Hope è una azienda che crediamo non necessiti di presentazione. Sicuramente anche al biker piu novizio sarà capitato di notare qualche prodotto della celebre casa inglese. Componenti che non possono passare inosservati. Quello che pricipalmente distingue Hope dagli altri brands è soprattutto la rigorosa e maniacale lavorazione dal pieno in CNC. Un segno ben distinguibile anche a occhio non esperto. Le rigature tipiche della lavorazione con frese vengono lasciate di proposito in rilievo per deliziare il palato dei bikers più golosi.
Hope nasce a Barnoldswick circa trentanni orsono. Ian Weatherill e Simon Sharp, amici e colleghi appassionati di trial lasciano il lavoro presso Rolls Royce Aerospace per avviare la propria impresa, la IPCO, specializzata in lavorazioni mecchaniche per le aziende del settore automotive (Bentley è poco distante) e nel campo aerospace. Da notare che l’area a nord di Manchester è una culla di aziende hi-tech. Successivamente, a seguito della passione dei 2 soci verso il trial e la mtb, nascono le prime creazioni. Dapprima solo a lato della attività principale, poi ecco a Interbike nel 1992 l’esplosione dei freni a disco meccanici presenti su diverse bici esposte allo show. IPCO cambia nome e sede e diventa HOPE Mill e si concentra esclusivamente nella produzione di parti e componenti per il ciclismo.
Hope oggi è un’azienda con 160 dipendenti che operano nella storica sede che nel frattempo si è ampliata (qui il tour). È però rimasta fedele alla filosofia del made in UK e produce rigorosamente per asportazione di truciolo (amo questa definizione alternativa alla fresatura). Non solo lavorazioni meccaniche, ma anche i trattamenti successivi come l’anodizzazione e le gravature (marchiature laser) sono fatte in casa. È presente anche il reparto R&D e laboratorio per verifiche dimensionali e qualitaive oltre ai test di fatica. Hope non fornisce in primo montaggio ma vende unicamente after market. Scelta quasi obbligata per un marchio che produce nel vecchio continente. Difficilmente infatti potrebbero competere nel settore OEM con i colossi che producono in asia.
C’è anche un po’ di Italia. Siamo venuti a conoscenza che i semilavorati in alluminio dai quali nascono mozzi e guarniture vengono forgiati da una azienda specializzata con sede in Emilia che fornisce tra gli altri anche Ducati.
Le prime immagini di una bici completa Hope avevano iniziato a circolare sul web circa 4 anni orsono (la nostra anteprima). Quella bici, nata quasi per scommessa, fu poi presentata ufficialmente a metà 2017 e messa regolarmete a catalogo. Era la HB16 , nata dalla penna del design engineer Guillaume Leon. Una bici da enduro che oggi definiremmo con geometrie conservative, adatta forse più ai trails alpini che alle colline inglesi.
A due anni di distanza Hope ha raddoppiato, offrendo una bici da 130mm di escursione con lo scopo di essere un mezzo tuttofare.
Guillaume Leon, design engineer, ci ha spiegato le peculiarità della HB130. Di cittadinanza francese, arriva da Briançon, località montana non distante dal colle di Monginevro. Guillaume è un ottimo rider e testa personalmente le sue creazioni.
Selezione di pezzi prototipali compreso particolari stampati in 3D:
Tutto in casa. La filosofia di Hope è di creare (quindi di controllare) la maggior parte dei processi produttivi in casa. Con la stessa attitudine è stato quindi anche affrontato il capitolo telaio in carbonio. Non è stato difficile per Hope trovare gli specialisti in fibre di carbonio, è stato sufficiente attingere dal campo dello sport automobilistico, dopotutto in Gran Bretagna hanno sede la maggior parte dei team di Formula 1.
Hope ha acquistato anche una macchina CNC di dimensioni adeguate per poter creare in casa i propri stampi. Questo è un altro grande vantaggio soprattutto in fase prototipale quando è stato necessario modificare gli stampi per creare dei prototipi con geometrie leggermente diverse. Gli stampi sono in alluminio, soluzione più economica (rispetto all’acciaio) anche se la vita di uno stampo si riduce a circa 200 pezzi dopodiché si va fuori tolleranze ed è necessario crearne uno nuovo. Gli stampi in alluminio sono quindi la miglior soluzione per marchi che producono numeri limitati di pezzi.
