Solo per fuori di testa: giro del Similaun in giornata, da (prima) dell’alba a (dopo) il tramonto
(Intervista di rovermtb a nonnocarb dopo il giro del Similaun)
Merano, lunedì 11 agosto 2008.
Ieri l’Alto Adige è stato teatro di un’impresa, una di quelle avventure che le persone normali racconterebbero negli anni a venire. Ma questo per lui è all’ordine del giorno: c’è già chi si chiede se questa avventura sia stata più impegnativa di altre già passate.
I numeri parlano chiaro: 5.000 metri di dislivello, 115 km, un biga da 17 kg (escursione
170+170), in 1 giorno.
Tutto è nato sul forum www.mtbforum. it, quando il Diretur l’ha provocato: già aveva provato a
farlo in un giorno, ma gli è mancato l’ultimo passo. Fino ad ieri!
“Parto da Moso in val Passiria alle 5.15, è ancora buio, ma il dislivello da affrontare è tanto e devo tornare prima che faccia di nuovo buio!
Salgo con calma verso il passo del Rombo, le sensazioni sono buone e la gamba gira bene. Sugli ultimi tornanti prima della lunga galleria finale fa capolino il sole a riscaldarmi e mi sorpassa la prima e unica auto che vedo fino al passo, che bello salire nel silenzio totale!”
Ecco come ha avuto inizio la giornata: già di prima mattina, mentre le case cominciavano ad animarsi, un eroe solitario si arrampicava verso la prima vetta.
“Alle 7.45 sono in cima, 2509 m. e mi aspetta la prima lunga discesa fino ai 1489 m. di Zwieselstein, con tratti tecnici e impegnativi, tutta all’ombra, vista l’ora!”
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Quindi anche condizioni meteorologiche e climatiche ostili:
“Mi cambio, indosso le protezioni mentre mangio il primo panino della lunga giornata e via, in quello che mi sembra un attimo sono già a valle, rialzo la sella della bici e tolgo le protezioni mentre mangio un secondo panino in previsione della lunga salita che mi deve portare fino al punto più alto del tour, 3019 m. Sono le 9 e sto rispettando la mia tabella di marcia, che prevede di ripartire dai 2500 m. del rifugio Martin Busch per mezzogiorno e dal rifugio Similaun al massimo per le 14.”
Questa dunque è la tabella di marcia: sei riuscito a rispettarla?
“Arrivato a Vent riempio ad una fontana lo zaino idrico, mangio una barretta energetica con un po’ di frutta secca e affronto la bella, ma dura sterrata, riuscendo a pedalare senza scendere di sella gli ultimi durissimi strappi nonostante i 17 kg della mia Scott Nitrous e arrivo per le 11.35 al rifugio Martin Busch. Sono in perfetto orario e mi posso concedere uno strudel di mele, beh facciamo due, dai, me li merito! Riparto a mezzogiorno e purtroppo, come previsto, il cielo comincia a coprirsi e si alza un forte vento da sud che scende dal ghiacciaio. Continuo a salire, la prima parte ancora pedalata, poi a spinta si cammina direttamente sul ghiacciaio, ogni anno sempre più ristretto e con crepacci sempre più grandi. Il vento aumenta e, vista l’altezza, è anche sempre più freddo, ma preso dalla voglia di arrivare non mi copro e continuo con la maglietta bagnata. Grave errore! Mi si blocca la digestione e lo strudel (doppio) non va ne su ne giù. Per fortuna arrivo presto ai 3019 m. del rifugio e occupo subito il bagno! Indosso vestiti asciutti e la giacca antivento mentre mangio il terzo panino dei sei che mi sono portato nello zaino, autoscatto la foto di rito
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e alle 14, con puntualità quasi impressionante, affronto la impegnativa ma divertente discesa fino ai 1696 m. del lago di Vernago in val Senales. A Madonna di Senales riempio ancora lo zaino idrico e arrivo ai 1200 m. dell’imbocco della val di Fosse in netto anticipo sulla tabella di marcia. Non per niente ho scelto di fare il giro con la fida Nitrous, i 17 kg si sentono in salita, ma in discesa i 170+170 mm davanti e dietro si sentono ancora di più, si vola!”
