Discesa su terreno soffice

Qualunque biker con una certa esperienza si è trovato ad affrontare questo tipo di terreno. Qualche volta, come nel caso di sottobosco vergine, può essere una goduria, altre, come nel caso di falesie di natura sabbiosa può diventare una bella trappola che ci fa rischiare il cappottone. Ci tengo a precisare che questo articolo vale per il terreno morbido asciutto (al max umido nel sottobosco). Le seguenti tecniche non valgono per terreno fangoso che ha comportamenti diversi.

Analisi terreno.

Per prima cosa dovremo andare a capire quanto il nostro terreno cederà sotto le nostre ruote. Più questo avverà, maggiore sarà il rischio di vederci bloccato l’anteriore con conseguente cappottone in avanti. Dobbiamo anche considerare però che maggiore sarà il nostro affondamento e maggiore potrà essere l’appoggio laterale che riusciremo ad avere in curva. Dobbiamo quindi cercare di trarre vantaggio da quello che può sembrare uno svantaggio. Se il terreno invece risulta morbido in superficie e duro sotto (come in foto) saremo in una situazione in cui l’impuntamento risulta meno rischioso ma, a causa dello scorrimento delle varie zone del terreno l’una sull’altra, non potremo affidarci ad un eventuale appoggio naturale in curva. Infine esiste anche la situazione opposta a quella appena descritta, crosta sopra e morbido sotto. In questo caso se la crosta è abbastanza spessa da sostenerci siamo su terreno duro e dovremo guidare in quel modo. Se la crosta invece non riesce a sostenerci possiamo attuare una guida in tutto e per tutto simile al terreno completamente morbido. Nell’articolo parleremo di terreno 1 per indicare un terreno completamente morbido (o con crosta), terreno 2 sarà invece l’acronimo per il terreno con base dura.

Terreno 1

Il terreno 1 richiederà una guida più cauta ad alte velocità, permettendo però curve in buona sicurezza. Questo significa che dovremo andare a scegliere sempre la linea più pulita, senza ostacoli o eventuali salti che possano aumentare il rischio che l’anteriore venga inglobato dal terreno e che noi si finisca “over the bar”, per dirla in modo internazionale. Sarà inoltre fondamentale che le curve siano ad ampio raggio. Se è infatti vero che l’affondamento nel morbido ci permette di scavare delle nostre personali paraboliche che ci aiuteranno in curva, è anche vero che non saranno appoggi stabili, ma saranno al contrario cedevoli e provvisori. Sarà quindi normale sentire una sensazione di traslazione laterale delle ruote, più che di parabolica. In pratica è come se stessimo creando una piccola parabolica che poi si può distruggere sotto il carico delle nostre ruote, che ne creano comunque subito una nuova… e così via. Poiché è proprio il carico delle ruote a generare questi appoggi provvisori sarà fondamentale gestirlo in modo corretto. Sarà cioè fondamentale far sì che le ruote, durante la curva, sprofondino in modo omogeneo e non che vi siano variazioni di carico repentine che facciano uscire una ruota o la facciano sprofondare troppo. Nel primo caso infatti il galleggiamento provocato, non darebbe modo alla gomma di creare un solco abbastanza profondo da essere utilizzato come appoggio. Nel secondo avremo grip ma anche rallentamento. In pratica nel primo caso, se siamo in curva, la ruota scivola via, nel secondo abbiamo invece una grossa frenata. Se questa è generata all’anteriore è chiaro che aumenta drasticamente il rischio di ribaltarsi oltre il manubrio.

Abbiamo capito quindi che la distribuzione dei pesi sarà fondamentale. Visto il rallentamento intrinseco del terreno, che come detto si comporta da freno, dovremo avere una posizione base leggerissimamente più arretrata di quella che useremmo su terreno duro. Più sarà molle e avvolgente il terreno e più questo “freno” sarà evidente, costringendoci ad arretrare. Per capirci su una normale terra mista argillosa e sabbiosa appena lavorata, ad esempio quella usata nei park per costruire sponde e salti, l’arretramento sarà minimo. Se ci troviamo su una duna di sabbia molto fine l’arretramento sarà già evidente. Nello stesso sarà fondamentale avere una guida “delicata” senza grossi spostamenti di carico avanti-indietro o variazioni totali di carico come ad esempio salti o semplici spinte da parte nostra. Mentre si spinge la bici come si fa ad esempio in una compressione o per fare un bunny hop avremo una fase di caricamento in cui il carico sarà quello dato dal nostro peso, una fase di spinta in cui il carico su entrambe le ruote aumenterà per via dell’accelerazione che stiamo imponendo al sistema bici-rider. Una fase “aerea” o comunque di alleggerimento in cui il carico sulle ruote sarà nullo o comunque minore del nostro peso. Poi arriverà l’atterraggio in cui nuovamente avremo un carico maggiore del nostro peso per via delle forze generate con il terreno. Infine torneremo allo stato iniziale. É chiaro dunque come questo tipo di manovra vada ad inficiare in modo evidente quella stabilità precaria descritta prima. Una piccola nota. In realtà queste fasi appena descritte si potrebbero sfruttare su alcuni terreni (es sottobosco, si vedono ogni tanto nei video i rider “saltellare” durante la curva per ricercare il massimo grip nelle fasi di carico maggiore). É anche vero che aumenta il rischio di andare per terra così come la difficoltà della percorrenza di curva in modo esponenziale. In pratica io sto cercando di darvi una tecnica “sicura” per guidare al meglio.

