[First Ride] Specialized Turbo Levo FSR

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Pur essendo stata una caldissima domenica estiva dove chi poteva era in giro in bici, al fresco o al mare, ieri la notizia dell’entrata di Specialized nel mondo delle mountain bike elettriche ha ricevuto molto interesse e tanti commenti. Come promesso, ecco la nostra prima prova sul campo.

Come l’abbiamo provata

Specialized ha organizzato un press camp a Leogang, in Austria, durante il quale ad ogni giornalista è stata data una bici da “tenere” per i tre giorni del’evento, di modo che ognuno potesse regolarsela a piacimento e provare diversi set up. Siamo stati l’unico media a provarla sulla pista di DH di Leogang, giusto per portarla al limite (e perché il nostro redattore è britannico ndt).

In salita. Le pendenze fattibili in sella sono impressionanti.

Sulla pista di DH (con catena – Alex non è Aaron)

Specifiche Levo FSR in prova

Abbiamo provato la Turbo Levo FSR modello Expert. Telaio in alluminio, ruote da 27.5 Plus, monocorona. Il resto dei dettagli si trova qui.

Il tubo obliquo è stato rinforzato sui lati e sulle estremità per renderlo robusto e resistente all’uso fuoristrada. La batteria non gioca nessun ruolo nella struttura portante della bici, ma è fissata molto saldamente al telaio, impedendole ogni movimento.

I freni sono degli SRAM Guide RS, a quattro pistoncini, con dischi da 200mm all’anteriore e al posteriore. Specialized ha ritenuto necessario avere un impianto frenante così potente per far fronte al maggior peso di una bici elettrica rispetto ad una tradizionale.

È presente il sistema SWAT nel portaborraccia (multitool) e all’interno della serie sterzo (smagliacatena e falsamaglia).

Non è scontata la presenza di un portaborraccia su una bici elettrica. Sulla Levo ci sta perchè la batteria è integrata nella parte bassa del tubo obliquo.

Tutte le Levo hanno un reggisella telescopico. La sella della nostra era una Henge Expert.

La batteria in prova era una 460 watt/ora, fissata al telaio mediante un perno passante. Non essendoci un display sul manubrio, la carica della batteria è visibile solo grazie ai dieci led presenti sul suo lato, posizionati intorno a tre tasti: power on/off, potenzapiù/meno. Ci sono tre modalità di utilizzo: Turbo, Trail ed Eco. Durante la prova abbiamo girato in gran parte in modalità Turbo, passando a quella Trail quando circolavamo su sentieri umidi, per evitare di far slittare la gomma posteriore.

La trasmissione era una 1×11 con corona da 32 denti. Quando si cambia su una bici elettrica, è meglio farlo senza spingere forte sui pedali, perché la forza del rider si somma a quella del motore e può causare rotture di catene ed un consumo prematuro del pacco pignoni. Si vocifera che alcune aziende stiano lavorando su catene e pignoni più robusti, pensati per le bici elettriche. Ovviamente anche più pesanti.

La corona da 32 denti della Praxis Works è interamente in acciaio, proprio per essere più robusta. Lo spider comunque ha un girobulloni di 104 ed è compatibile con tutte le corone 104 BCD.

Il motore da 250 watt è protetto  da un paracolpi.

Il passaggio cavi è completamente interno e facilmente raggiungibile dal vano batteria.

I cerchi sono degli Specialized Roval 6Fattie da 38mm di canale interno, con Boost 148, su cui sono state montate delle gomme Ground Control da 3 pollici.

Da notare che sulla bici test erano presenti le Ground Control sia all’anteriore che al posteriore, ma sulla versione in vendita troverete all’anteriore le Purgatory, sempre da 3 pollici. Formato 27.5 Plus, quindi con tanto grip e trazione.

Motore e batteria

Uno dei motivi per cui Specialized si è presa il suo tempo prima di entrare nel segmento delle mountain bike elettriche è dovuta al fatto che il marchio californiano non era soddisfatto delle soluzioni batteria/motore presenti sul mercato, in quando non lasciano sufficiente libertà nel design della bici. Così ha creato il proprio sistema insieme ad alcuni partner.

