Nella sede di Specialized Italia abbiamo potuto fare qualche chiacchera con Mike Sinyard, fondatore e boss della casa americana della S rossa.
Mike Sinyard fa parte di quella generazione di personaggi che hanno rivoluzionato a modo loro il mercato in cui si sono impegnati, imponendo la loro visione e soprattutto il loro stile personale, alla stregua di Steve Jobs per Apple o Phil Knight per Nike.
Sinyard viene spesso citato tra i “padri fondatori” della mountainbike come oggi la conosciamo, ovvero il gruppo di pionieri che hanno cominciato a scendere dal Mount Tamalpais, nella mitica contea di Marin in California negli anni ’70, tra cui Tom Ritchey, Joe Breeze, Gary Fisher ed altri hall of famers della mountainbike.
Mike Sinyard non si è mai sentito parte integrante di questo gruppo, ma sicuramente proviene da quella cultura. Cultura che negli anni ’70 lo ha portato a girare in bici in Europa senza una meta precisa (da bravo figlio dei fiori Amsterdam però non l’ha mancata), finché una conoscenza fortuita l’ha introdotto ad una figura leggendaria del ciclismo: Cino Cinelli. L’incontro fa scattare la scintilla in Sinyard, che apprezza l’approccio “funzionalità e design” dei prodotti Cinelli e lo fa tornare così negli USA, dove vende il mitico van Volkswagen che ora troneggia nella sede di Morgan Hill, mette da parte la camicia a fiori ed inizia a fare l’importatore di prodotti europei di alta gamma: Campagnolo e Cinelli su tutti.
Poi una seconda intuizione geniale: proporre al mercato USA dei copertoncini di qualità, i Touring, andando a riempire il buco lasciato tra i costosi tubolari di alta gamma ed i copertoncini economici. Si rivolge all’oriente per produrli, con un’intuizione che anticipa il trend del mercato di almeno 30 anni. Ed è in Oriente, anzi, in Giappone, che conosce una realtà che si sposa a puntino con la sua personalità: l’amore per le cose ben fatte ed un certo minimalismo. Trovato il produttore non resta che concepire il prodotto. Rientra negli USA e contatta uno dei migliori telaisti del tempo, Jim Merz, da Portland. Dal connubio Sinyard-Merz nasce il primo modello di mountainbike industriale di successo, la Ford T della Mtb : La Stumpjumper. La prima MTB di buona qualità offerta a 750$, la metà di quello che proponeva il mercato allora. Un modello talmente importante da essere esposto allo Smithsonian Institution come costitutivo della cultura americana.
Jim Merz contribuirà anche alla nascita della prima Epic in carbonio con congiunzioni in titanio e della primissima Allez stradale.
Dopo il grande successo arrivano anche gli errori però, come il progetto Full Force, un brand low end proposto a basso prezzo nei grandi magazzini. Mossa che fa inviperire i dealers Specialized e porta l’azienda sul baratro della bancarotta. Sinyard inverte la rotta in modo deciso puntando solamente sulla media-alta gamma, facendo incetta di ingegneri, designer ed esperti marketing tra i migliori che riesce a trovare sul mercato.
La mossa funziona ed ora, 40 anni dopo, Specialized è quello che tutti conoscono.
Mike Sinyard è arrivato a Milano dopo una settimana passata a pedalare sulle Alpi, zona Cortina, in sella alla sua Roubaix. Alto, snello, faccia abbronzata, 60 anni portati molto bene. Diviso tra il suo ruolo di guida dell’azienda e le 10-12h settimanali di pedalate, sia on che off road.
MTB-Mag: Lei è un buon pedalatore e testa personalmente quasi tutto quello che producete. Cosa ne pensa dei cambi elettronici? In particolare nelle MTB?
Mike Sinyard: Penso che siano ok. Ho provato anche l’XTR DI2 e devo dire che funziona molto bene.
MTB-Mag: Ha una preferenza tra i vari brand di trasmissioni? Shimano, SRAM o Campagnolo per le bdc?
Mike Sinyard: (un po’ irrigidito e diplomatico) No, penso che ognuno abbia le sue caratteristiche, ma li uso tutti con soddisfazione.
MTB-Mag: E per quanto riguarda le guarniture ha preferenze? Mono, doppia?
Mike Sinyard: Personalmente preferisco la doppia. Ma il mio utilizzo è molto tranquillo in off-road. Mi piacciono le escursioni senza fretta.
