Etna Tour, parte 2

[Continua da qui] Siamo solo noi quattro i clienti di questo bellissimo hotel a 1700m. Nel salone nobile, con la grande finestra che si affaccia sul corno sud della Sicilia, distinguiamo il profilo della costa fino a Siracusa e facciamo scorta di energie con un’abbondante colazione. La sera precedente una bella doccia, una ricca cena e una dormita da pascià ci hanno rigenerato. Le previsioni meteo viste ieri ci concedevano qualche ora di bel tempo la mattina.

Il programma prevede di risalire un tratto in funivia, pertanto ci diciamo che è inutile alzarci troppo presto perché tanto l’impianto aprirà alle 9:00 e per arrivarci sono solo 2/3 km di strada asfaltata.

Qualche contrattempo, un paio di brioche di troppo, la lungaggine del check out in albergo e la la scoperta di una gomma a terra di Kicco ci fanno ritardare. Però la giornata sembra bellissima, speriamo che tenga.

Ci avviamo dunque lungo la strada e mi par di aver le gambe in mogano. Il confortevole ristoro non ha eliminato l’acido lattico e le fatiche di ieri le sento tutte; ma tanto so che oggi ci sarà poco da faticare e molto da divertirsi. La cima dell’Etna è stata imbiancata nella notte.

Arriviamo con circa mezz’ora di ritardo alla partenza della funivia e ci troviamo quindi in coda… il nervosismo serpeggia… dopo la quasi totale solitudine di ieri, ci troviamo in mezzo ai merenderos. Per fortuna l’attesa dura poco e quindi ci imbarchiamo sugli ovetti.

Salendo, vedo la strada che avremmo dovuto fare, se non avessimo scelto la soluzione più comoda. Un po’ mi sento in colpa: un paio d’ore in più di fatica non mi avrebbero certo ucciso (e avremmo anche risparmiato 24,00 €), ma ormai siamo su.

Sbarchiamo e la temperatura fa capire che siamo in alto; un venticello tagliente invita a cominciare al più presto a pedalare. Seguendo la pista dei mezzi che trasportano i turisti, ci avviamo in un paesaggio lunare.

 

La giornata promette benissimo anche oggi ed io comincio a carburare, le gambe si sciolgono e nonostante alcune rampe feroci, salgo bene. Poco prima dell’ultimo tratto la pendenza aumenta ancora e scendo a spingere senza vergogna, Kicco e Sebastiano invece se la pedalano tutta.

La strada è chiusa dove un tempo c’era la Torre del Filosofo, fagocitata dalla lava. Recenti lavori hanno riaperto il collegamento con Piano Provenzana, ma un’ordinanza ne vieta il transito. Possiamo però raggiungere la sommità di un cratere minore con un ultimo breve tratto in cresta. Il vento forte e gelido ci sospinge, aiutandoci a salire. Ma ci toglie il piacere di attardarci in una sosta panoramica in cima. I grossi fuoristrada scaricano i turisti poco sotto e quindi siamo di nuovo “in compagnia”.

Si sentono tutti gli idiomi, tedesco, inglese, fiorentino, gli immancabili giapponesi (o coreani o cinesi…) che indossano sì la giacca a vento, ma hanno ai piedi le infradito!

Con discreta calma ci prepariamo. Happykiller mi illustra la via di discesa, che vista da sopra fa una certa impressione. Sebastiano e Filippo non se la sentono e ci dicono che ci aspetteranno sotto.

Io mi apposto pronto a scattare e non appena i turisti capiscono da dove vogliamo scendere è tutto un brusio. Kicco parte e sento delle grida alle mie spalle: “mira, mira, mira… Madre de Dios es loco!”

Siamo ai bordi di un cratere enorme, sotto di noi la piana di Catania che porta al mare.

È il mio turno, sono un po’ teso, non tanto per la pendenza accentuata, quanto per il  fondo che non capisco bene come interpretare.

Mano a mano che si scende però prendo confidenza e il godimento comincia a salire!

Ignoriamo il sentiero e ci buttiamo su un vasto pendio di sassi e cenere, su cui inventarsi la propria linea. Proprio come nello sci-alpinismo ciascuno “traccia” seguendo la propria ispirazione, disegnando serpentine più strette sul ripido e lasciando andare dove la pendenza cala.

Che spettacolo! mai mi sarei immaginato una cosa del genere! e siamo solo all’inizio!

Siamo fermi spesso per scattare. Strano, è tutto nero ma la polvere che si alza è bianca !?!

Filippo e Sebastiano non si vedono. Credevamo di trovarli alla base del cratere più ripido, dove la pendenza era tutt’altro che rischiosa. Il tratto che abbiamo appena concluso in effetti non era per niente facile. In alto più ripido e sassoso, in basso con affioramenti di neve tra la cenere. Con Kicco l’intesa è perfetta, non mi mette premura né in salita né in discesa, io approfitto a piene mani delle sue capacità di giuda, lui sa che può andare a tutta per dare alle foto la dinamicità che serve:

Troviamo i nostri compagni di viaggio solo alla fine del morbidissimo pendio, ad un centinaio di metri dalla strada. Li invitiamo a proseguire con noi sulla Schiena dell’Asino, dove le difficoltà non sono spaventose, ma (nonostante le fat) optano per scendere dalla sterrata.