Specialized voleva inoltre poter controllare l’interazione della potenza del motore con le ruote, senza dover per forza scegliere i parametri presettati che si trovano sul mercato. A ciò si aggiunge la ricerca di un’alta resistenza al bagnato e la possibilità di upgradare la batteria in futuro, sempre potendo montarla sul telaio della Levo.

Il motore doveva essere posizionato il più in basso possibile nel telaio e allo stesso tempo andare incontro alle necessità del trail riding, quindi non poteva protudere dalla parte bassa della bici. Il risultato è una forma custom e ben incassata presso il movimento centrale.

Inserire la batteria è un’operazione veloce, di circa 30 secondi. Da notare che il motore si trova più o meno all’altezza della corona da 32 denti.

Anche il sensore di velocità ha un design custom, ben protetto da eventuali urti e senza cavi esposti. Il cavo corre internamente nel fodero basso, mentre il magnete è attaccato nella parte centrale del disco del freno posteriore. Non abbiamo avuto problemi di nessuno tipo a riguardo durante i tre giorni di prova.

La fase di ricerca e sviluppo è stata piuttosto lunga ed intensa. Specialized ha scelto di sviluppare i propri controlli elettronici e i circuiti sono stati forniti dalla stessa azienda che fornisce Apple.

Specialized ha usato la telemetria per monitorare tutti gli aspetti dello sviluppo della pedalata assistita.

Uno spaccato di uno dei primi motori sviluppati da Specialized. Cavi molto corti, per evitare eventuali rotture. L’interfaccia delle pedivelle è il solito standard internazionale.

Tutti gli elementi appena descritti hanno portato a questo: un manubrio senza display, di modo che il biker si possa concentrare sul riding e dimenticarsi di tutti gli aspetti tecnici.

Control App

La parte elettronica della bici è controllata dall’app gratuita che si connette tramite bluetooth e permette il controllo completo del tipo di uscita. Per esempio si può inserire un tempo e quanta batteria rimanente si vuole alla sua fine, e l’app allocherà l’energia della batteria senza doversi preoccupare di rimanere a secco.

La stessa app è integrata con Strava e introduce una nuova categoria chiamata Ebike, che compare nei segmenti di Strava stessa. Si hanno inoltre i dati sul proprio allenamento e stato di forma. La Turbo Levo FSR può anche comunicare con un apparecchio Garmin dotato di Ant+, mostrando sul display i dati tecnici.

Non abbiamo potuto provarla perché non è ancora stata ultimata, perciò vi proponiamo degli screenshot.

Sospensioni

Con l’aumento del peso e della dimensione delle gomme, il Boost 110 presente sulla nuova forcella Rock Shox Yari da 130mm di escursione è stato molto apprezzato. Il carro FSR, anch’esso con 130mm di travel, viene preso in gestione da un ammortizzatore Fox con trattamento Kashima e auto sag.

Ci siamo trovati alla fine dei tre giorni con la forcella regolata per avere solo 15% di sag e tre click della compressione alle basse velocità. Questo è dovuto al peso in più della bici, che si fa sentire sulla forcella soprattutto nei tratti ripidi. Da notare che, di solito, sulle forcelle Rock Shox con Charger Damper usiamo circa il 30% di sag.

In curva la Yari è più rigida della sorella Pike.

Giunto Horst per il carro FSR.

L’Auto-Sag rende il settaggio della sospensione posteriore molto facile e veloce, ed è identico a quello di una bici senza motore. La sospensione era sensibile, con una bella trazione costante. Siamo andati a fondo corsa una volta sola. Speciliazed ci ha detto che non tuning dell’ammortizzatore non è ancora stato completato.

Sul campo

L’idea che sta dietro alla Levo è quella di essere una trail bike divertente da guidare. Quando siamo saliti in sella abbiamo subito notato l’angolo sterzo aperto e i foderi corti, tipici di casa Specialized. La geometria è compatta e reattiva in ogni situazione. A dire il vero abbiamo cominciato a scrivere questo test come se si trattasse di una normale bici da trail senza motore, solamente un po’ più pesante in discesa e potente in salita.

