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Negli ultimi anni hanno fatto la comparsa le cosiddette “endurone”, full che hanno spostato i canonici 160 mm di corsa anteriore e posteriore verso il tetto dei 180 mm. Si tratta di bici che mantengono una discreta pedalabilità e che spesso pagano molto poco rispetto alle loro cugine da 160 mm di travel in termini di peso, dato che a livello di montaggio viene utilizzata componentistica di pari tipologia. La tedesca Ghost propone con la serie 170ER una sorta di via di mezzo; vi appartongono la Cagua Lector del test con triangolo principale del telaio in carbonio, ed un secondo modello chiamato semplicemente Cagua con telaio in alluminio e montaggio un po’ meno pregiato. In termini numerici la serie 170ER si traduce in 165 mm di corsa posteriore gestiti da un classicissimo giunto Horst, 170 mm all’anteriore affidati alla Fox 36 Talas 180 “accorciata”, un angolo sterzo di 66.5° ed un interasse di 1160 mm per la taglia 19″ da noi provata (dati forniti dalla casa, quelli da noi rilevati li trovate a fine test).  Il peso dichiarato di 13.5 Kg abbinato ad un angolo sella di 74° promettono un’ottima pedalabilità per una bici che, almeno sulla carta, dovrebbe comunque dare il meglio di sè in discesa.

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Analisi statica

Cominciamo l’analisi della Cagua Lector con il passaggio alla bilancia, dove abbiamo rilevato un peso di 13.57 Kg. Il risultato è di tutto rispetto, considerando la presenza del reggi telescopico e la Fox 36 Talas da 170 mm la cui struttura è la stessa della versione da 180 mm. Per quanto riguarda il montaggio un paio di soluzioni non ci hanno però convinti del tutto e porvi rimedio significherebbe aggiungere un po’ di peso: cominciamo con le Fat Albert di Schwalbe da 2.4″, dei “gommoni” la cui carcassa fa 60 mm di ingombro. Con circa 800 g il peso di queste coperture è abbastanza contenuto in rapporto alle dimensioni, ma la struttura è di conseguenza e la tenuta in piega dell’anteriore non sempre soddisfacente sugli insidiosi fondi invernali. In definitiva una scelta che non ci sentiamo di bocciare totalmente, ma che in determinate situazioni o per certi tipi di utilizzo o utilizzatori potrebbe rivelarsi inadeguata. Bocciata senza appello su una bici di questo genere è invece la doppia senza bash, viste le alte probabilità di rovinare corona e magari anche catena in caso di impatto sulle rocce o di sassi “vaganti”.

Come anticipato, solamente il triangolo principale della Cagua Lector è in carbonio, mentre carro e biella di rinvio dell’ammortizzatore sono in alluminio come nella versione inferiore. La forcella è la Fox 36 talas da 180 mm “downgradata” a 170-130 mm (travel variabile), mentre l’ammortizzatore è il Monarch Plus RC3 di Rock Shox. La bici ricevuta in test montava una piega Boobar di Truvativ da 740 mm su stem Holzfeller da 50 mm, misure secondo noi indovinate per il tipo di bici (ma qui contano molto i gusti personali). Freni X0 200/180 mm e ruote composte da Cerchi Alex Supra e raggi DT Swiss su mozzi Tune completano il quadro dei componenti fondamentali.

Il routing dei cavi è di tipo classico esterno al telaio, ma ben realizzato e l’azionamento dei comandi fluido ed esente da imprecisioni. Sono inoltre utilizzate guaine prive di interruzioni, il che limita di molto la possibilità di infiltrazioni d’acqua o sporcizia. Di buona fattura anche i passacavi fissati a vite sul telaio, decisamente più funzionali di quelli crimpati che spesso vanno persi e finiscono per essere rimpiazzati dalle fascette da elettricista. Le note negative riguardano la mancanza di protezioni nei punti di contatto fra guaine e telaio ed il routing del cavo di comando del Reverb, realizzato utilizzando un passacavo come quelli applicati sul telaio infilato nella vite del collarino reggisella. Una soluzione che conferisce pulizia all’insieme ma rivelatasi inutilizzabile per due motivi: intanto il passacavo è troppo stretto per permettere al cavo di scorrere liberamente, in seconda battuta costringerebbe il cavo stesso ad una curva innaturale e stressante per il punto di inserzione nel cannotto quando la sella è completamente abbassata. La classica soluzione del cavo avvolto attorno al cannotto farà storcere il naso ai puristi dell’estetica, ma sulla Cagua si è rivelata la migliore dal punto di vista della funzionalità. Notare che, nonostante sul sito Ghost siano riportati 100 mm, il Reverb montato sulla bici del test era da 125 mm di escursione. Sempre a proposito di incongruenze rispetto a quanto riportato sul sito Ghost, segnaliamo il pacco pignoni  SRAM PG1050 11-32T al posto del dichiarato PG 1070 11-36T (quindi niente ancora di salvezza quando si è mezzi scoppiati e la salita ancora lunga e ripida).

