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Ad inizio del mese, Bosch ci ha invitati a fare un viaggio da Finale Ligure a Frejus con le sue bici a pedalata assistita.
Bosch è una delle aziende più presenti sul mercato delle bici a pedalata assistita e sviluppa e produce da sè motori e batterie. Entrata nel mercato delle E-bikes nel 2010, nel 2013 ha diviso il proprio catalogo nelle linee Active per la città ed il cicloturismo e Performance per le attività più sportive, ad esempio la mountainbike.
Quest’anno è stata introdotta la linea CX, che aumenta ancora il livello di supporto. Per dare dei numeri se fino all’anno scorso il massimo del supporto alla pedalata era del 275% (rispetto a quello che ci mette il biker con le proprie gambe), con la linea CX questo valore è salito a 300%. Ma più interessante ancora è il nuovo Powerpack 500, con 500Wh di carica rispetto ai 400 massimi della versione precedente. Il bello di questa novità sta nel fatto che il volume della batteria è rimasto lo stesso, il peso è cresciuto solo del 4% e la carica del 25%.
Ma queste sono tutte cose di cui abbiamo discusso a fine Agosto quando, ad Eurobike, abbiamo visitato lo stand Bosch.
Qual’è allora il senso di un evento come quello organizzato questo autunno in Costa Azzurra, considerato che non tutti i partecipanti avevano a disposizione il pacchetto Performance CX nè il PowerPack 500?
È chiaro che l’azienda non volesse tanto mostrarci come sono fatti i nuovi sistemi per le bici elettriche (concedetemi per brevità di chiamarle bici elettriche anzichè biciclette a pedalata assistita), ma farci capire cosa sia un viaggio con queste bici.
I partecipanti erano un interessante mix di stampa specializzata in viaggi, tecnologia, mountainbike, sport più in generale e altro. Il primo giorno, dopo aver regolato le selle e gonfiato le gomme, siamo partiti da Finale Ligure alla volta di Sanremo.
Avevo provato una ebike solo una volta prima, sul tracciato del Demo Day tre Eurobike fa. Adesso per la prima volta avrei quindi dovuto trovarmi a fare i conti con la durata della batteria. Ad essere onesti devo ammettere che a seguire il nostro colorato gruppo di pedalatori c’era tanto di furgoncino di supporto che, oltre alle barrette, portava batterie di ricambio che ci sarebbero state spesso cambiate durante il pranzo. Questo però non significa che ci si potesse dare alla pazza gioia e fare il percorso completamente (o quasi) in modalità turbo come sul breve percorso del Demo Day era fuori discussione. Tanto più che la bici che avevo scelto era una Lapierre Overvolt FS900, che con le proprie gomme da 2.3 gonfiate a meno di 2 bar, su asfalto non forse la scelta più oculata in termini di scorrevolezza.
Il primo viaggio (80km, 920m dislivello) è servito a prendere la mano con la bici. Quando si usa una di queste biciclette ci sono alcune cose da tenere in considerazione. Facciamo un esempio. Prima di lasciare Finale, ci siamo fermati un attimo in una spiaggia, arrivando a pochi metri dal mare su un marciapiede. Deciso a far lavorare il motore attaccato sotto il telaio, sono sceso dal marciapiede sulla sabbia.
Ecco, se mi aspettavo di andare come un trattore, mi sono invece trovato in piedi sui pedali spingendo a più non posso per non fermarmi e continuando a premere sul tasto + del comando remoto nella vana speranza di trovare qualcosa sopra la modalità turbo. Eppure non mi sembrava di sprofondare così tanto…
Solo qualche ora dopo, rimuginandoci su, mi sono accorto che era ovvio che avessi un rapporto troppo lungo, che sul cemento andava bene ma sulla sabbia ovviamente no, e mi aspettavo che il motore mi supportasse bene anche pedalando a 20 rpm… Colpa mia quindi. Con questo in mente, mi sono subito abituato ad adattare la marcia all’andatura molto più di quanto non si faccia con la mountainbike non motorizzata, ad esempio preparando un rapporto bello corto prima delle fermate.
Abbiamo fatto il nostro viaggio quasi interamente su asfalto, quindi gli stop and go ai semafori non mancavano. Ecco una delle cose belle delle bici elettriche: ai semafori si bruciano le partenze e ci si allinea abbastanza in fretta col la velocità del traffico (o quasi), senza essere superati in un colpo solo da mucchi di macchine. Il tutto chiaramente fino a che non si raggiungono i fatidici 25km/h oltre i quali, come sappiamo, l’assistenza cessa per questioni di normativa.
Visto che si discute di tecnica, c’è una piccola osservazione che va fatta sul comando remoto che permette, tra le altre cose, di scegliere il livello di assistenza. Ho avuto l’impressione che fosse poco sensibile e le pressioni brevi (brevi come un clic di mouse, per intenderci a spanne), spesso non portavano ad alcuna risposta da parte del sistema, soprattutto se si premeva su un lato del pulsante anzichè al centro e malgrado il click si avvertisse.
Poco male, ci si abitua facilmente a premere il bottone con un po’ più cura, ma resta il fatto che la risposta sul display non sia immediata. Mi è sembrato che il ritardo tra la pressione del tasto ed il cambiamento della modalità visualizzata sul display del Nyon (eco, tour, sport o turbo) fosse di uno o due secondi. Il che, unito al fatto che – come dicevo sopra – non sempre la pressione veniva letta, metteva un po’ di confusione. Se da un lato devo dire che dopo il primo giorno mi sono abituato alle risposte del sistema ai comandi e non ho più avuto problemi, dall’altro penso che su questo punto si potrebbe migliorare un pochino. Ma torniamo al nostro viaggio.
