Il mondo delle bici da enduro è in continuo fermento: ogni mese escono nuovi prodotti e la scelta diventa sempre più complicata. Fino all’anno in corso (2014) il trend di quasi tutti i produttori era di proporre bici da enduro con 150mm e geometrie raccolte, per migliorare l’efficienza in pedalata. Con il proseguire della stagione e con le presentazioni dei modelli 2015 le carte sono cambiate: ora la bici da enduro deve avere almeno 160mm di escursione e geometrie discesistiche.
A seguire le mode si impazzisce, visto che i trends cambiano in continuazione, per spesso non bisogna dare troppo peso a mode passeggere, ma viene naturale chiedersi: che cosa è meglio tra un’enduro leggera ed un’endurona come gli ultimi modelli che sono stati presentati?
Classificare le bici è sempre molto difficile. Si inventano mille nomi, spesso in disaccordo tra loro. La stessa definizione di enduro è abbastanza nebulosa. Tutti sappiamo che cos’è l’enduro, ma se qualcuno ci chiedesse una definizione secca avremmo sicuramente difficoltà a rispondere. L’enduro è tutto e niente ed anche la tipologia di bici utilizzata in questa “disciplina” è piuttosto varia.
L’idea di bici da enduro che fino a quest’anno andava per la maggiore era di un mezzo leggero, molto efficiente in pedalata, ma sufficientemente sicuro in discesa.
Telaio in fibra di carbonio molto leggero con 152mm di corsa alla ruota. Ruote da 27,5″ in carbonio. Trasmissione 1×11, reggisella telescopico e manubrio bello largo. Pedali ad aggancio e freni 180mm-160mm. Forcella da 160mm con steli da 34mm e perno passante da 15mm.
A livello di geometrie lo sterzo è piuttosto chiuso (sui 67°) e l’angolo sella bello verticale.
Che fosse Santa Cruz, GT o qualsiasi altro marchio, l’enduro dei nostri sogni, l’optimum per questa categoria, aveva bene o male queste caratteristiche.
Che dire del comportamento di una bici di questo genere? Innanzitutto si tratta di un mezzo complessivamente leggero, con un peso al di sotto dei 13kg. La sospensione ed il telaio sono piuttosto rigidi e reattivi, pensati per esprimersi al meglio in pedalata. Anche lo sterzo non troppo aperto denota una certa propensione alla maneggevolezza piuttosto che alla stabilità sul veloce, così come la scelta della componentistica è più orientata al risparmio di peso che alla solidità.
Dalle vecchie 160-160mm da 14-15kg la bici da enduro si è insomma evoluta in un mezzo più leggero e scattante, perdendo qualcosina in termini di prestazioni discesistiche, ma guadagnando in pedalabilità.
Questa tipologia di bici si può chiamare “enduro leggera”.
Con la presentazione dei modelli 2015 l’idea di enduro si è evoluta spostandosi più verso la discesa. Bici più pesanti e massicce, escursioni maggiori. Stiamo (ri)entrando nell’era delle “endurone”.
A livello geometrico queste nuove bici hanno in genere un angolo sterzo molto aperto (65° o 66°), un angolo sella verticale ed una sospensione posteriore piuttosto plush e burrosa.
Che sia la Spartan, la Nomad 3 o un altro modello, sono tanti i produttori ad aver inserito una bici con queste caratteristiche a catalogo, spesso mantenendo anche il vecchio modello più tranquillo, come ha fatto Santa Cruz con il Bronson e la Nomad.
In termini di guida, la differenza rispetto all’enduro leggera è semplice: la lancetta si sposta di più verso la discesa, andando ovviamente a scapito della salita. La filosofia di queste bici è “andare forte in discesa, anche a costo di perdere qualcosina sul pedalato”.
Quest’evoluzione (se così la vogliamo chiamare, o forse meglio dire involuzione perchè le moderne enduro richiamano le care vecchie endurone 160-160 con ruote da 26″ che tanto erano in voga 2-3 anni fa) è sicuramente legata al mondo delle gare.
A livello agonistico l’enduro non è una disciplina matura. L’anno scorso sono nate le Enduro World Series, una coppa del mondo di enduro con l’obiettivo di creare un campionato che mettesse a confronto i migliori rider del pianeta e si è visto come ogni nazione ospitante adottasse un format di gara diverso.
In Italia o in alcuni circuiti Francesi ad esempio le gare enduro erano (e sono) in genere molto pedalate. A tratti discesitici piuttosto impegnativi si alternano lunghi rilanci, strappi in salita o lunghi mezzacosta da pedalare. La partenza delle speciali si raggiunge spesso con le proprie forze, dopo lunghi trasferimenti pedalati. Non parliamo poi delle gare di “Super D” americano che si svolgono su percorsi con tantissimo pedalato, tanto che quasi tutti i riders corrono con caschetto aperto e senza protezioni.
