Il giro dei 5 rifugi di Fanes e Sennes è considerato uno dei più belli al mondo per gli appassionati della mountain bike. L’ho fatto per la prima volta ormai tanti anni fa, nel 2004, ed era il primo anno che usavo una mountain bike, dopo aver iniziato a pedalare con la bici da corsa. Mi ricordo che ero in ferie a Dobbiaco con 2 dei miei 4 figli, e per qualche giorno non c’era mia moglie che era impegnata a Merano. Loro si svegliavano normalmente verso le 9, perciò l’unica possibilità di fare quel giro che mi avevano descritto come molto bello era di rientrare per quell’ora. La sera prima li avviso che la mattina dopo sarei rientrato entro le 9 e di non preoccuparsi se non mi vedevano. Preparo zaino e bici e tutti a nanna. Alle 4.30 parto da Dobbiaco alla volta del parcheggio di S. Uberto vicino a Cortina e alle 5, alle prime luci dell’alba, sono pronto a partire. Salita dura fino al rifugio Sennes, poi discesa su forestale fino al Pederù, risalita fino al Fanes e al passo Limo e lunga discesa fino al parcheggio. 33 km e 1500 metri di dislivello e panorami a dir poco fantastici. Alle 8.30 finisco il giro e alle 9 puntualissimo sono in campeggio per la colazione con i figli che si stanno svegliando in quel momento. Robe da matti a pensarci adesso, ma in quegli anni di uscite all’alba ne ho fatte veramente tante, in estate quasi sempre a dire il vero, e ancora adesso non disdegno, ogni tanto, di cominciare un giro prima che il sole sorga. Ci vuole un po’ di coraggio a buttarsi fuori dal letto col buio, ma quando si comincia a pedalare con l’aria fresca e pulita, senza auto in giro, senza pedoni sui sentieri e con il sole che sorge dietro ad una montagna o sul mare è una goduria unica!
Dopo quella prima volta, in questi anni da quelle parti sono passato tante volte, ma sempre con varianti al giro classico, perché il percorso è sicuramente bello, ma a me piacciono i sentieri, e li di sentieri praticamente non ce ne sono, solo forestali. Allora mi sono inventato le varianti per la forcella Lerosa, per il rifugio Biella e malga Cavallo, per la forcella Sennes e il lago di Braies. Sicuramente più impegnativi, ma con sentieri molto belli e i “soliti” fantastici panorami. Poi ci sono passato come guida di mtb, accompagnando vari gruppi, facendo il giro con calma, fermandoci a mangiare nei rifugi e finendo a sera, e la cosa più bella è sempre vedere le facce, stanche ma estasiate, dei biker di fronte a cotanta bellezza naturale.
Negli ultimi anni, con l’avvento delle fat bikes anche in Italia, avevo sentito parlare di qualcuno che era arrivato al rifugio Sennes sulla neve, e anche al passo di Limo. Nessuno forse aveva già fatto il giro intero sulla neve, anche perché bisogna aspettare le condizioni giuste, con neve battuta dal passaggio dei numerosi escursionisti e ciaspolatori. Condizioni che si verificano poche volte all’anno, solitamente a fine inverno. Sono tre anni che aspetto il momento giusto, e sembra che quest’anno il momento sia arrivato. Sono a Dobbiaco, è una settimana che non nevica, domenica è previsto tempo stabile e caldo e ho tutta la giornata libera. Telefono a tutti i rifugi per assere sicuro dell’apertura e per verificare che non ci sia ghiaccio. Sembra tutto a posto.
Come al solito mi piace condividere e annuncio che sarà un giro di quelli speciali. Pochi però colgono che questo sarà un giro di quelli veramente speciali, da ricordare probabilmente per sempre, e alla partenza trovo i vecchi amici Carlo e Mirco di Bolzano, oltre ai nuovi amici Gabriele con la moglie Michaela di Ravenna. Siamo tutti “armati” di fat bike, meno Michaela con la sua Specy turbo levo 27.5 plus.
