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Durante la presentazione della gamma Trek 2013 a Cortina d’Ampezzo (qui il report) ho avuto l’occasione di pedalare per tre giorni la nuova Trek Fuel EX 9.8. Come vi avevo detto già nel primo articolo, la Fuel viene ora posizionata nel segmento “Singletrack Trail”, una specie di all mountain dall’escursione contenuta. 130mm anteriori e posteriori, ammortizzati con sospensioni Fox DCRV (il sistema a doppia camera di Trek), su un telaio da 26 pollici in carbonio, disponibile anche in versioni in alluminio. Oltre al centimetro in più di escursione, la Fuel 2013 presenta una cinematica diversa, in modo da rendere il carro più sensibile. Nell’allestimento é da notare il deragliatore posteriore Shimano Shadow Plus, che tiene in tensione la catena. Per altri dettagli sulle novità della Fuel vi rimando a questo articolo, dove trovate anche tutti i modelli disponibili.
Quella che segue é una breve cronaca dei tre giorni con le foto di Sterling Lorence e Dan Milner, se volete leggere direttamente alla prova della Fuel andate a fondo pagina.
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I sentieri dolomitici sono famosi per la loro spettacolarità e anche per la quantità infinita di pietre, smosse e non, che mettono a dura prova bici e rider. Dopo una decina di giorni di bel tempo, esattamente quando stavamo mettendo a punto le bici per uscire si é scatenato il diluvio universale, con un temporale che ha trasformato le strade in torrenti. Come tutti i temporali estivi, anche questo é passato in fretta, così abbiamo caricato le bici sui furgoni per andare al Passo Falzarego, dove già splendeva il sole al nostro arrivo. Era prevista quasi solo discesa durante la prima giornata, così ci siamo tuffato nel downhill verso Cortina con le migliori intenzioni.
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Me medesimo nell’unico punto non scivoloso della discesa – o quasi…
Migliori intenzioni che hanno cominciato a scapparci di mano alla prima curva nel prato, dove il sentiero era stato reso scivolosissimo dalla pioggia. Per falra breve: non si stava in piedi. 10 centimetri di terra, su un fondo duro, rendevano il tracciato una vera saponetta. Ho visto i voli più improbabili, tutti finiti nell’erba senza conseguenze, per fortuna. Difficile dare un’opinione sulla bici durante una discesa in cui al primo posto c’era la propria sopravvivenza o per lo meno il tentare di schivare una visita al reparto di ortopedia.
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Il secondo giorno era in programma una bella traversata ai piedi della Tofana di Rozes dal Rifugio Dibona fino a sotto il Falzarego. Prendiamo la funivia da Cortina che ci porta in quota, e da qui inizia la salita, pedalata e a tratti a spinta. Lo scenario é fantastico. Conosco bene queste zone ma rimango sempre a bocca aperta quando mi trovo sotto una parete dolomitica.
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Le nuvole nere che si nascondevano dietro il lato ovest della Tofana non lasciavano presagire nulla di buono. Questo, aggiunto al gruppone di circa 40 persone fra guide, fotografi e giornalisti provenienti da tutto il mondo, mi facevano rassegnare ad una lavata estiva, resa inesorabile con il passare del tempo e l’aumentare del numero di soste per aspettare i ritardatari.
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Il sentiero é una vera manna alpina, in gran parte pedalabile anche in salita, se si ha una buona gamba. Pochi escursionisti a piedi (pur essendo una domenica di fine luglio), superspettacolare. Il punto prescelto per il picnic é un praticello su una cengia da cui si vede bene il Lagazuoi. E i mostruosi nuvoloni neri che si avvicinavano. Dico al mio gruppetto di stranieri che forse é meglio rimettere i panini nello zaino e levarci da qui il prima possibile, proprio mentre il primo tuono riecheggia minaccioso fra le pareti. Scendiamo sul sentiero il più velocemente possibile, senza aspettare gli altri che sono molto più indietro, avendo in mente di raggiungere una galleria della strada che porta al Col de Bois e che vedevamo dalla cengia.
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Il singletrack non é facile, ci sono diversi punti tecnici e alcuni in cui bisogna spingere. Poi via a manetta sulla strada militare, mentre i primi goccioloni cominciano a cadere. Raggiungo la galleria per primo, proprio mentre si scatena l’inferno. Gli altri 6-7 rider che erano con me arrivano appena in tempo per evitare la grandine. Per gli altri non é rimasto che sperare che avessere trovato un riparo sotto qualche roccia e che i lampi non cadessero troppo vicini. Mezz’ora di acqua, grandine, tuoni e lampi trasformano questo angolo di Dolomiti in un calderone meteorologico, spettacolare se lo si osserva al riparo, tremendo se si é in sua balia. Torrenti si creano lì dove prima non c’era nulla, uno proprio davanti all’ingresso della galleria. In alto tutto si imbianca a causa della grandine.
