di Daniel Naftali
La mountain bike è anche esplorazione, ricerca di nuovi percorsi e la cartina è da sempre uno strumento indispensabile per chi si avventura in montagna od in mezzo ai boschi. Saperla usare correttamente è quindi fondamentale per evitare di perdersi e passare brutti momenti in mezzo a territori spesso selvaggi o poco frequentati.
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Nell’epoca dei GPS e dei sistemi di navigazione elettronici, ad alcuni può sembrare anacronistico utilizzare la vecchia ed obsoleta cartina: ormai esistono gps cartografici talmente facili da usare che anche un bambino riuscirebbe a non perdersi. E’ vero, i moderni GPS sono veramente comodi ed utili, ma sono sempre dei dispositivi elettronici e come tali soggetti a malfunzionamenti e rotture. Immaginiamo una banale caduta in cui rompiamo il display del nostro GPS: come facciamo ad orientarci? Gli inconvenienti possono essere molteplici: la batteria che si scarica, un temporale che mette ko il nostro navigatore, un improvviso malfunzionamento elettronico. Per questo motivo la vecchia cartina, magari scomoda da usare, è uno strumento di orientamento fondamentale, che non deve mancare mai nel nostro zaino quando andiamo ad esplorare nuovi sentieri.
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Non dimentichiamoci poi di una cosa: la cartina è in grado di fornire una visione d’insieme che nessuna cartografia digitale è in grado di offrire. Una cartina aperta su di un tavolo permette infatti di visualizzare una vasta porzione di territorio tutta insieme, facilitando la visualizzazione di sentieri e dei percorsi di raccordo, nonché dell’andamento altimetrico del territorio nel suo complesso. Anche in fase di pianificazione è quindi una valida alleata!
Per questi motivi abbiamo pensato di dedicare due articoli all’argomento cartografia, proprio perché chiunque si muova in montagna o in mezzo alla natura, dovrebbe avere con se (ed essere in grado di leggere ed usare) una cartina. Nell’articolo di oggi ci occuperemo di aspetti un po’ più teorici legati alle convenzioni ed alla rappresentazione del territorio, mentre la settimana prossima vedremo la parte più pratica.
Che la terra non sia piatta è un concetto ormai noto da secoli, ma solo negli ultimi anni, grazie alle missioni spaziali, abbiamo potuto avere la conferma visiva di quanto fino ad ora si era solo ipotizzato.
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Le immagini della terra vista dallo spazio mettono in evidenza come il nostro pianeta abbia una forma sferoidale, per la precisione un ellissoide, ovvero una sfera schiacciata sui poli e più larga all’equatore, per effetto della forza centrifuga della rotazione terrestre.
Sfera o ellissoide che sia, comunque c’è un grosso problema: la superficie terrestre non si può sviluppare su di un piano senza introdurre delle deformazioni che riguardino gli angoli tra due punti, le distanze o le aree.
Per rappresentare la superficie terrestre su di un piano si utilizzano delle proiezioni, che possono essere di vario tipo: cilindriche, coniche o azimutali. Quelle che a noi interessano sono le proiezioni cilindriche:
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Proiezioni cilindriche: con delle linee ortogonali alla superficie di proiezione (il bordo del cilindro) si intercettano i vari punti sulla superficie terrestre e si riportano sulla superficie di proiezione che sviluppata in piano costituirà la nostra rappresentazione cartografica.
Che possono essere di vario tipo: normali, trasverse o oblique. Nel caso della cartografia di nostro interesse le proiezioni sono sempre trasverse, ovvero il cilindro su cui si proiettano i punti è posizionato orizzontalmente, ovvero interseca la superficie terrestre su di un meridiano (non è proprio così, in teoria nella Gauss Boaga il cilindro è secante, ma concettualmente cambia poco). Il risultato di questa proiezione è interessante:
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In corrispondenza meridiano di intersezione con il cilindro, la rappresentazione è molto fedele alla realtà. Gli angoli rimangono invariati (notare l’ortogonalità tra meridiani e paralleli), mentre le distanze e le aree subiscono piccole deformazioni. Man mano che ci si allontana dal meridiano principale però la deformazione aumenta, diventando eccessiva dopo ca 3° a destra ed a sinistra del meridiano principale. Un bel problema…
La soluzione? Semplice, scegliamo 60 meridiani diversi e dividiamo la terra in fusi. Effettuiamo 60 proiezioni, ruotando ogni volta la terra di 6° e rappresentato ogni volta solo la porzione di superficie compresa tra i +-3° rispetto al meridiano principale: otteniamo la proiezione UTM (Universale Trasversa di Mercatore):
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Rappresentazione della Terra in fusi, naturalmente nella proiezione UTM i fusi sono di più, 60 per la precisione, ma sarebbero stati troppi da rappresentare in un’unica immagine.
Il sistema UTM si rivela quindi ottimo per rappresentare piccole porzioni di territorio, proprio perché mantiene inalterati gli angoli, mentre distanze e superfici rimangono pressoché in deformate. Ovviamente non si tratta di una proiezioni adatta a vaste porzioni di territorio che ricadono in fusi diversi.
Da un punto di vista pratico, essendo la deformazione compresa tra dei limiti piuttosto piccoli, potremo quindi trascurare la deformazione quando utilizzeremo la nostra cartina.
Superato il problema della rappresentazione piana, resta però il problema che il territorio non è assolutamente piatto, soprattutto nell’ambiente in cui pratichiamo il nostro sport, generalmente colline e montagne. Come rappresentare quindi i rilievi su di una superficie piana come quella di un foglio?
