Canyon Strive con Shape Shifter: prime impressioni di riding

Dopo la presentazione ufficiale, Canyon ci ha messo a disposizione una serie di bici da poter provare sui sentieri. La curiosità era molta: questo Shape Shifter funziona davvero? La differenza tra XC e DH mode è realmente percepibile? Ed il passaggio tra le due modalità è semplice o macchinoso? Sono tutte domande a cui abbiamo cercato di dar risposta.

Le bici testate

Il parco bici test era piuttosto ampio ed erano disponibili diversi allestimenti, alcune con geometria standard ed altre con geometria Race.



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Il primo giorno abbiamo provato una bici con allestimento personalizzato, una piccola variante della Strive CF 8.0. In realtà l’allestimento della bici era proprio quella della CF 8.0, ma il telaio e l’ammortizzatore posteriore della sorella maggiore 9.0. Di fatto insomma la bici montava il Monarch Plus con DebonAir a posto del Cane Creek Inline.

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L’allestimento prevedeva la Fox 36 RC2 davanti, ruote DT Spline 1501 e trasmissione mista Race Face Shimano XT 2×10. Un tipico montaggio di medio-alto livello, perfetto chi usa la bici la domenica con gli amici, senza particolari velleità agonistica.

La geometria della bici era la standard, il telaio in taglia L.

La prova è stata fatta su una serie di sentieri naturali molto enduro. Tratti veloci, stretti tornanti a gomito. Insomma, si tratta di quello che può essere un tipico sentiero di un giro all mountain nelle alpi.

02Il secondo giorno abbiamo invece avuto modo di provare la Strive CF 9.0 Race. In questo caso l’allestimento era completamente di serie, nessuna particolare variazione se non la sella in carbonio.

L’allestimento della 9.0 è più race. Gruppo Sram X01 1×11 con corona da 34, forcella Rock Shox Pike da 160mm e freni Sram Guide RSC. Le ruote erano una coppia di Rail 50.

In questo caso la bici adotta la Race Geometry, la taglia sempre una L.

La prova del secondo giorno è stata invece svolta con una simulazione di gara. I ragazzi di Canyon si sono messi all’inizio di un paio di discese che simulavano due prove speciali prendendo i tempi. Si trattava di singletrack piuttosto lunghi e vari, immersi in mezzo ad una stupenda pineta. Non abbiamo provato, quindi correvamo a vista, ma è stata comunque un’ottima simulazione di una gara enduro, anche perchè non ci siamo certo risparmiati. I sentieri era piuttosto vari, ad alcuni tratti guidati si alternavano infiniti rock garden e tappeti di radici rese viscide dalla pioggia. Scendere a vista ed a tutta velocità non era impresa facile.

Impressioni di riding

Aiutati dai meccanici e dai rider del team di Canyon, prepariamo al meglio la bici per le nostre esigenze. Su consiglio di Fabien Barel imposto il sag posteriore al 25% con sospensione in DH mode. Fabien mi dice che quello è secondo lui il setup ottimale, ed effettivamente non sentirò mai il bisogno di modificare la pressione dell’ammortizzatore.

L’esperienza del rider francese è impressionante: solo comprimendo a mano le sospensioni (purtroppo è ancora infortunato alla schiena e non può salire in bici), riesce a regolare alla perfezione ritorno, compressione e sag. Impressionante!

Eliminati tutti gli spessori da sotto il manubrio (sono abituato ad un’impostazione piuttosto race della bici, con manubrio basso), settata la Float 36 a 70 psi sono pronto a partire.

Lo Shape Shifter

Una volta settate le bici, Fabien ci spiega come far funzionare lo Shape Shifter. Ci spiega che bisogna prendere un attimo confidenza con il sistema e capire come funziona. In realtà il tutto è molto più semplice del previsto:

  • Per passare da XC a DH bisogna spostare il peso all’indietro, spingendo allo stesso tempo sui pedali. Il movimento è molto istintivo ed è lo stesso che si fa quando si vuole fare un piccolo manual.
  • Per passare da DH ad XC bisogna invece portare il peso in avanti. Basta alzarsi in piedi sui pedali, portare il busto un po’ in avanti e lo switch è immediato. Si può anche fare un piccolo bunny hop se si preferisce, oppure scaricare il peso dai pedali tirando verso l’alto con un piccolo saltello se il terreno lo consente.

Se all’inizio ero un po’ scettico sulla “macchinosità” dei movimenti, devo ammettere che non ci è voluto più di tanto a capire come passare da una modalità all’altra: è tutto piuttosto automatico e molto veloce, pressochè istantaneo.

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L’unica cosa a cui mi sono dovuto abituare è la posizione del comando del Reverb a destra. Essendo abituato ad avere il Reverb a sinistra, spesso facevo confusione tra i due remoti. Alcuni atleti del team Canyon preferiscono tenere sia il comando del Reverb che quello dello Shape Shifter sulla sinistra, in modo da attivarli simultaneamente. E’ una soluzione che ha sicuramente i suoi vantaggi per un uso race.

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A seconda della risposta che si vuole ottenere è possibile regolare la pressione della camera pneumatica in un range che varia da 12 a 15 bar. Più pressione c’è più è facile il passaggio da DH ad XC, visto che la spinta è maggiore e c’è più forza che tende a raddrizzare la biella. Di contro serve un movimento più deciso per passare in DH mode. Personalmente mi sono trovato bene con la pressione di 15bar, visto che il passaggio in modalità DH è il più semplice ed immeg.