La lista delle tecnologie adottate sulla serie 170ER la trovate seguendo questo link, dove però non viene detto che l’ammortizzatore è infulcrato su cuscinetti ad aghi anzichè sulle solite boccole destinate ad usurarsi e fonte di maggior attrito. Un’ottima soluzione dalla quale speriamo altri costruttori prendano esempio.

Per ottenere un SAG del 25% con un biker di peso medio (circa 75 Kg), abbiamo dovuto caricare il Monarch con circa 160 psi. Un valore abbastanza basso e perciò poco stressante per l’ammortizzatore.

Nonostante la posizione in sella abbastanza raccolta determinata anche dal corto stem, sia da seduti che alzandosi sui pedali l’avantreno è ben caricato. Anche da questo punto di vista la Cagua è perfettamente in linea con le tendenze attuali: piega dal rise contenuto, il minimo sindacale di spessori sotto lo stem (5 mm), peso ben caricato sull’anteriore combinato ad un angolo sterzo disteso.

Chiudiamo questo paragrafo dicendo che, diversamente da quanto avviene su molte bici di questa categoria, sull’obliquo della Cagua è possibile montare un portaborraccia.

 

   

Niente di nuovo sotto il sole per quanto riguarda la sospensione posteriore della Cagua, un tradizionale e collaudato giunto Horst. L’estetica è però moderna e curata in ogni dettaglio, sia a livello di linea che di grafiche.

 

  

Nella foto di sx: ecco cosa succede utilizzando il routing predisposto da Ghost per il cavo del reggisella telescopico. Nessun problema invece con la classica soluzione del cavo avvolto attorno al cannotto.

 

   

Il cockpit della Cagua Lector: azzeccate per il tipo di bici ed in linea con le attuali tendenze le quote di stem e piega. Bello ed utile ai fini del risparmio di peso il MatchMaker di SRAM, in pratica un solo collarino per il fissaggio dei vari comandi sul manubrio (remoto del Reverb incluso).

 

  

A differenza della maggior parte delle bici di questa categoria, le quali adottano tubi sterzo conici, Ghost ha scelto per la Cagua la soluzione da 1.5″. Il vantaggio sta nella maggior rigidità dell’insieme, dato che si ottiene una struttura massiccia anche a livello di congiunzione fra top tube, obliquo e tubo sterzo. Lo svantaggio, oltre ad un piccolo incremento di peso, è quello di uno standard poco diffuso rispetto al conico che è ormai la norma. Il triangolo principale della Cagua Lector è in carbonio e sia l’obliquo che il top tube sono curvi: ogni tanto qualche concessione all’estetica la fanno anche i Tedeschi…

 

   

Il tendicatena della Cagua è funzionale e solido. La grossa Fat Albert da 2.4″ passa però a pochi mm di distanza, e quando la flessione dell’insieme ruota/carro supera una certa entità (ad esempio pedalando con decisione in fuorisella) la gomma vi sfrega contro. Sbattendolo su una roccia lungo una discesa tecnica il tendi ha retto egregiamente e non si è stortato di un milllimetro, ma l’urto l’ha fatto ruotare mandandolo a schiacciare la guaina del cambio posteriore che passa fra fodero inferiore e tendi stesso. Il cavo a quel punto scorreva a fatica rendendo la cambiata imprecisa e per riportare il tendi nella posizione corretta è stato necessario smontare la guarnitura (lavoro che richiede due minuti ed una chiave esagonale). Per il fissaggio di ruota e cambio Ghost si è affidata al sistema X-12 di Syntace, il cui forcellino dovrebbe garantire flessioni praticamente nulle.