Quindi procede tutto per il meglio?
“Non proprio, sento le gambe molli per i crampi che ho allo stomaco che non è per niente a posto e devo affrontare ancora 1700 m. di dislivello! Che faccio? Desisto e torno con la coda fra le gambe a Merano? Basterebbe scendere lungo la comoda val Senales e in un’ora sarei praticamente a casa! Facile! Ma mi dispiacerebbe proprio molto! Per fortuna riesco a “liberarmi” nel vicino boschetto, mangio un panino, torna il sole a scaldarmi e tornano anche le forze. Si riparte!”
Sicuramente non manca l’entusiasmo: oramai – come si dice – la strada è tutta in discesa?
“Discesa? Salita direi! La val di Fosse è durissima, prima asfalto al 20%, poi duri strappi sulla forestale. Faccio un paio di brevi pause e mangio ancora della frutta secca, poi la valle si addolcisce e lentamente arrivo al maso Gelato alle 17.30. Da qui mi aspettano ancora due ore e gli ultimi, infiniti, 800 m. di dislivello, gran parte a spinta, fino a 2900 m.. Una pausa è d’obbligo, ma il più corta possibile, devo riuscire ad arrivare al passo Gelato almeno un’ora prima del buio, per non rimanere bloccato al rifugio. Riempio per l’ultima volta lo zaino idrico, mangio l’ennesimo panino e via, un tratto pedalato, poi la sterrata si trasforma nella vecchia e stretta stradina militare che sale a serpentine verso il passo. I tratti pedalabili non sono molti, specialmente nelle mie condizioni. Incontro gli ultimi escursionisti che scendono dal passo, il cielo si è di nuovo coperto, il vento rinforza ancora, questa volta sale verso il passo. Indosso subito la giacca antivento, visto che lo stomaco non è ancora a posto, la salivazione è azzerata, bevo ogni minuto, guardo il gps e conto prima le centinaia di metri, poi i metri che mi separano dal passo, eccolo lassù, lo vedo, ma sembra irraggiungibile! Gli ultimi metri il sentiero sparisce, carico la bici in spalla, siamo quasi a tremila metri e anche l’ossigeno diminuisce, mi sembra di essere Messner sull’Everest! Finalmente ecco il passo, sono le 19.30, il vento è molto forte, autoscatto la foto e corro a riprendermi un attimo nel rifugio.
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Un attimo appunto, perché dopo aver indossato le protezioni e mangiato il sesto e ultimo panino, mi rimane solo un’ora di luce e mi aspetta una lunga e non facile discesa, 1800 m di dislivello, prima tecnica, poi su sterrata e asfalto fino a Moso.”
Quindi ora possiamo dire che sia davvero finita?
”Un sorriso comincia a stemperare la tensione di pochi minuti prima, sto quasi pensando di avercela fatta! Il gestore mi augura buona fortuna (!) e mi getto lungo gli infiniti tornanti che raggiungono la malga Lazins. Nonostante la stanchezza e le notevoli difficoltà del percorso, riesco anche a godermi la discesa e a divertirmi saltando le centinaia di alte lastre di pietra messe di traverso su sentiero, arrivo alla malga e continuo sulla veloce forestale fino a Plan, c’è ancora un po’ di luce e mi butto sull’asfalto che conduce a Moso. Si accendono le luci e arrivo in paese in perfetto orario alle 21 mentre cala il buio, ecco la macchina, ce l’ho fatta!”
Ed ora? Neppure il tempo di recuperare le gambe che già si pensa alla prossima impresa: Svizzera, Austria? Chi lo sa, sicuramente ci saranno altre avventure da raccontare!
Ma questa è un’altra storia….
Un doveroso ringraziamento a rovermtb per l’idea
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