La pedalata assistita della Levo è semplicemente all’avanguardia rispetto a tutto quello che abbiamo provato finora. La progressione della potenza è “dolce” e reattiva, a tal punto che delle volte non si sa se il motore lavori o no, complice il fatto che il suo rumore è molto meno marcato di altri sistemi. La pedalata in salita è identica a quella delle bici normale, tranne quando uno si ferma a guardare cosa si sta pedalando e realizza quanto la pendenza sia marcata. Dopo qualche ora in giro ci si sente stanchi ma si è coperta una distanza ben maggiore del solito.

Durante uno dei nostri giri di prova abbiamo pedalato in un’ora e mezza quello che normalmente ci avrebbe richiesto 2-3 ore. E ci siamo divertiti di più. Gli ingegneri che hanno sviluppato la Levo, basati in Svizzera, ci hanno detto che, malgrado la pedalata assistita, in ufficio il livello di fitness è salito quando escono durante il pranzo per un giro. Hanno anche enfatizzato che, proprio grazie al nuovo progetto, hanno scoperto molti sentieri nuovi, per la facilità nel raggiungere posti impervi. A Leogang, pedalando su una cresta in cima al bike park, piena di radici, fango e rocce, abbiamo capito di cosa parlavano.

Puntando la Levo verso la discesa, le sensazioni sono state molto simili a quelle di una normale trail bike. Il maggior peso ci ha spinto a prendere linee più dirette nelle sezioni tecniche, e ad anticipare le frenate. A parte questo, il resto è stato “business as usual”.

Il 6Fattie aggiunge grip e stabilità alla Levo, andando a levigare gli effetti negativi del peso maggiorato. I 130mm di escursione sembravano essere di  più, intorno ai 150/160mm. Le ruote 6Fattie danno anche maggior sicurezza nelle sezioni in contropendenza e, in combinazione con il peso della bici, questa rimaneva stabile e piantata sul terreno. Abbiamo notato come fosse diverso correggere gli errori di guida: visto che pesa di più, è difficile correggere la traettoria nel bel mezzo dell’azione, ma spesso non ce n’è proprio bisogno: ruote e peso perdonano molto.

Quando abbiamo raggiunto la velocità massima della pedalata assistita, intorno ai 27 km/h, il motore si è staccato in maniera molto discreta, senza passare da On ad Off tutto d’un colpo. I rapporti della trasmissione sono ben equilibrati, non ci siamo mai trovati con la coperta troppo corta.

Dopo un giro piuttosto lungo siamo tornati alla base con il 20% della batteria rimanente, pur avendo pedalato in gran parte in Turbo mode. Bisogna anche dire che la differenza fra Turbo e Trail non è così marcata. Il Turbo dà più potenza in salita, ma niente di cui si senti la reale mancanza se si sceglie il Trail. Jan Talavasek, l’ingegnere capo del progetto Turbo Levo, ha detto che la modalità Eco è pensata per le classiche distanze da giro trail, e che nella maggior parte dei casi la batteria sarà sufficiente. Non abbiamo potuto provare questo aspetto, ma contiamo di farlo in un test di durata.

Conclusioni

La Specialized Turbo Levo FSR è sicuramente la mountain bike elettrica più evoluta del mercato, grazie ai suoi tanti accorgimenti tecnici e al suo design così diverso dalle classiche E-Bikes.

I suoi punti di forza stanno nella gommatura 27.5 Plus che, unita ad una classica geometria da trail bike, fa sentire il biker subito a suo agio. Il fatto che sia una bici a pedalata assistita si nota il meno possibile, vuoi per la mancanza del display sul manubrio, vuoi per le ottime sensazioni su sentiero, sia in salita che in discesa. Aggiungeteci che l’abbiamo portata sulla pista di coppa del mondo di DH, sulle stesse linee usate dai pro pochi giorni fa (ad altre velocità, certo) e vi rendete conto che ci troviamo di fronte ad una bici divertente e dall’ampio spettro di utilizzo.

La Levo lascia la concorrenza dietro di sè, di molte lunghezze. È il nuovo punto di partenza per le mountain bike a pedalata assistita.

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