Ci troviamo alle 8.30 e con un po’ di ritardo, poco prima delle 9 siamo pronti a partire. Si sale subito verso il rifugio Ra Stua con tratti molto ripidi, che con i meno 5 gradi di temperatura e i muscoli freddi non sono facili da digerire. Appena si arriva al sole le cose però cambiano e si sta subito meglio.
Ci riposiamo un attimo con una breve sosta davati alla grotta ghicciata.
E in breve arriviamo al rifugio Ra Stua.
Qui il bosco finisce e si comincia a intravedere il panorama che ci accompagnerà tutto il giorno.
Anche la strada spiana e saliamo con calma sulla neve ben battuta.
Ma la pace dura poco, perché subito comincia la parte più dura di tutto il giro, il famoso ripidone lungo la val Salata. D’estate sono riuscito a pedalarlo tutto solo gli ultimi due anni, con la fat e il suo enorme grip delle gomme semisgonfie.
La prima parte riusciamo a pedalarla, poi la pendenza e specialmente la neve che comincia a mollare, nonostante siano solo le 10, ci obbligano a spingere. Poco male, qualche minuto a piedi e si fa conoscenza con i nuovi amici.
Passato il primo tornante l’esposizione cambia, la neve è più dura e si ricomincia a pedalare anche sul ripido.
Ormai siamo oltre i 2000 metri, la neve risente meno della temperatura, si pedala benissimo e il panorama è sempre più bello!
L’ultimo tratto in piano prima di arrivare al rifugio è veramente spettacolare e ce lo godiamo tutto.
Eccoci finalmente al rifugio Sennes a 2126 metri, finora è stata tutta salita e ci concediamo un cappuccino, oltre a cambiarci le maglie sudate, visto che annuncio agli amici che da qui sarà tutta discesa fino al rifugio Pederù.
Ci aspetta adesso uno dei tratti più belli e divertenti di tutto il giro, d’estate la piana del lago di Senes è un bellissimo prato verde e adesso è meravigliosamente bianca.
Comincia la discesa e comincia lo spettacolo!
I col de Lavinores e di Tamersc verso la val Badia a fare da magnifico sfondo.
La discesa è veloce e molto divertente e i panorami sono fantastici.
Cominciamo ad abbassarci di quota e a entrare nel bel bosco di pini cembri, con sullo sfondo il Sasso della Croce.
Si scende, si scende, abbiamo 800 metri di dislivello sulla neve da fare verso il rifugio Pederù e arriviamo sul tratto più ripido. Quanto è piccolo l’uomo di fronte alla natura!
D’estate questa è una strada cementata molto ripida, quasi tutta oltre il 20%, ma piuttosto noiosa, in queste condizioni invece è il massimo del divertimento e affrontiamo le curve velocemente in derapage.
A dire il vero gli altri scendono velocemente, perchè Michaela è alle primissime armi sulla neve e giustamente non si fida a mollare i freni sulla ripidissima discesa innevata. Naturalmente io, da brava guida, le faccio da angelo custode, cosi ci possiamo godere con calma lo spettacolo delle sorgenti ghiacciate.
Ecco laggiù il rifugio Pederù, la parte più “civilizzata” dell’intero giro, è ormai mezzogiorno e ci fermiamo al sole per gustare le specialità tipiche della zona.
Appena finito di mangiare richiamo il gruppetto per la partenza, siamo solo a metà giro e non possiamo rilassarci troppo, anche perché so che l’ultima discesa è molto lunga. Ci lasciamo cosi alle spalle il Pederù e la val de Tamersc.
Cominciamo a salire per il vallone di Fanes con i suoi splendidi panorami.
Le imponenti Crode Ciamin ci ricordano ancora una volta quanto il piccolo uomo debba portare rispetto per la montagna.
Gli sfondi continuano a cambiare molto rapidamente. Questa è una delle caratteristiche di questo magnifico giro, dietro ad ogni curva un panorama differente.