 

   

Ed ora un paio di note negative: pur non inclinandole eccessivamente verso il basso,  le leve freno vanno a sbattere contro il top tube in caso di rotazione della piega di oltre 90° (può facilmente capitare in caso di caduta).  Il problema è risolvivile adottando una piega dal rise più accentuato e/o mettendo degli spessori sotto lo stem, cosa che però avrebbe delle ripercussioni a livello di feeling di guida. La soluzione di montare una piega 4 cm più larga non sarebbe sufficiente, ed in ogni caso varrebbero le stesse considerazioni. Sarà pur vero che anche l’estetica vuole la sua parte ed aiuta a vendere più bici, ma dal punto di vista tecnico un top tube dritto avrebbe probabilmente evitato il problema senza apportare alcuno svantaggio concreto (anzi…). Il gruppo completo Sram X.0 è leggero, funzionale ed affidabile. La guarnitura non fa eccezione, ma la scelta di non montare il bash non ci ha convinti.  La buona luce da terra e la scarsa tendenza della sospensione ad insaccare mettono al riparo da facili contatti con il terreno, ma basta una volta per danneggiare corona e catena.

 

Ghost ha scelto di far gestire i 165 mm di corsa della Cagua dal Monarch Plus RC3 di Rock Shox (222 mm x 66 mm). Rispetto al Monarch “classico” questo ammo è maggiormente orientato alla discesa e nel corso del test ha sempre funzionato a dovere dimostrandosi affidabile. Punto forte dell’RC3 è la grande efficacia della regolazione in compressione impostabile con una levetta su tre livelli, anche se persino eccessiva e forse in parte causa della non eccelsa sensibilità della sospensione posteriore della Cagua. La posizione più aperta è la sola ragionevolmente utilizzabile in discesa, dato che con le altre due l’ammortizzatore sarebbe troppo frenato. Le due posizioni più chiuse sono comunque una manna sulle salite più estreme.

Un discorso abbastanza analogo può essere fatto per quanto riguarda il ritorno, dato che con circa 160 psi di pressione per un SAG del 25% abbiamo sempre tenuto il registro a non più di 3/4 click dal tutto aperto. Non è da escludere che in condizioni ambientali più favorevoli l’idraulica sia un po’ meno “addormentata”, ma rimane il dubbio su cosa potrebbe accadere nel caso di utilizzatori più leggeri di noi, a meno che nelle taglie inferiori non vengano adottati tuning diversi.

Chiudiamo il discorso ammortizzatore segnalando una piccola anomalia da “pignolik”, come direbbe il mai dimenticato Ser Pecora: l’interasse dell’ammortizzatore era di 2/3 mm inferiore rispetto ai 222 mm nominali. Osservando i valori di SAG riportati sullo stelo avevamo inizialmente pensato che l’ammo non si estendesse completamente, dato che il segno del 10% fuoriusciva da barilotto meno dei 6.6 mm a cui sarebbe dovuta stare (10% dei 66 mm di corsa). Fin qui tutto ok, ma perchè il cerchio si chiudesse il travel reale avrebbe dovuto essere ridotto di conseguenza rispetto ai 66 mm dichiarati. La cosa strana è che il travel era invece perfettamente nominale, ed anzi più abbondante che scarso. Va beh, come detto si parla di un paio di mm…

 

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Salita scorrevole

Peso contenuto, angolo sella verticale e gomme sufficientemente scorrevoli: la Cagua Lector è efficace e piacevole da pedalare anche sulle salite particolarmente lunghe e continue. Il carro è tuttavia affetto da un leggero bobbing che la pur efficace frenatura in compressione del Monarch non riesce ad annullare totalmente. Il fenomeno è più marcato spingendo rapporti lunghi in pianura o in falsopiano, ma come detto la frenatura del Monarch è molto efficace e mantiene l’inconveniente entro limiti più che accettabili. All’aumentare della pendenza la bici si siede molto poco, conseguentemente non c’è quasi mai la necessità di abbassare la Fox Talas a 130 mm di corsa.