La prima tappa è stata percorsa con due costanti, gli zigzag nei vicoli delle cittadine della costa e le reazioni dei passanti: dalle prese in giro degli stradisti “muscolari” (simpatiche, s’intende!) agli sguardi incuriositi dei passanti con le inevitabili domande su autonomia e prezzo di queste macchine così nuove.
Se sulla carta il nostro percorso avrebbe potuto essere praticamente privo di salite, queste ultime non sono mancate: erano state inserite come deviazioni dalla strada più breve. Per fortuna! Andare in salita in modalità turbo è una goduria vera, e vale la pena fare parte del viaggio col motore completamente spento per risparmiare la batteria per questi brevi attimi di gloria!
Giunti a Sanremo, gli organizzatori non avevano esaurito i colpi in canna: siamo andati in spiaggia a provare delle ebike fat: una nicchia nella nicchia. Non mi dilungo in troppi pareri perchè le bici erano due e le abbiamo provate a turno per gioco avanti e indietro per la spiaggia, lasciamo parlare le foto.
Il secondo giorno (69 km, 2400m dsl) ci siamo scambiati un po’ le bici, il che non mi è dispiaciuto affatto perchè mi è capitata quella esteticamente più bella del gruppo: unaMoustache Dimanche 28.
Sulla ciclabile che abbiamo preso a Sanremo in direzione Nizza, con i copertoncini si volava anche a motore spento. E malgrato la solita tirata in salita cui è difficile resistere, non è stata dura arrivare a pranzo (dopo poco più di metà del percorso giornaliero di circa 80km) avendo usato una sola delle 5 tacche della batteria PowerPack 400.
Dopo pranzo è cominciato il tratto secondo me più bello del viaggio: Monaco è una città pazzesca, con i suoi saliscendi, il tracciato di Formula uno che passa per le strade, le Ferrari parcheggiate fuori dallo Yacht Club (e una Bentley Continental gialla fuori da un locale), la gigantesca densità degli edifici e barche di lusso dalle dimensioni impressionanti. Da lì verso Nizza il paesaggio della costa è splendido, tutto golfi di cui tracciare i perimetro in bici e lungomari splendidi. Solo un po’ di detriti giunti fino sulla ciclabile ci ricordavano della triste alluvione di pochi giorni prima.
Entrando a Nizza (tutto il tratto dal monumento ai caduti della prima guerra mondiale fino al lungomare cittadino è splendido) sono rimasto così impressionato da cominciare subito a progettare di tornarci in futuro. Ed è stato lì che mi sono accorto che un viaggio proprio come quello che stavamo facendo è forse l’uso che più si adatta alla bici elettrica. Se infatti in moutainbike il divertimento in salita è assicurato e l’assistenza può tornare utile in tutti i modi su cui si è discusso all’infinito, personalmente penso che in discesa il peso rappresenti ancora un handicap all’agilità della bici (anche se qui entrano in gioco anche altri fattori come il tipo di discesa e l’abilità del biker, come vediamo qui sotto).
Ma in viaggi come questo una bici a pedalata assistita permette di fare una vacanza attiva pur lasciando, alla sera, l’energia per uscire. Inoltre in bici si possono percorrere ciclabili, lungomare e centri storici che in moto o in auto sarebbero proibiti, immergendosi di più nella regione che si sta visitando e respirandone l’aria direttamente anzichè da dietro un parabrezza. Il tutto ovviamente percorrendo distanze che a piedi sarebbero impensabili.
Dopo la notte a Nizza, era arrivato il momento di partire alla volta di Frejus (83km, 1550m), dova ci aspettava la Roc D’Azur. Ormai eravamo espertissimi di e-bike: la sfida del giorno era quindi non restare indietro come al solito sulla tabella dimarcia! Il paesaggio tra Nizza e Frejus è diverso, più selvaggio, mi ricordava quasi la costa nordorientale sarda.
Meno traffico (per fortuna!) e qualche bella salitazza che a noi faceva un solenne baffo. È su una di queste salite che abbiamo incontrato una strana figura che trainava, lentamente lentamente, un carrello. Fermatici a parlare, abbiamo fatto conoscenza con Sakashi (spero di scrivere correttamente il nome!).
È un uomo giapponese che è partito a piedi con il suo carrello per fare il giro del mondo. È già stato in Australia ed a Lisbona, ma ammetto di non aver capito dove fosse diretto adesso. Non si poteva non chiedere una foto ad uno sportivo di questo calibro! Dopo una breve chiacchierata ed uno scambio di fotografie, il viaggiatore ha ripreso la sua marcia e noi la nostra.
Ed è così che siamo arrivati a Frejus, alla fine di un viaggio nuovo, diverso da un viaggio in bici e diverso da un viaggio a motore.
Alla fine di questi tra giorni penso di aver concluso che bici e bici a pedalata assistita sono per molti versi ben diverse. Ha poco senso insistere sui confronti in termini di fatica che si fa e distanze che si percorrono (quante volte abbiamo letto frasi del tipo “vorrei passare alla bici elettrica non per fare meno fatica ma per andare più lontano”, come se fosse necessario giustificarsi). Come ho notato sopra, personalmente trovo che esistano situazioni in cui il più fiero dei pedalatori può preferire una bici a pedalata assistita ed altre in cui un biker senza allenamento al top possa preferire una bici senza motore e batteria. Io, non estraneo alle piccole soddisfazioni dell’ “avercela fatta”, e addirittura un po’ fiero se in salita vengo superato, un viaggio come questo, con questa compagnia, questo programma e questi posti da visitare, sono contento di averlo fatto con la pedalata assistita.
www.bosch-ebike.de
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