Poi ci sono variazioni per cercare di rendere più efficace la guida ma bisogna valutare a quel punto caso per caso ed avere una enorme sensibilità per sentire i limiti propri e del mezzo. Per quanto riguarda le curve, argomento sul quale mi sono concentrato in modo particolare fino ad ora, l’ultimo consiglio che sento di darvi è di inclinare leggermente la bicicletta come per i terreni bagnati. In questo modo sappiamo che il carico sulle ruote sarà leggermente minore, ma la possibilità di recuperare la bici in caso di errore, di traslare con essa nel momento in cui perde aderenza o “sfonda le piccole paraboliche naturali”,sarà decisamente un’ottima ancora di salvezza. Infine un ultimo consiglio anche sul dritto o sui tratti più ripidi. Favorite se potete il freno posteriore. Visto che il terreno di per se tende a frenarci imporre una frenata violenta all’anteriore aumenta molto il rischio di impuntamento. Cercate quindi di dosare con grazia l’anteriore e concentrarvi di più sul posteriore (cercando di non bloccarlo per quanto possibile). Considerate inoltre che il posteriore qui fungerà da ancora, rendendo più difficoltosa la chiusura delle curve.

Terreno 2.

Qui la guida risulterà completamente diversa. Il terreno sarà più scivoloso e meno incline ad inglobare le nostre ruote. Se anche la prima parte morbida lascerà modo alle gomme di sprofondare, la seconda parte, dura, non permetterà di completare la creazione delle sopracitate “paraboliche naturali”. Inoltre, se anche riuscissimo a creare dei “binari” in cui appoggiare la gomma, è molto probabile che questi non abbiano base, aumentando esponenzialmente la probabilità che queste si sfondino traslando sul terreno compatto sottostante. Qui la guida dovrà necessariamente essere più avanzata, quasi come se fossimo su terreno compatto. Il duro non permetterà l’affossarsi totale della ruote e quindi il cappottamento. Inoltre tornerà ad essere fondamentale la direzionalità della ruota anteriore. Il continuo scivolamento (come fossimo sul bagnato) renderà meno precisa la guida e più difficoltoso chiudere le curve, soprattutto se strette. Ecco perchè sarà fondamentale attuare delle tattiche di difesa, come inclinare la bici per evitare di trovarsi con la spalla interna a terra, o allungare gli spazi di frenata andando ad agire in modo meno violento sugli stessi. La guida su questo terreno si avvicina molto alla guida su terreno viscido, con la differenza di avere una risposta meno improvvisa alle perdite di aderenza. Se sul viscido infatti si ha una situazione di grip ON-OFF, qui si ha una perdita più graduale che permette di avere un buon tempo di risposta o di forzare maggiormente la curva. Sul ripido sarà invece fondamentale non entrare nel panico in caso di perdita di aderenza dell’anteriore, situazioni purtroppo probabile in queste condizioni. Sarà necessario sfiorare anche qui l’anteriore forzando un po’ con il posteriore. Evitiamo però questa volta di arretrare più del dovuto. In questa fase infatti sarà importante continuare a caricare bene la ruota anteriore per evitare proprio che questa perda aderenza. É chiaro quindi che in questa situazione la possibilità di errore è davvero minima e dovremo acquisire una sensibilità pazzesca per riuscire a bilanciare al meglio il peso tra anteriore e posteriore, variando inoltre continuamente questa ripartizione al variare della pendenza, della eventuale frenata e della consistenza/profondità del terreno molle che stiamo affrontando.

Ingrediente segreto. Come capire su che tipo di terreno siamo.

Un ottimo metodo consiste nel cercare di affondare con violenza la ruota posteriore e bloccarla nel mentre. In pratica bloccate il freno posteriore qualche istante e nel mentre schiacciate forte la ruota posteriore, ad esempio con un movimento con il quale ricadete sulla sella violentemente. Non rimanete in quella posizione se non pochi istanti. Non serve cioè arare mezzo trail a capire la consistenza della terra ma basterà una prova di un istante, mezzo metro, la durata (se avete una full) nella quale l’ammortizzatore si comprime del tutto e inizia a riestendersi. Ovviamente si tratta di un sistema un po’ drastico ma spesso funzionale per darci delle informazioni fondamentali sul terreno e tarare la nostra guida in base ad esse.

 

Ricordo che sono ancora liberi dei posti nei corsi di guida di questa estate, gli RCM Camp 2013… inoltre a brevissimo ci saranno novità in fatto di date, di location e di format per venire incontro a tutti!

Jack

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