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Questa foto é stata scattata da me con l’iPhone poco prima che il temporale si sfogasse
I nostri amici di pedalata arrivano a temporale finito, con le dita blu, semicongelati. Poco riparo su in alto, con sassi che cadevano, smossi dall’acqua, e grandine grossa come chicchi d’uva che batteva sulle parti non protette del corpo.
Non rimane che scendere alla strada del passo Falzarego prima che arrivi la prossima dose di acqua e prendere la seggiovia che ci porta al rifugio Scoiattoli, dove passeremo la notte. Come non detto. Durante la discesa arriva il temporale successivo, che mi becco pure io, per fortuna senza grandine.
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Dopo una doccia bollente il sole torna a splendere e trascorriamo le restanti ore del pomeriggio sulla terrazza del rifugio, fra birre e una splendida jacuzzi in posizione imbattibile.
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Chris Winter, il capo di Big Mountain Bike Adventures, si gode la pace dopo la tempesta
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Nel tardo pomeriggio qualcuno ne approfitta di un giro sui sentieri intorno alle 5 Torri, facendosi fotografare da Sterling e Dan
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La luce serale delle Dolomiti ha incantato anche un pro come Sterling. Nella foto Sam Peridy
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A dir la verità neanche la luce del mattino ha lasciato in pace Sterl, in piedi all’alba per non farsela sfuggire..
Il terzo giorno é stato quello che ci ha portati giù per una valle che normalmente é chiusa ai biker, ma che grazie all’ottimo lavoro di Big Mountain Bike Adventures é stato aperto in maniera del tutto straordinaria per noi. Non posso farvi nomi, ma so che alcuni di voi riconosceranno il posto dalle foto.
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Verso le trincee fra le nuvole basse
Prima di arrivare all’imbocco della valle innominabile ci sciroppiamo la discesa dalle Cinque Torri, attraversando le trincee della prima guerra mondiale e godendoci un bel sentiero piuttosto flow fino alla strada del Passo Falzarego.
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Non sono neanche le 9 di mattina quando cominciamo la salita al Col de Bois, visto che vogliamo evitare a tutti i costi i temporali previsti per il primo pomeriggio, per non finire grandinati come ieri, siamo partiti presto. 500 metri di dislivello ci separano da quella che é probabilmente la discesa più bella di tutte le Dolomiti, sia per paesaggio che per sentiero. Dato che non posso fare nomi, vi lascio alle foto, che parlano da sole.
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Al Col del Bois, inizio della discesa
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Me stesso medesimo all’imbocco della valle
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Tratti fluidi si alternano ad altri impegnativi
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Nuvole non troppo minacciose oggi
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Si scende fino al greto del torrente. Da qui in poi il sentiero é molto fluido
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La perfezione paesagg-sentieristica?
La prova
La Fuel EX 9.8, dopo questi tre giorni di riding, mi é parsa una bici molto ben bilanciata, leggera e con una buona posizione di guida in salita (anche ripida) e con delle ottime sospensioni per la discesa. I 130 millimetri di escursione sembrano essere di più, quando si fanno passaggi tecnici e rocciosi come quelli dolomitici. Il DCRV permette l’uso di tutta la corsa senza avere un sag esagerato e il settaggio delle sospensioni Fox in modalità di salita permette di rendere il carro e la forcella molto stabili ed eliminare quindi il bobbing, pur non chiudendo del tutto l’idraulica.
La geometria mi ha fatto sentire a mio agio da subito, caratteristica questa abbastanza comune alle Trek. Agevole da pedalare in salita, reattiva in discesa. Il giusto compromesso, insomma, per una bici da trailriding.
Bello e funzionale il reggisella telescopico Reverb Stealth, con passaggio cavi interno, così come potenti e ben modulabili i freni Shimano XT. Non del tutto condivisibile la scelta di mettere una guarnitura tripla su un tipo di bici che, comunque, in discesa ti permette di fare in sella dei passaggi piuttosto duri, con il rischio di picchiare la corona più grande. Anche il perno passante Maxle 142×12 si presta ad essere preso dentro, nel suo caso dal polpaccio del biker durante i passaggi a spinta, dato che il suo quick release sporge molto dal telaio (difetto imputabile all’ABP di Trek, che già sporge di suo).
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Le gomme Bontrager, negli ultimi anni, hanno a cominciato ad essere competitive, sia per la tenuta che per il peso. E per il prezzo. Inoltre Trek aveva equipaggiato tutte le bici con il suo nuovo lattice TLR. Pensate che su circa 40 persone, in tre giorni, nessuna ha bucato, su un terreno come quello dolomitico. Questo lattice sarà oggetto di un nostro test separato in futuro. Si tratta di una formula sviluppata direttamente dagli ingegneri Trek.
Sul bagnato le gomme della Fuel EX non mi hanno entusiasmato, complici i tasselli piuttosto bassi, non pensati per un terreno fangoso e scivoloso come quello del primo giorno.
Conclusioni: una vera bici da trailriding, che tradotto in linguaggio europeo significa pensata per i giri lunghi, tipo le traversate alpine di più giorni dove ogni chilogrammo conta.
>>> Trek Bikes
>>> Big Mountain Bike Adventures
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