 

Salita tecnica

Se un comportamento accettabile sullo scorrevole è ottenibile con pochi ingredienti anche con bici dall’escursione elevata, sul tecnico le cose si complicano un po’. In questa situazione bisogna infatti combattere con la tendenza della sospensione posteriore ad insaccare e conseguenti effetti collaterali (perdità di direzionalità, fenomeni di pedal kickback, posizione in sella sfavorevole alla pedalata, abbassamento del movimento centrale con conseguente rischio di impattare il suolo con i pedali). La Cagua evita tutto ciò grazie alla forte frenatura in compressione del Monarch ed all’angolo sella di ben 74° (soluzione particolarmente gradita). Finchè la pendenza non è al limite ed il percorso non troppo tortuoso si sale bene anche con la forcella settata a 170 mm, mentre portandola a 130 mm la Cagua diventa molto agile e l’azzeccata altezza del movimento centrale unita alla scarsa tendenza a “sedersi” lasciano un buon margine prima di impattare il suolo con i pedali. In definitiva il comportamento della Cagua è ottimo.

 

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Discesa veloce/sconnessa

Su questo tipo di fondo la Cagua Lector presenta due facce. Quando la velocità supera una sorta di “soglia di galleggiamento” è infatti stabile e sicura, la geometria non presta il fianco a critiche e le sospensioni lavorano a dovere. Alle velocità più ridotte, complice la maggior difficoltà nel “pompare” alleggerendo sugli ostacoli, si ha invece la sensazione che la ruota posteriore rimanga “agganciata” agli ostacoli e la bici fatichi a prendere velocità. Crediamo che la causa di questo comportamento sia da cercare in una certa “legnosità” della sospensione posteriore, forse attenuabile con una minor frenatura in compressione dell’ammortizzatore. Queste caratteristiche, abbinate alla posizione di guida ben caricata sull’anteriore ed alla buona resistenza al bottom-out, ci hanno fatto propendere per valori di SAG più elevati di quelli che abitualmente usiamo su bici di questo genere.

 

Discesa scorrevole/guidata

Sui fondi meno sconnessi ma molto guidati la Cagua abbina stabilità e sicurezza ad un’ottima reattività ed agilità. La distribuzione dei pesi rende la bici facile da girare anche se non si possiede una guida super-aggressiva, mentre sui rilanci risponde molto bene mostrando in un certo senso il lato positivo del comportamento della sospensione posteriore (ci riferiamo ovviamente alla non eccelsa sensibilità di cui si è detto al capitolo “discesa veloce/sconnessa”). Come anticipato, la resistenza al bottoom-out è buona pur permettendo di sfruttare quasi tutta la corsa sui drop che ragionevolmente si può pensare di affrontare con una bici del genere su fondi naturali. Chi volesse andare oltre, magari per un occasionale utilizzo in bike park, potrebbe comunque ridurre il SAG da noi sempre tenuto piuttosto abbondante (25-30%). Peccato che sui fondi viscidi o ghiacciati spesso trovati durante il periodo di test la Fat Albert montata all’anteriore sia stata causa di qualche incontro ravvicinato di troppo con il suolo.

 

Discesa tecnica

Nonostante la Cagua richieda una posizione abbastanza arretrata per scaricare l’anteriore sui tratti più ostici, sul tecnico la bici è precisa, la sella totalmente abbassabile permette libertà di movimento e l’angolo sterzo di 66° (rilevati) conferisce sicurezza. Le regolazioni in compressione della Fox Talas sono efficaci e comode da azionare, il che viene in aiuto a chi dovesse trovarsi in difficoltà a causa della linearità tipica di questa forcella. A nostro modo di vedere il problema è comunque meno rilevante che in passato, vista la tendenza alla quale la Cagua non sfugge di aprire gli angoli sterzo con conseguente minor propensione all’impuntamento. La mancanza del bash o del 44t che ne faccia le veci (si fa per dire) costringe ad una certa attenzione sui tratti più sconnessi o con gradoni di una certa entità, dove è opportuno scegliere le linee a minor rischio di impatto. Il movimento centrale in ogni caso è sufficientemente alto da permettere una discreta tranquillità in quasi tutte le situazioni.  Buono il comportamento dei freni Avid X-0 dal punto di vista della potenza e della resistenza a fatica, ma all’usurarsi delle pastiglie il comportamento del posteriore è diventato molto irregolare ed è stato necessario aggiungere un po’ d’olio nell’impianto.