E proprio per questo non si riesce, e non si deve, tenere la testa bassa, queste splendide cime vanno godute in ogni momento.
Vista la pendenza si sale con calma, non abbiamo fretta e le soste per le foto (e per riposare) si sprecano!
Fra l’altro comincia a fare anche molto caldo, siamo passati dai meno 5° della partenza a più 12° e ci dobbiamo toglire tutto quello abbiamo per non sudare troppo.
La neve comincia ad essere molto molla, ma si riesce a salire lo stesso abbastanza bene e siamo adesso sotto le guglie del “castello” di Fanes.
Eccoci ai 2060 metri del rifugio Fanes, manca poco ormai per arrivare al punto più alto e un caffè o una birra sono d’obbligo!
Ripartiamo e adesso la strada innevata si restringe e si impenna, in compenso la neve è più compatta e si riesce a pedalare molto bene.
Più ci alziamo e più il campo visivo si allarga verso il bellissimo anfiteatro naturale del Sasso della Croce, da questa parte formato da docili prati innevati, mentre dalla parte opposta le rocce cadono a picco sulla val Badia.
Eccoci finalmente sul punto più alto del percorso e, visto che da qui c’è solo discesa, alla fine delle nostre fatiche (o almeno cosi crediamo)!
Il passo Limo a 2176 metri è raggiunto e ci rilassiamo con un autoscatto godendoci il fantastico panorama.
Il sentiero contina adesso in piano, passando vicino al lago (ghiacciato) di Limo e proprio di fronte alle cime di Furcia Rossa.
Cominciamo a scendere, ma notiamo che la traccia battuta va verso il rifugio Fanes Grande, mentre noi dobbiamo andare verso la val di Fanes e Cortina.
Purtroppo questo sentiero è scarsamente battuto, ci sono passati solo pochi ciaspolatori, in più la neve è piuttosto molla e, quando la pendenza diminuisce, siamo costretti a spingere e camminare affondando nella neve. Questo era l’unico sentiero del quale non ero riuscito ad avere notizie.
Poco male, si tratta di camminare nel tratto in piano, poi quando la pendenza aumenta riusciamo a stare in sella.
Non abbiamo calcolato però, che Michaela ha solo una plus, e qui si vede la sottile linea di demarcazione fra i due tipi di gomme con queste condizioni di neve, la differenza fra il riuscire a pedalare anche se con un certo equilibrismo e l’affondare, dovendo perciò continuare a spingere la bici.
Vedo che lei è piuttosto stanca, allora le propongo di scambiarci le bici e finalmente anche Michaela riesce a scendere con meno problemi sulla stretta scia di neve e io posso testare la turbo levo in condizioni critiche, ma questa è un’altra storia!
Abbiamo perso molto tempo spingendo le bici, i nostri piedi sono completamente bagnati, ormai il sole è calato e la temperatura sta scendendo rapidamente, ma ci godiamo questa lunghissima discesa nel bosco sulla stretta scia battuta finche arriviamo a ponte Outo, un vero spettacolo naturale con il suo altissimo orrido.
Ormai siamo quasi arrivati, manca la breve risalita fino al parcheggio, sono ormai le 17 e comincia a fare freddo nella stretta valle all’ombra, ma la gioia per aver completato questo giro è veramente tanta. Non so se sia uno dei giro più belli del mondo, sicuramente è uno dei più bei giri che io abbia mai fatto e con la neve è ancora molto, ma molto più bello!
Attenzione: il giro è quasi completamente pedalabile sulla neve per pochi giorni durante l’inverno, a seconda delle temperature e della neve. Con neve troppo fresca o troppo marcia bisognerà spingere per troppe ore. Informarsi presso i rifugi Sennes, Pederù e Fanes se le strade sono battute. Eventualmente c’è la possibilità di dividere il percorso in due parti, dormendo nei sopraccitati rifugi, sempre aperti durante l’inverno.
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