E’ insomma logico che, se in una gara si pedala così tanto, ha senso andare a sacrificare la performance discesistica della bici per una miglior resa sui rilanci. Quello che recuperi nel pedalato è molto di più di quello che puoi recuperare in discesa. Lo sanno tutti gli enduristi ed è il motivo per cui bisogna essere molto allenati.
Il format delle competizioni enduro sta però cambiando, soprattutto a livello delle EWS. Le gare con tanto pedalato e magari speciali relativamente brevi stanno facendo spazio a gare con speciali molto più lunghe, come dimostrano le ultime due tappe di Valloire e La Thuile. Speciali da oltre 20 minuti di percorrenza su terreni molto irregolari e scavati: sembra questo il nuovo trend dell’enduro. Endurance in discesa quindi, a scapito del rilancio singolo o della speciale breve.
E’ quindi logico pensare che per gare di questo tipo una bici più propensa alla discesa possa essere vincente. Ti stanca meno e ti permette di andare più forte sui veloci singletrack alpini.
Ecco quindi spiegato il motivo di questa “evoluzione”.
Il ragionamento che abbiamo visto è sicuramente valido, ma interessa esclusivamente l’ambito race. Il mondo dell’enduro è composto solo in piccolissima parte dal settore agonistico: i veri enduristi sono le centinaia di migliaia di bikers che ogni domenica salgono in sella alla propria bici per andare a girare con gli amici, magari su un divertente singletrack di montagna che si è raggiunto pedalando con le proprie forze la salita.
Impossibile pensare che il biker della domenica (che non è necessariamente un “fermone”, ma semplicemente uno a cui non importa niente delle gare e gira solo per divertirsi con gli amici) abbia le stesse esigenze e necessità di un endurista professionista.
Quando pedali in montagna non sai mai a cosa vai incontro. Alcuni riders vanno alla ricerca di sentieri più tecnici e lenti, altri alla ricerca di percorsi più veloci e flow. Quello che però ad entrambi interessa è divertirsi. Non è importante percorrere il sentiero nel minor tempo possibile, non conta il cronometro, ma conta quanto ti diverti e ti godi la discesa. Se arrivi anche 5 minuti dopo alla fine del sentiero, che cosa ti importa? Non c’è nessuna classifica, nessuno saprà mai quanto sei sceso forte. Quello che veramente conta è quanto ti sei goduto la discesa.
In quest’ottica insomma quale bici è meglio? Un’enduro leggera o un’endurona?
Partiamo da un presupposto: chi pratica enduro vuole divertirsi in discesa. Se non ti interessa niente di andare forte in discesa (o comunque “osare” sentieri e passaggi tecnici non sei un endurista perchè l’enduro rimane pur sempre una disciplina gravity e l’obiettivo è il divertimento in discesa. Puoi praticare AM, escursionismo, ma se sei un’endurista la discesa ti piace ed è la parte che più ti piace del giro. La tua bici dovrà quindi rispecchiare questa filosofia.
Ha quindi senso il ragionamento che sta dietro alle enduro light “sacrifico qualcosa in discesa, per andare più forte sul pedalato e recuperare preziosi secondi” per un non agonista? A rigor di logica possiamo dire di no, visto che non essendoci il cronometro a nessuno importa di quella manciata di secondi che puoi recuperare sul pedalato.
Insomma, un’endurona è forse la bici più azzeccata per il non agonista. Una bici che si pedala bene in salita, magari con l’ausilio del propedal, ma che in discesa assicura sempre elevate prestazioni. Senza contare poi una cosa: una bici light è anche più delicata e facilmente soggetta a rotture.
Qualcuno potrebbe obiettare: il tuo ragionamento è vero, ma prima della discesa c’è la salita. Un mezzo leggero e reattivo si pedala meglio.
E’ sicuramente vero. L’obiezione non fa una grinza, ma parliamo comunque sempre di bici pedalabili. Sulle lunghe salite anche l’endurona si arrampica bene, non parliamo di una bici da freeride da 180mm a molla. Magari non è stabile allo stesso modo sui fuorisella, ma quando pedali costante la differenza è minima, soprattutto con il propedal attivato.
Ovviamente se uno ricerca un mezzo con un’elevata pedalabilità, adatto a lunghi dislivelli e giri molto lunghi, l’endurona può non essere la bici migliore. Nonostante quest’utilizzo sconfini un po’ dal utilizzo tipo di una bici da enduro, per chi ricerca allo stesso tempo una buona pedalabilità abbinata ad elevate prestazioni discesistiche, un’enduro leggera può essere il giusto compromesso, quella via di mezzo tra l’enduro e l’all mountain che accontenta sia la voglia di salita che la voglia di discese.
Quindi alla fine cosa prendere? Come sempre la scelta della bici è molto personale e tutto dipende dal proprio stile di riding, ma tutto sommato se non fai gare cosa ti serve una bici reattiva in pedalata, ma rigida e nervosa in discesa? Meglio qualcosa che infonda più sicurezza, tanto in cima ci arrivi lo stesso, ma almeno quando scendi ti diverti.
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