Neil ci ha mostrato come si posizionano gli strati di carbonio prepeg. 5 strati che possono arrivare a 7 nelle aree maggiormente sollecitate. Fibre unidirezionali o woven a seconda del caso.
Otto telai a settimana. Questo è il numero limite di telai che Hope può al momento produrre garantendo tempi di attesa accettabili. Potrebbero sembrare pochi, ma dopo aver assistito ad una dimostrazione di quanto complessa ed accurata sia la procedura per imbastire un telaio ci siamo resi conto che per eseguire un lavoro a regola d’arte non bisogna avere fretta.
Hope ci ha invitato a metà luglio in Scozia per un’anteprima ed un primo contatto con la loro nuova creatura. Due giornate molto divertenti ed interessanti dove, oltre a saggiare le caratteristiche della HB130 su sentieri con caratteristiche e fondi differenti, abbiamo conosciuto parte dello staff e abbiamo potuto scambiare quattro chiacchiere con i tecnici che hanno ideato e curato lo sviluppo della secondogenita del brand inglese.
All’aeroporto di Aberville vengo accolto da Alan Waetherill, sales manager e collaboratore storico (lavora in Hope da 30anni ) che assieme ad altri 4 giornalisti di testate europee ci carica su un van decorato con i classici colori verde-bianco del brand per accompagnarci nella location dell’evento. Poco più di un’ora nelle campagne scozzesi per arrivare in un tipico cottage non lontano dalla località di Ballater, sperduto in mezzo alle colline in un paesaggio fiabesco nella Scozia nord orientale.
Relax dopo il primo giorno di test.
Il cottage decorato con le bandiere Hope.
Atmosfera ideale per scambiare quattro chiacchiere con gli altri tester e i tecnici Hope.
La nostra cuoca ci ha viziati…
Doddy (meccanico Hope e bravo rider) mi aiuta a sistemare il setup.
Difficile rinchiudere la HB.130 in una categoria ben precisa. La definirei una trail bike aggressiva.
Ampi passaggi cavi facilitano il lavoro ma non sono guidati.
Nessun dettaglio lasciato al caso.
A prima vista la HB.130 appare armonica ed elegante con un triangolo principale compatto che comunque può accomodare una borraccia fino a 750cc. Delle linee slanciate che vanno in controtendenza rispetto ad altri brand che sfruttano le caratteristiche offerte dalle fibre di carbonio per creare sezioni box oversized soprattutto in zona movimento centrale e sterzo.
Dall’alto la HB130 appare molto snella.
Il carro in alluminio ha i foderi bassi lavorati dal pieno e quelli alti che hanno una sezione centrale in alluminio estruso di sezione triangolare. Questa estrusione è incollata da un lato coi forcellini e dall’altro con un elemento a forma di Y che trasmette le forze ad una bielletta (anche questa rigorosamente ricavata dal pieno) alla quale è collegato l’ammortizzatore di misura metrica.
Chiedendo lumi sull’affidabilità della tecnica di incollaggio, i tecnici Hope dicono che nelle prove distruttive cede prima l’alluminio che la colla. La sospensione posteriore ha uno schema 4 link bar con giunto Horst, la bielletta dove si ancora l’ammortizzatore genera un rapporto di leva pari a 2.6. Il progettista ci ha detto che ha disegnato lo schema sospensivo molto progressivo per potersi adattare anche ad ammortizzatori a molla. La HB130 è disponibile con ammortizzatori Fox o Ohlins, ambedue con custom tuning per adattarsi al meglio alle caratteristiche della sospensione.
Disponibile con sospensioni Fox o Ohlins.
La parte superiore del carro che viene incollata alle sezioni intermedie estruse dei foderi alti.
La HB130 è stata concepita attorno a ruote da 29″ senza l’opzione di utilizzzare altri formati. Unica variabile prevista è l’adozione di flip chips per variare l’angolo sterzo di circa 0.5°. Le piastrine di forma ellittica sono posizionate all’altezza dell’ancoraggio basso dell’ammortizzatore. Variare la posizione da High a Low è relativamente semplice ma non è pensata per essere cambiata “on the fly” su sentiero. Nella posizione Low, il movimento centrale si abbassa di 6mm.
La HB130 è disponibile in varie versioni anche personalizzabili con i colori anodizzati delle componentistiche HOPE , anche stickers per i cerchi che si abbinano ai colori delle altre componenti. Il telaio invece è solo fornito in carbonio a vista, trattato solo con uno strato di lacca protettiva.