Il sistema utilizzato in cartografia per rappresentare i rilievi prevede l’utilizzo delle curve di livello, anche dette isoipse.
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Concettualmente il sistema di rappresentazione è piuttosto semplice. Si tracciano idealmente dei piani orizzontali ad intervalli costanti (25, 50 o 100m). Nel disegno abbiamo tracciato i piani ogni 100m, ad esempio.
Tracciati i piani, si va a vedere dove questi piani intersecano il terreno, tracciando una linea che corrisponde all’intersezione del piano con il terreno. A questo punto si proietta la linea sulla superficie di riferimento, la stessa su cui sono stati proiettati i punti caratteristici e che costituisce la base della nostra cartina.
Il risultato sulla cartografia è il seguente:
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Da sottolineare che più le isoipse sono vicine, maggiore è la pendenza del versante mentre più le isoipse sono lontane più la pendenza si fa dolce. La rappresentazione è schematica, ma ad un occhio esperto è in grado di fornire moltissime informazioni mantenendo quella schematicità fondamentale per una rappresentazione cartografica.
Le curve di livello, come vedremo meglio nel prossimo articolo, sono quindi di fondamentale importanza per chi si muove a piedi o in bici: oltre a permettere di stabilire con sufficiente precisione l’andamento altimetrico del percorso, permettono di determinare, con una buona approssimazione, la quota altimetrica di ogni punto sulla mappa, come può essere un bivio.
Per ovvie ragioni, la rappresentazione cartografica non può mantenere le misure reali ma deve essere ridotta, secondo un fattore di scala.
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Il concetto di scala cartografica credo sia noto a tutti, ma se ci fosse qualche dubbio vediamo di capire brevemente che cosa significano i numeri. Un rapporto 1:25.000 significa che la rappresentazione è stata ridotta di 25.000 volte. Che cosa significa in pratica? Semplice, ogni centimetro misurato sulla carta, corrisponde a 25.000 nella realtà.
Facciamo un esempio pratico: misurando la distanza tra due punti (due paesi, ad esempio), rileviamo 5cm. Per ottenere la distanza reale facciamo una semplice moltiplicazione, moltiplicando la distanza sulla carta per il fattore di scala: 5 x 25000 = 125000cm = 1,25km
Abbiamo detto che in un carta topografica la rappresentazione del territorio è ridotta secondo un fattore di scala e per forza di cose sarà quindi necessario generalizzare la rappresentazione, con due distinte operazioni:
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Un esempio di generalizzazione si ha sulle cartine stradali. Come si nota sono stati riportati solamente i centri abitati principali, omettendo borgate e piccoli paesi (selezione) mentre i tracciati delle strade sono stati resi più semplici, senza riportare ogni singola curva (semplificazione).
Il processo di generalizzazione della rappresentazione dipende essenzialmente dalla scala della cartografia: più la scala è piccola, più la rappresentazione sarà dettagliata e viceversa a scale maggiori corrisponderanno rappresentazioni più generalizzate.
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Facciamo un rapido confronto tra due carte: una 1:25.000 (sopra) ed una 1:50.000 (sotto). Come possiamo vedere nella carta superiore sono riportati moltissimi dettagli: i confini dei campi, tralicci elettrici, tutta la viabilità, anche quella secondaria e tutti i sentieri. Nella cartografia 1:50.000 vediamo che tutti questi particolari non ci sono: sono solo riportati i sentieri più importanti e le strade principali. Osserviamo poi il tracciato di strade e soprattutto dei sentieri: nell’1:25.000 il percorso è riportato fedelmente con tutte le curve, anche quelle più piccole. Nell’1:50.000 i sentieri sono riportati in maniera più approssimativa, più schematica.
E’ quindi evidente che la cartografia a scala più piccola è in grado di fornirci molte più informazioni sul territorio. Tutti gli elementi ed i dettagli riportati permettono infatti di avere più punti di riferimento e di orientarsi meglio. In compenso però la porzione di territorio coperta dalla scala 1:25.000 è la metà dell’1:50.000.
La qualità di una cartina però non si limita alla scala. Molto conta come è stata realizzata la cartografia, con che precisione e soprattutto quando. Ci possono essere infatti pessime cartine 1:25.000 che sono peggio di alcune nuove 1:50.000 molto ben fatte.
In linea generale è però sempre meglio portare con se le cartine più dettagliate che si hanno a disposizione: maggiore è il dettaglio, minore è la facilità di perdersi.
Oltre ad essere ridotta e generalizzata, la rappresentazione cartografica è anche schematica. Il fatto di utilizzare simboli e segni convenzionali è infatti di fondamentale importanza per ottenere una rappresentazione chiara, univoca, di facile lettura e rapida da utilizzare.
Sebbene ci sia una certa uniformità tra i vari segni convenzionali, ogni cartografo può utilizzare simboli e disegni differenti. Per questo motivo ogni carta riporta la legenda:
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Oltre a permetterci di capire a che cosa corrispondono i vari simboli, la legenda ci fornisce un’informazione fondamentale: l’equidistanza delle curve di livello, ovvero quant’è il dislivello tra una curva e l’altra. Vedremo la settimana prossima perché è così importante questo valore.
Per oggi abbiamo finito, appuntamento alla settimana prossima con la seconda parte, quella più pratica in cui cercheremo di capire i trucchi ed i segreti per utilizzare al meglio la nostra cartina.
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