 

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Conclusioni

Grazie alle geometrie particolarmente azzeccate abbinate al montaggio di alto livello, la Cagua Lector è divertente, efficace e veloce in quasi tutte le situazioni. Fa eccezione la discesa sconnessa, dove si paga qualcosa sia in termini di comfort che di velocità a causa della sospensione posteriore poco “plush”. Si tratta comunque di un mezzo che in salita ha poco da temere da molte all mountain, mentre in discesa escursione e geometrie garantiscono la sicurezza tipica dei mezzi da enduro. Queste caratteristiche la rendono una scelta top per le lunghe sgroppate alpine su terreno impegnativo.

 

Problemi riscontrati nel corso del test

Al consumarsi delle pastiglie la leva del freno posteriore è diventata sempre più spugnosa e ad un certo punto la corsa talmente lunga da non essere più recuperabile con il registro. Aggiungendo un po’ d’olio nell’impianto, pur senza fare uno spurgo vero e proprio, la corsa è tornata a livelli accettabili ma il feeling è rimasto un po’ spugnoso.

 

Pesi e dati geometrici rilevati

Interasse: 1167 mm

Angolo sterzo: 66.0°

Corsa anteriore: 170 mm

Corsa posteriore: 160 mm

Altezza movimento centrale: 355 mm

Affondamento sella (quanti mm il reggi può essere inserito nel tubo sella): > 400 mm

Peso senza pedali tg. 19″: 13.570 kg

Peso ruota ant completa*: 2019 g

Peso ruota post completa*: 2331 g

* = ruota in ordine di marcia, quindi incluse coperture, dischi e pacco pignoni. Sono esclusi i perni di fissaggio.

Prezzo

4999 Euro

 

La Ghost Cagua Lector analizzata con Linkage (grafici realizzati da Zergio)

 

Rapporto di compressione

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Il primo dato che rileviamo è quello del rapporto di compressione, che nella Cagua è mediamente basso (2.4 ca.).  Ricordiamo che un rapporto di compressione contenuto è da intendersi come un pregio in quanto significa minor stress per l’unità ammortizzante ed idraulica che lavora al meglio.

 

Grafico delle forze

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Sul grafico delle forze spendiamo due parole in più, anche se in realtà è strettamente legato all’andamento di quello del rapporto di compressione. Nel caso della Cagua ci troviamo di fronte ad una sospensione progressiva sin dai primi mm di corsa, progressività che a partire da circa 100 mm di corsa va man mano smorzandosi  sino ad invertire l’andamento attorno a 130 mm di corsa e divenire regressiva negli ultimi 30-35 mm. Questo è il comportamento che si otterrebbe con un ammortizzatore a molla, quindi lineare, mentre nel caso della Cagua il comportamento reale della sospensione sarà influenzato dalla progressività dell’ammortizzatore ad aria.

Con gran dispiacere per chi in passato ci ha invitati a spendere meno tempo con numeri a grafici, anche stavolta il comportamento rilevato sul campo trova un buon riscontro a livello teorico. L’iniziale progressività della curva spiega infatti la non eccelsa sensibilità della sospensione e l’ottima risposta in fase di rilancio sui fondi meno accidentati. Per quanto riguarda il comportamento in zona finecorsa, la regressività della curva ben si sposa con la progressività intrinseca degli ammo ad aria permettendo di sfruttare tutto il travel senza bisogno di salti in stile Red Bull Rampage.

Un’unità ammortizzante meno frenata in compressione (l’ammo montato aveva un tuning “M”, quindi una frenatura media) potrebbe aiutare sul fronte della sensibilità. L’altra faccia della medaglia sarebbe però una risposta meno “piena” in fase di spinta sui pedali e, soprattutto, il rischio di qualche finecorsa di troppo. Sarebbe comunque interessante poter fare qualche esperimento con un ammortizzatore meno frenato ma con una maggior resistenza al bottom-out (magari quest’ultima regolabile).

 

 

 

 

 

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