Particolare dei forcellini ricavati dal pieno, testa dell’asse oversized da 17mm con chiave esagonale esterna ed interna. Giunto Horst. Tutti gli snodi ruotano su cuscinetti a sfera.
A proposito di anodizzazione è importante sottolineare che considerato le difficoltà di ottenere le stesse colorazioni in tempi diversi di produzione e l’instabilità del processo chimico di ossidazione, Hope si è attrezzata per gestire direttamente in casa questa delicata fase produttiva. Per chi non lo sapesse basta che parte della produzione di componenti venga ricavata da una partita differente di materiale grezzo (anche se delle stesse caratteristiche), per poter riscontrare delle differenze nella colorazione. Le leghe di alluminio hanno anche loro delle tolleranze nelle percentuali di materiali che le compongono, quindi è importante poter avere il controllo di questo processo.
Hope offre 7 combinazioni di colori.
Battuta non boost, singolare la soluzione adottata al retrotreno. Al posto di utilizzare il classico mozzo con battuta da 148mm (boost) Hope ha pensato di creare una soluzione propria che già aveva peraltro introdotto con la HB160. Il mozzo, creato apposta, non ha un suo asse ma solo i cuscinetti 2 + 2 del corpetto fissi nelle loro sedi. L’asse oversized da 17mm viene infilato nei forcellini e passa attraverso il mozzo al momento del montaggio della ruota sul telaio. Questa soluzione garantisce una maggior rigidità al posteriore, secondo Hope.
Altra particolarità è che i raggi della ruota posteriore sono assolutamente simmetrici garantendo una tensionatura ideale. Hope ha recuperato spazio nel lato non drive del mozzo avvicinando l’attacco del disco alla flangia dove hanno sede le teste dei raggi. Questa soluzione riduce la larghezza totale dell’estremità posteriore del carro a tutto vantaggio dello spazio per i talloni.
Protezione in gomma della parte bassa del telaio.
Per quello che riguarda l’attacco freno Hope è parzialmente tornata sui suoi passi rispetto alla soluzione radiale usata sulla HB160 che, seppur razionale, limitava la scelta dei freni ai soli prodotti Hope. Ora sulla HB130 si è optato per un più comune post mount che quindi si adatta a tutte le maggiori marche di freni.
Passaggio interno dei cavi: ci sono due accessi in zona sterzo abbastanza ampi, sufficienti da far entrare le guaine ricoperte a loro volta da un ulteriore sezione di guaina in schiuma per evitare i rumori da sbattimento nel telaio. Soluzione preferita al passaggio interno guidato. Nel test non ho notato rumori da contatti interni al telaio.
Batticatena elegantemente integrato al fodero ricavato dal pieno.
Dal punto di vista delle geometrie Hope si è allineata, seppur senza esagerare, alle ultime tendenze. Valore di reach elevato abbinato ad un attacco manubrio corto e soprattutto un angolo sella di 76° verticalizzato rispetto alla HB160. Angolo sterzo di 65.5° relativamente aperto abbinato però ad una forcella con offset classico da 51mm.
Due giorni di test su sentieri non molto battuti selezionati da Woody Hole con suo figlio Dan e Rachael Walker, ex pro attiva in EWS ora con lavoro a tempo pieno in Hope.
Doddy, meccanico del team Hope, mi ha preparato una HB130 in taglia L montata con forcella e ammortizzatore Ohlins. Dopo aver premurosamente invertito la posizione dei freni Hope Tech 3 E4, visto che gli inglesi usano l’anteriore a destra, mi ha settato il sag a circa 25% posteriore e qualcosa di più per la forcella.
Come sempre dò molto credito alle prime sensazioni che un nuovo mezzo mi trasmette. Devo dire che dopo i primi metri di percorrenza la HB 130 mi ha dato una sensazione di solidità fuori dal comune. Certo, questo feeling potrà anche parzialmente derivare dalla rigidità di ruote e forcella, ma certamente l’ho percepita. La posizione in sella mi è parsa subito famigliare, simile alla Ibis Ripmo che uso abitualmente. Manubrio largo 780mm, attacco da 50mm e reach da 470mm abbinati ad un angolo sella abbastanza verticale mi danno un assetto caricato sull’anteriore, netta anche la sensazione di pedalare “sopra” al movimento centrale ma non in modo eccessivo e fastidioso come per esempio ho provato recentemente testando una Pole Machine.
