Canto II: Ad perpetuam rei memoriam

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Nel canto I i crociati Guglielmo “Imbriaego” Testadimaglio e Goffredo Buglione si sono incarnati nei malcapitati Sergio e Mauro, durante la consueta pedalata al Tracciolino. Vogliono impadronirsi dell’antica fama e del sacro Graal, nascosto, secondo la leggenda, nel cuore della Val Codera. Potete già dedicarvi al seguente canto, ma se vi sono sfuggite le medievali e folli peripezie dei nostri eroi, io vi consiglio di non perdervelo!

Si svegliano madidi di sudore e sconcerto in una stanza sconosciuta all’interno della locanda di Codera. Sui loro corpi e teste, come gradoni, sono scese centinaia di bici e sul petto poggia la loro (im)probabile lettura serale, la Bibbia. Si guardano increduli, una volta alzati dal sacro suolo in boxer, con al loro fianco i letti intatti e un catino pieno di pipì.

Sembrano trascorsi molti secoli dall’ultimo ricordo, la pedalata al Tracciolino.
La locandiera e lo shock li prendono a braccetto:
“Prego, Guglielmo, Goffredo, la colazione è servita! Scegliete il tavolo che più vi garba. Ieri è stata una memorabile serata…”
Mauro pensa di essersi ubriacato al punto di aver perso il senno e teme il momento in cui dovrà fare i conti con l’iraconda Ale Di Pezza. A preoccupare Sergio, che ha più margine per evitare diverbi, è il sovrannaturale di cui si imbeve tutta la vicenda.

Ma cosa è successo? Lascio che i nuovi protagonisti si arrovellino nei loro turbamenti. Da narratore esterno mi diverte lasciarli così, torvi e aggrondati, mentre a voi concedo qualche verità.
Nella sera precedente Guglielmo e Goffredo, prima di rinunciare all’impresa e concedersi un pasto dopo centinaia di anni, hanno pedalato all’impazzata per ogni via del paese. Il Sacro Graal era proprio lì, a pochi centimetri dalle loro ruote implacabili e alla realizzazione del loro progetto…

Al momento dell’addio, Guglielmo e Goffredo pensano che la libertà ritrovata sui sentieri ha travalicato in bellezza i loro sogni, colmi di gloria e privi di felicità.

La serata trascorsa alla locanda, tra brindisi, discorsi fuori da ogni mondo, terreno e ultraterreno, sorrisi e risate, è stata una dedica di amore ai piaceri della vita.

Di tutto questo i poveri malcapitati hanno ereditato solo la stanchezza. Presto la visione di qualcosa scatena ciò che succede al magnete vicino al ferro, all’elettrone quando incontra un positrone e ad un ubriacone davanti ad una bottiglia di vino.

Eccole! Le loro bici!

Basta poco per non farsi più domande, anche quando dal cielo piovono insieme gocce d’acqua e raggi di luce…

…anche quando sulla facciata della chiesa qualcuno da molto lontano ha scritto per loro:

Ciò che fummo noi un dì voi siete adesso. Chi si scorda di noi, scorda se stesso.”

Vengono sopraffatti dal desiderio di avventura, più impellente dei pensieri.

La meravigliosa via che da Codera porta a Novate è molto impegnativa e mette a dura prova anche i biker più esperti, sia in discesa…

…che negli sporadici tratti di risalita.

Una pausa è dunque irrinunciabile per chi vuole godersi la bellezza del lago…

…e per chi desidera tornare bambino a cavallo di un trattore.

In una tela perfetta, su cui i monti e il lago si sono lasciati dipingere per donare a un luogo la sua migliore rappresentazione, Mauro e Sergio scendono in sella guidati dall’adrenalina e colmi della pace che questo angolo di mondo è in grado di offrire in una splendida giornata di marzo.

Li raggiungo al loro arrivo. Con stupore di Mauro non chiedo alcuna spiegazione per un silenzio lungo due giorni. Sarebbero loro ad averne bisogno, ma so che non potrebbero mai credermi.

Ho con me qualcosa che sa spiegarsi più di mille parole. Lo scaglio davanti a me, con tutta la mia forza, più lontano che posso e attendo pochi istanti prima che l’acqua lo inghiotta con il suo segreto.

Ogni leggenda conserva la sua aura fascinosa se non è svelata in ogni sua verità e se continua ad essere raccontata con la complicità di chi vuole renderla eterna.

E fu così che il lago e la sua pace divennero la nuova dimora di una leggenda che ha più anni del tempo.

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