Rimaniamo perplessi e dispiaciuti, perché è proprio bello e sarebbe stato un piacere condividere questa esperienza.

Dopo un traverso che ci porta all’arrivo di una seggiovia, scendiamo free in un delirio di pietre, prima di ricongiungerci al sentiero principale che costeggia l’orlo della Valle del Bove, dove l’Etna scarica la maggior parte delle colate.

Il pendio di un canalone, che si tuffa verso un oceano impetuoso di lava e nuvole, è invitante, ma sappiamo che finiremmo in un cul de sac. Happy non resiste ad una surfata selvaggia per qualche scatto, per poi risalire faticando non poco con bici in spalla e ghiaietto fino alle caviglie.

Appena si supera il crinale della Schiena dell’Asino si apre davanti ai nostri occhi uno spettacolo libidinoso: un vasto pendio di cenere su cui scendere liberamente, una costellazione di piccoli (così sembrano da quassù) crateri con sfumature rosse, che si perde nella pianura catanese, poi il mare, misto alle nuvole basse.

Il vento forte continua a far correre veloci le nubi più alte, modificando in continuazione la luce, quindi le viste.

I crateri più alti sono ormai abbracciati dalla bambagia e pian piano il cielo si sta coprendo. Fortunatamente il sole ci accompagnerà fino alla fine del giro. Di certo la scelta di una risalita in funivia ci ha consentito di godere al meglio di questa luce. Per quanto costa (cifra introvabile sul web), la prossima volta ci svegliamo prima e pedaliamo!

Abbassandoci il paesaggio si ingentilisce. Ora comincia ad apparire la prima vegetazione, che pare impossibile possa crescere su questo terreno, apparentemente inospitale per qualsiasi forma di vita.

È un deserto carbonizzato e scosceso e le piante che vi crescono sono altrettanto ostiche, con più spine che foglie. Bisogna stare ben attenti a dove si mettono le ruote, quando si va vicino al verde.

Noi proseguiamo con le nostre danze. Ora non ci sono più sassi ma solo cenere soffice. Il tachimetro sale e il godimetro è a fondoscala da un pezzo, disegniamo il nostro SuperG sulla neve nera.

 

Nella libertà della discesa, dopo un lungo tratto in cui la “pista da sci” è unica e ampia, ci si deve incanalare tra rocce e cespugli spinosi. La scelta non è univoca, quindi finiamo involontariamente e felicemente in un canalone vergine, senza alcuna traccia, in un’euforia sciistica col profumo del privilegio.

Dopo 1100 m di dislivello arriviamo alla fine di questo idillio, ma siamo solo a metà della discesa! Percorriamo un brevissimo tratto di asfalto per prendere un sentiero che ci condurrà al Salto del Cane. Kicco ormai è local, conosce tutti i bivi, anche i più strani, dove il sentiero si perde nella boscaglia.

Raggiungiamo la bella pista con paraboliche, salti e saltini. Anche se preferisco sentieri naturali, mi sono divertito parecchio anche su questo tratto.

HK rischia la catastrofe in una trappola creata dall’uso sconsiderato da parte delle moto di una passerella da bici, sfondata.

Arriviamo dunque alla fine e sono abbastanza cotto. Al limitare del bosco in un piazzale con mucchi di monnezza troviamo una famigliola che, proprio dietro all’auto, fa pic-nic… ma cinque minuti a piedi per cercare almeno di non veder l’immondezzaio non li potevano fare?

Infine percorriamo qualche chilometro su strada, mentre le nuvole si chiudono sopra di noi, per tornare a Zafferana Etnea e gustarci un fantastico e meritatissimo mega gelatone !!! Di questi due fantastici, indimenticabili giorni non posso far altro se non ringraziare Happykiller.

E’ una Grande Persona ed un eccellente biker, ma è anche un perfetto organizzatore: approfittando di un weekend di sole, era andato da solo a farsi il giro dell’Etna per fare un sopralluogo e poter condurre gli amici che lo avrebbero raggiunto in un remake del tour, evitando molti errori che solitamente si commettono in fase esplorativa.

Oltre che dell’itinerario, si è occupato di tutta la logistica, spostamenti e tempistiche. Ha trovato gli ospiti a Nicolosi per la prima sera, l’hotel in quota per la notte di tour, B&B in centro a Catania, lato aeroporto per la sera prima del decollo, pasti vari, paste di mandorle come souvenir per la famiglia… (mmiiinchia iè deventato proprio siculo ah!)

Era preparato anche su quale bar aveva un buon gelato artigianale, su quale banchetto della fiera di Zafferana comprare un buon miele d’arancio, su dove parcheggiare nel caos di Aci Trezza per una passeggiata, su quale pizzeria andare a Catania con musica dal vivo…solo le donne sono mancate.

Indirettamente sono anche da ringraziare tutti i siciliani che ha conosciuto Kicco durante il suo soggiorno insulare, e che hanno fornito informazioni utilissime perché anche i dettagli di questo giro fossero preziosi e gustosi.

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