Diretur vs nonnocarb: le sfide impossibili?

Sono già due ore che sto salendo nella neve alta quasi un metro. Ciaspole ai piedi e bici in spalla. Intorno a me solo una fitta nevicata, il bianco della neve e la fitta nebbia. Sono solo nel white out. Solo una stretta scia creata dagli sci alpinisti passati nei giorni scorsi mi aiuta a trovare la via verso la cima. Sono partito da Prato Piazza, a 1980 metri e sto salendo verso il Picco di Vallandro, 2839 metri. E’ il 4 di gennaio e alla partenza la temperatura era anche gradevole, non più di 5-6 gradi sottozero. Arrivato intorno ai 2600 metri è però cominciato il vento, prima leggero e poi sempre più sostenuto. Guardo il gps, sono quasi a 2700 metri e il vento adesso è forte e gelido. Sono solo con i miei pensieri. Ma cosa ci faccio qui nella neve fresca con una mountain bike in spalla? E proprio oggi che neanche gli sci alpinisti osano avventurarsi da queste parti!

Tutto ha inizio un anno fa, durante il concorso di mtb-forum per la foto più bella dell’anno. La mia foto (anzi autoscatto) sul Picco di Vallandro

[img]http://fotoalbum.mtb-forum.it/image.php?id=182230&s=800&uid=1523[/img]

si è piazzata al secondo posto e nel coro dei tanti commenti positivi si è inserito il diretur con una frase provocatoria: “La prossima voglio vedere un autoscatto di nonnocarb in cima al Picco di Vallandro in inverno, nudo sulla neve!”

Al momento mi sono fatto una risata e tutto è finito li, però il diretur dovrebbe sapere che lanciare una sfida al nonno, per quanto sembri impossibile realizzarla, è una partita persa in partenza. Era già successo qualche anno fa, dopo il mio giro del Similaun da Merano, 130 km e 4250 metri di dislivello in un giorno

http://www.mtb-forum.it/community/forum/showthread.php?t=74186

Il diretur si era complimentato per la mia impresa, ma nello stesso tempo mi aveva provocato, dicendo che al giro completo mancava il passo ghiacciato

http://www.mtb-forum.it/community/forum/showpost.php?p=1445230&postcount=13

Visto che quella sfida mi ispirava, l’anno dopo ho portato a termine il giro completo del Similaun, 115 km e 5000 metri di dislivello in un giorno fatti con la nitrous da 170 per 17kg.

http://www.mtb-forum.it/community/forum/showthread.php?t=103738

Ecco che ora il diretur ci ricasca e lancia questa sfida, non si sa poi quanto casualmente! O forse sono io che ci casco come un pollo, ma la sfida mi piace, specialmente quella con me stesso. Fino a dove può arrivare il mio corpo? Qual è il punto limite oltre al quale non è possibile accettare ulteriori carichi? L’istinto, la testa, da cosa vengono prese certe decisioni? Mi sono messo alla prova numerose volte durante l’estate, adesso sentivo il bisogno di mettere alla prova le mie capacità anche d’inverno, avvicinandomi ad un mio ulteriore limite. La prima invernale in bici sul Picco di Vallandro! Ammetto che il pensiero solletica anche il mio ego.

Eccomi allora che salgo nel white out assoluto.

Da minuti, no da ore mi muovo come in un sogno. La sensazione di avere già visto, di avere già vissuto tutto, di conoscere l’esito, mi da una quiete profonda.

In queste condizioni la cosa più importante è concentrarsi per cancellare passato e futuro e vivere solo il presente, l’essere in movimento in quell’attimo. Senza la nozione del tempo, come su un altro pianeta.

Arrivo a 2800 metri e riconosco il posto dove ho scattato la foto per il concorso, anche se è naturalmente completamente diverso. Vorrei fare la foto nello stesso punto ma adesso è impossibile. La temperatura intorno ai meno 10 gradi, ma specialmente il gelido vento con raffiche a 60 km/h me lo impediscono. Raccogliendo le ultime forze salgo fino all’antecima del Picco di Vallandro.  Qui ho l’unica occasione di un minimo riparo, il vento riesce comunque ad aggirare la roccia ma viene almeno parzialmente frenato. Appoggio la bici sulla neve, adesso devo organizzarmi perfettamente perché con queste temperature non ho più di un paio di minuti per scattare la foto e rivestirmi più in fretta possibile. Preparo la macchina sul mini cavalletto, la posiziono sull’ unico punto possibile, imposto l’autoscatto, mi spoglio, conto e…..all’otto il vento ribalta la macchina! Ma porc…ci voleva anche questa! Ripeto in fretta (visto che sono nudo) l’operazione e questa volta ecco lo scatto!

Recupero il tutto, controllo che la foto sia venuta e quando vedo che è perlomeno decente butto tutto nello zaino e comincio a vestirmi con le maglie asciutte. Devo fare in fretta perché sto perdendo la sensibilità alle dita. Rimetto i vestiti bagnati nello zaino, chiudo tutto, vorrei bere almeno un paio di sorsi di the caldo che mi sono portato nel thermos ma non ci riesco perché  ormai non sento più le dita. Mi infilo lo zaino e finalmente indosso i guanti invernali che mi sono portato dietro. Adesso non mi resta che aspettare che ritorni la sensibilità alle mani. In qualche minuto sono a posto e posso cominciare la discesa. Ma scendere dove? Non si vede niente e posso solo affidarmi al mio senso di orientamento, ho conosciuto la montagna d’estate e so che se si scende dalla parte giusta pericoli non ce ne sono.

http://www.mtb-mag.com/il-segreto-delleterna-gioventu-alba-al-picco-di-vallandro/

Il forte vento ha creato una bella crosta sulla neve e riesco a stare in sella per un po’ di tempo, poi sprofondo in neve fresca e devo spingere. A quota 2600 il vento diminuisce d’intensità e per fortuna ritrovo le tracce degli sci. In qualche punto, dove la traccia è ben battuta, riesco a procedere in sella, ma non è per niente facile. Ad ogni modo, un po’ spingendo e un po’ scivolando, perdo quota e arrivo a vedere i primi alberi in lontananza. Adesso la traccia che ho seguito in salita è piuttosto battuta e riesco a seguirla meglio anche in sella, anche se la neve fresca che sta cadendo copiosa rischia di cancellare le tracce. Ecco il cartello che mi avvisa che la direzione per il rifugio è quella giusta, ormai manca poco e riesco anche a godermi l’ultimo tratto di discesa nel bosco. Si dice che sia l’emissione di endorfine prodotte dalle albumine corporee, con la funzione di lenire il dolore, a infondere quella sensazione di felicità, dalla quale si può diventare dipendenti. E in un certo senso, in questi anni passati in bici in montagna, sono diventato dipendente anche io: “montagna dipendente” o “malato di montagna” come dice Hans Kammerlander.

La sfida contro il diretur è vinta anche questa volta!

(ma che fatica, adesso basta però! 😉 )

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