Sia su asfalto che poi sullo sterrato la 130 sale bene e la sospensione non oscilla. Ho provato a spostare la levetta dell’ammortizzatore in posizione “trail” ma la differenza è veramente quasi impercettibile. Nelle salite su asfalto, dato che amo molto pedalare in fuorisella anche per tratti più lunghi rispetto al classico rilancio, ho apprezzato la possibilità di chiudere l’idraulica della forcella, che ha una frenatura molto più percettibile rispetto a quella dell’ammo. Anche in queste fasi non ho riscontrato fastidiose oscillazioni della sospensione posteriore. Il peso contenuto, ma non piuma, della bici e la relativa scorrevolezza della Maxxis DHR 2.3 rendono piacevoli e scorrevoli le risalite su fondi compatti.
Nei due giorni di test non abbiamo mai fatto uso di shuttle o salite meccanizzate, accumulando circa 1200m al giorno di dislivello positivo sommando le diverse risalite. È capitato spesso di affrontare tratti tecnici con pendenze notevoli e ricche di ostacoli o fondi con poco grip. In questo campo devo dire che ho avuto una ottima impressione sia per il comportamento della sospensione posteriore che difficilmente affondava nella sua corsa che per la geometria che permetteva di restare seduti centralmente senza dover esasperare il trasferimento del carico sull’anteriore. La ruota anteriore rimane sempre ben piantata a terra garantendo anche un’ottima direzionalità. Veramente piacevole anche provare le linee più dirette magari superando una roccia al posto di girarci attorno. L’anteriore stabile e la grande trazione permettono di superare tratti ostici con grande naturalezza, a patto che ci siano ancora dei watt da trasferire sui pedali. Ho veramente goduto anche nelle salite più estreme.
In Scozia abbiamo saggiato diversi tipi di trail e di fondi. Chiaramente qui mancano le lunghe discese rocciose spaccamani tipiche del territorio alpino, in compenso ci sono divertenti trails naturali o parzialmente lavorati con curve in appoggio e divertenti passaggi su ripide rocce. Le discese erano mediamente sui 3-400 metri di dislivello ma a dipendenza della pendenza potevano anche durare perecchio. I trails obbligavano comunque a tenersi sempre attivi perché tra canali, rocce da schivare ed altre amenità, bisognava avere una guida decisamente attiva.
La Hb130 ha sempre risposto bene ai miei impulsi al manubrio a patto però che si caricasse bene l’anteriore. Dopo qualche discesa ho preso confidenza con l’anteriore anche grazie alla Maxxis Minion DHF 2.5WT 3C e alla forcella Ohlins che si è rivelata rigida ma non nervosa. Entrare in curva caricando l’anteriore aveva come effetto che la ruota posteriore si alleggeriva al punto da derapare ed aiutare a chiudere la curva. 140mm possono sembrare pochi ma con una 29 con le geometrie adeguate ci si toglie delle belle soddisfazioni.
Il limite lo si può percepire eventualmente all’aumentare delle volocità e degli ostacoli. Ho avuto modo di testare anche la posizione “low” invertendo i flip-chips: il movimento centrale si abbassa di circa 6mm e l’angolo sterzo si apre di mezzo grado. Devo dire che non ho trovato una differenza molto marcata, ma credo che per percepirla sarebbe stato necessario ripetere lo stesso trail piu volte cambiando i setting ogni volta, cosa che non è stata possibile per ragioni di tempo. Sarei curioso di testare la HB 130 sui trails alpini, ma credo che come allround se la caverebbe alla grande.
Hope ha centrato l’obbiettivo di creare una bici divertente ed efficace su diversi tipi di sentieri, una grande allrouder con geometrie moderne e soluzioni uniche. La HB 130 si arrampica con facilità dappertutto ed in discesa vi regalerà un sorriso. La HB130 si chiama fuori dagli dagli standard proponendo delle soluzioni nuove, efficaci ed eleganti, come il mozzo/asse posteriore e la scatola del movimento centrale. Va intesa quindi come un prodotto a sé.
Se amate la meccanica e i prodotti che nascono dalla passione e dall’amore per la tecnologia e non avete problemi ad arrivare alla fine del mese, allora potreste fare un pensiero a questo gioiello made in UK. Certo non proprio a buon mercato, ma un oggetto che non è destinato a deprezzarsi in poco tempo, anche grazie alla tiratura limitata.
In Italia Hope è importata da DSB Bonandrini ad un prezzo di 7.999 Euro.
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