacco: il plotone del ten. De Simone fu il primo a lanciarsi dal fianco destro della Guardia di Napoleone. Viene ferito alla bocca ma continua nello slancio e però si infila tra la destra della Guardia di Napoleone e la sinistra della Trincea dei Sassi e l’unico modo per uscirne è superare frontalmente la seconda. Giunti al corpo a corpo, gli italiani vengono sopraffatti:

Arrendersi? Viva l’Italia – urlò, come ingigantendo e scaricando sugli avversari i residui colpi della rivoltella. Ferì e fu ferito, sì gravemente da non poter più reggersi.
Arrendersi? – No – grida Viva l’Italia

I pochi supersiti ridiscesero strisciando alla testata del Vallone dove nel frattempo erano giunti gli altri plotoni e la sezione lanciafiamme. L’artiglieria italiana batte per tutta la notte la trincea conquistata dagli austriaci e li costringe a ripiegare nella Trincea dei Sassi. La confusione che si viene a creare nei comandi austriaci e la situazione generale comunque non consona alle aspettative fà desistere il comando austriaco che decide di ritentare l’azione nella notte successiva (nel frattempo si erano registrati 93 morti e 84 feriti da parte austriaca, 3 morti ed 11 feriti nelle file tedesche).

La notte di quel 22 di ottobre scese piena d’ansie e di fantasmi. Le opposte artiglierie, con ritmo pari, empivano di tuoni e di fragori il coro delle Dolomiti, solcando in alto le tenebre che in basso punteggiavano di scoppi. I fasci sbalorditori di luce dei riflettori frugavano le pieghe del terreno, leggevano i sentieri, radevano i pianori. Nel tempo dalla natura assegnato alla quiete, tutti erano desti e con gli spiriti tesi fino allo spasimo.
Ogni 15 minuti il 280 del passo Tre Croci scaricava un colpo sulle posizioni austriache.
Alle 5 tutte le batterie della zona concentrano il fuoco sulla Trincea degli Alpini e sulla Ghirlanda ed alle 6 gli Arditi compaiono dalla parte della Forcella anzichè dalla parte del Fosso, dove li attendevano gli austriaci.
La sorpresa fu totale e le posizioni vennero riconquistate di slancio, prima che giungesse l’aiuto di un reparto di Fiamme Rosse giunto coi camion a Misurina.”

In tre anni di combattimenti, solo qui persero la vita più di 14.000 soldati.

Improvvisamente un raggio di luce squarcia le nuvole proprio davanti alle Tre Cime.

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Ancora frastornati da quelle voci, raccogliamo i nostri pensieri e cominciamo la discesa sul sentiero 6 che scende verso la valle di Rinbianco

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Il sentiero è molto impegnativo e dobbiamo ritrovare la giusta concentrazione

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Il primo tratto in falsopiano è molto esposto

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Si arriva poi ad un punto panoramico

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E si comincia a scendere decisamente

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Lungo la discesa troviamo altre testimonianze della Grande guerra

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Il sentiero è impegnativo ma molto divertente

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E verso la fine si addolcisce

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Guadiamo il rio di Rinbianco e proseguiamo sul bel sentiero 103 verso la valle della Rienza.

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Dariuz mostra la sua abilità in un paio di passaggi tecnici e umidi

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Arriviamo alla valle della Rienza e sulla veloce sterrata torniamo al lago di Landro.

Splendido giro, sentiero impegnativo e divertente,  panorami superbi, ma il nostro pensiero va ancora a quegli anni assurdi nei quali, solo sul monte Piana, 14000 ragazzi donarono la vita alla Patria.

 

Foto di Dariuz e nonnocarb

 

L’itinerario: http://itinerari.mtb-forum.it/tours/view/6512

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