MTB-Mag: E per quanto riguarda i formati delle ruote? Specialized sembrava un po’ in difficoltà tra 29″ e 27,5″…
Mike Sinyard: Noi crediamo molto nelle 29″, ma per utilizzi più gravity sono meglio le 27,5″. Le 27,5″ è chiaro che sostituiscono le 26″ che saranno relegate agli entry-level.
MTB-Mag: Chi è il cliente tipo di Specialized?
Mike Sinyard: Non penso ad un cliente tipo. Il mio unico scopo è fornire prodotti eccellenti che possano andare bene per i più esigenti. Se vanno bene a loro andranno bene a tutti.
MTB-Mag: Quindi Specialized non è un brand che veicola un’immagine particolare o si rivolge ad un target particolare?
Mike Sinyard: Capisco cosa vuoi dire, ma siamo più concentrati sulla funzione. Il design è qualcosa che viene assieme alla funzionalità e così l’immagine complessiva come conseguenza.
MTB-Mag: Qualcosa che forse ha preso da Cinelli con cui ha iniziato il suo business?
Mike Sinyard: Si, forse. Cino era una persona straordinaria, che sapeva come coniugare forma e funzione. In prodotti realizzati molto bene.
MTB-Mag: Riguardo i suoi inizi e gli sviluppi successivi qualcuno l’ha definita un “Hippie Capitalist“. Pensa che le si addica?
Mike Sinyard: (Sorride) Si, penso di si.
MTB-Mag: Specialized però ora non è un marchio a cui si associa molto la parola “hippie”, anzi è un brand considerato molto aggressivo. Cosa ne pensa?
Mike Sinyard: Si, lo siamo.
MTB-Mag: Però in certi casi, come quello recente di Café Roubaix, forse è stato un po’ eccessivo…
Mike Sinyard: Abbiamo commesso degli errori. Tutti commettiamo degli errori. Chi non lo fa? Penso che l’aggressività sia una buona cosa, ma anche una cattiva. Dipende da come la si usa. A volte è positiva a volte no.
MTB-Mag: Per positiva intende negli affari?
Mike Sinyard: Si. Io ho iniziato dal niente e tendo ad essere protettivo verso la mia azienda. Forse dipende da quello.
MTB-Mag: Non è abbastanza soddisfatto del proprio lavoro svolto? Intendo, abbastanza soddisfatto da allentare la pressione?
Mike Sinyard: No. Mi piace andare in bici. E’ la mia passione. E mi piace il mio lavoro. Non concepisco un punto di arrivo. E’ un processo…un processo continuo…in cui si cerca di fare sempre meglio, di innovare, di migliorare il migliorabile.
MTB-Mag: Quindi quali sono i suoi obiettivi nel futuro prossimo?
Mike Sinyard: Continuare a fare prodotti sempre migliori, sempre aggiornati, ricercando sempre il meglio, sia per le biciclette che per tutti gli accessori. Oltre ad offrire anche servizi innovativi, come il Body Geometry o il reparto Racing che segue i professionisti.
MTB-Mag: E’ soddisfatto dei risultati dei professionisti che sponsorizza?
Mike Sinyard: Si, certo. Ma in questo non sono ossessivo…so che ci sono fasi cicliche…alti e bassi…vale per ogni corridore. Non si può pretendere che producano sempre risultati.
MTB-Mag: C’è qualche corridore che le piacerebbe veder usare Specialized?
Mike Sinyard: …no, non in particolare…
A questo punto, a seguito di una mia domanda su che tipo di ciclista lui sia e che tipo di ciclismo preferisca, mi ha risposto di non essere un racer, ma più orientato all’endurance. Avendogli io confessato che ho gli stessi gusti la situazione si è ribaltata, ed ha cominciato lui ad interrogarmi, facendomi un sacco di domande, dagli eventi a cui ho partecipato, alle ore di allenamento, etc… Ma non in modo casuale, piuttosto per un reale interesse, e non tanto verso di me, ma proprio verso l’argomento.
La mia sensazione è stata che sia una persona realmente interessata al ciclismo, ma quello praticato, ed allo stesso modo di qualunque amatore che passerebbe ore a discutere di componenti, eventi, persone del mondo del ciclismo, etc…
Il tutto con un tono rilassato e molto “casual”, come casual e molto dimessa è la presenza di Sinyard, vestito in jeans, maglietta nera e scarpe da corsa. Senza alcun orpello che ne indichi lo status. Tono che diventa meno casual quando veste i panni “aziendali” per cui le risposte si fanno più secche e lo sguardo più penetrante, come se cercasse di capire dove la domanda e la relativa risposta possano portare.
Alla fine un addetto Specialized fa terminare la chiaccherata per alcune incombenze mentre mi decantava la bellezza di Giau, Falzarego e Campolongo.
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