In salita

Come sempre prima di ogni discesa c’è una bella salita, quindi abbiamo subito avuto modo di provare la modalità XC. Il sentiero era ricco di tornantini a salire e prevedeva alcuni tratti tecnici con radici e pietre alternati a tratti più scorrevoli.

Cominciamo con una premessa: essendo l’ammortizzatore standard, vengono mantenute le tre modalità della compressione del Monarch Plus: tutto aperto, gate e semi blocco. Con le due modalità dello Shape Shifter è quindi possibile selezionare 6 diverse impostazioni. Viene però da sé che salire con l’ammortizzatore bloccato in modalità DH ha poco senso, quindi di fatto le configurazioni che ha senso utilizzare sono 4:

  • DH, ammortizzatore tutto aperto: l’assetto ideale per la discesa.
  • XC, ammortizzatore tutto aperto: ideale per le salite tecniche su sentiero o su fondo irregolare
  • XC,  ammortizzatore su gate: ideale per salite su strade bianche o sterrati particolarmente lisci
  • XC,  ammortizzatore su blocco: ideale per salite su asfalto

Tralasciando la possibilità di bloccare l’ammortizzatore, ci siamo concentrati prevalentemente sulla differenza tra le modalità XC e DH, girando praticamente sempre con ammortizzatore tutto aperto.

Copyright: Markus Greber

Dobbiamo essere sinceri: la differenza tra le due modalità si percepisce, eccome! La prima cosa che salta all’occhio, specialmente sulle salite tecniche, è la maggiore altezza da terra. A differenza della maggior parte delle enduro moderne da 27,5″ con la Strive non si zappa più per terra con le pedivelle. Questo si traduce in un indubbio vantaggio sulle salite tecniche, situazione in cui la Strive ci ha notevolmente colpito.

Anche la curva di compressione più progressiva e la corsa limitata fanno il loro lavoro. L’efficienza di pedalata migliora moltissimo, trasformando la bici in una trail bike a tutti gli effetti.

Abbiamo poi provato ad affrontare i tornanti sia in modalità DH che in modalità XC e ci siamo subito resi conto che anche le geometrie con angoli più chiusi svolgono un ruolo di primaria importanza. Se in modalità DH dovevamo portare drasticamente il peso in avanti per non far scappare la ruota anteriore, in modalità XC ci bastava tenere il peso centrale e continuare a pedalare normalmente.

Insomma, appare piuttosto evidente dalla prova sul campo: la differenza tra le due modalità c’è e si sente ed oggettivamente, in modalità XC, la Strive sale molto meglio di molte altre enduro sue concorrenti.

In discesa

Copyright: Markus Greber

C’è poco da dire: una bici da enduro in discesa deve andare bene, altrimenti non è una buona bici da enduro. Nell’enduro quello che conta è la discesa, quindi la bici dev’essere prima di tutto performante in quest’ambito.

Passando in modalità DH la natura della Strive cambia. La sospensione posteriore diventa estremamente plush all’inizio, con un’ottima sensibilità iniziale ed un’elevata capacità di assorbimento dei piccoli colpi. Merito del Monarch Plus con DebonAir sicuramente, ma merito anche della cinematica della sospensione, regressiva nella prima parte.

Ad un’elevata sensibilità iniziale segue poi una più marcata progressività. Non abbiamo provato la bici tanto a lungo da poter emettere un giudizio esaustivo, ma le prime impressioni sono di una bici che da un lato assorbe bene i grossi ostacoli, dall’altro però non si insacca e scorre bene anche sullo scassato.

Race Geometry vs Standard Geometry

Avendo avuto modo di provarle entrambe, abbiamo potuto constatare che l’assetto delle due versione è notevolmente diverso.

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La Standard Geometry è sicuramente più compatta. La bici è più corta, gira molto bene nello stretto, sia in salita che in discesa. Grazie al generoso angolo sterzo di circa 66° (forse anche qualcosina in più grazie alla Fox 36 da 170) la stabilità sul veloce è buona, ma non eccellente.

La Race Geometry invece da il suo meglio alle alte velocità. L’abbiamo usata in una simulazione di gara, su percorsi scassati affrontati a tutta per di più alla cieca, prendendo certe volte delle linee azzardate in mezzo a radici e massi grossi come palle da calcio. Quello che stupisce della Race Geometry è infatti la stabilità: la bici sul veloce è un missile, non si muove di un centimetro. Punti una direzione e lei la tiene, devi solo mollare i freni. Sembra impossibile ribaltarsi, anche quando si incontrano ostacoli di medio-grossa entità o tratti di sentiero particolarmente ripidi.

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C’è però da dire una cosa: bisogna tenere sempre una guida molto aggressiva. Se arretri sei finito, l’avantreno si scarica e va dove vuole lui. Gomiti larghi e spalle sempre basse insomma, anche sui ripidi o sullo scassato. Il curva bisogna buttare dentro la bici con decisione per farla girare bene. Lei non tradisce, ma ti devi fidare.

Insomma se la Strive con Standard Geometry è una bici piuttosto facile da guidare, che trasmette subito confidenza anche se non sei un rider particolarmente smaliziato, la Race Geometry richiede una guida molto aggressiva, molto “race”. Se sei uno a cui piace andare forte e tenere i gomiti larghi la apprezzi, sei sei uno insicuro che magari sta troppo appeso ai freni la odi. Poco da fare.

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Personalmente sceglierei la Race Geometry, ma questo perchè sono un rider dalla guida aggressiva. Per il classico weekend warrior o per il rider di medio livello sicuramente la Standard Geometry è più adatta.

Action ph by: Markus Greber

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