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C’è un posticino magico, prima ancora di tuffarsi nella Valle del Rodano, che ispira innumerevoli esplorazioni e varianti selvagge: il Passo del Sempione; se non altro perché ci si arriva velocemente e subito si viene proiettati in mezzo ai più maestosi ghiacciai ed alle vette aguzze del Vallese.
Dopo aver palpeggiato coi tasselli la maggior parte dei morbidi pascoli e sentieri più a nord, durante altre incursioni, restava intrappolato sulla mappa un piccolo sogno più ardito, che interessava un colle probabilmente ostico, alle falde delle propaggini settentrionali del Fletschhorn. Obiettivo: una serie di laghetti alpini sospesi su un terrazzo tra pareti di roccia e pietraie.
Yura accetta di buon grado di accompagnarmi nella mia prima uscita in bici ad alta quota dopo i lunghi mesi fermo per una frattura. Perfetto. Mi attende una giornata con una compagnia superlativa, che so già che sarà incoronata da ricordi di una bellezza rara.
Lasciamo l’Italia in una mattina d’aria cristallina, senza una nuvola, con una luce mozzafiato, per conficcarci in una densa nebbia gelida sul passo del Sempione (2000m). 5°C, vento, umidissimo, visibilità scarsa e colori spenti. Eh no, eh!
Cominciamo a salire, vestiti come in pieno inverno, negando la possibilità – tutt’altro che remota – che un turbinoso cumulo grigio resti impigliato nell’elmo del guardiano di pietra del Simplonpass, lo Spitzhorli (2737m), nostra prima meta odierna.
Man mano che guadagnamo quota, l’azzurro si riappropria progressivamente del suo cielo, riscoprendo la tavolozza di colori dei pascoli.
Le piantine di mirtillo si stanno tingendo di amaranto, i prati sfumano il verde in oro e le recenti nevicate zuccherano le vette intorno.
Prima si scopre il massiccio del Monte Leone (3553m).
Anche l’arido Wasenhorn (3246m) impolverato di bianco assume una maestà severa.
Poi finalmente il Fletschhorn (3994m) si spoglia dei veli svolazzanti e si mostra nella sua imponenza, capace di nascondere il Lagginhorn (4010m) e Weissmies (4017m) ad esso allineati.
Chi sa cosa l’aspetta all’Üsseri Nanzlicke (2602m) vive l’ultima parte dell’ascesa con una trepidazione pre-natalizia: prima ancora di arrivare sulla cima dello Spitzhorli, l’affaccio sulla Nanztal offre uno spettacolo di una bellezza rara, con la schiera dei 4000 che costituiscono le poderose quinte, poste a dividere la successione delle valli del Cantone verso l’Italia e verso il Bernese.
Ma noi siamo ancora più fortunati, perché la Natura ci regala delle condizioni di eccezionale bellezza effimera: una coltre di bambagia separa le guglie accuminate dalle dolci vallate e una magia di cristalli bianchi sul versante occidentale, che le nuvole hanno depositato sui fili d’erba, il vento ha pettinato e il sole sta cominciando a far scintillare.
Brillano le modanature della Nanztal, davanti ad uno sfondo di picchi neri e ghiacciai, la cui arroganza solitamente monopolizza l’attenzione.
Rapidamente raggiungiamo la vetta dello Spitzhorli, restando incantati per l’ennesima volta dallo spettacolo a 360°. Gruppo del Dom di Mischabel, gruppo del Weisshorn, Cervino, Grand Combin, Diableret, Wildhorn, Wildstrubel, Bieschhorn.
Fatichiamo a decidere dove sederci per mangiare un panino, perché in ogni direzione lo show è ammaliante.
Ce la stiamo prendendo con calma, ma l’aria è frizzante e il vento ci pungula a ripartire piuttosto in fretta, prima che si congelino le mani. È meraviglioso saltare e surfare sulle pietre in alta montagna. Lo adoro.
Tornati velocemente all’Üsseri Nanzlicke, la magia di ghiaccio è svanita e ci lanciamo senza frenare lungo il favoloso sentiero militare che serpeggia in lieve pendenza, addentrandosi nella Nanztal. Esaltante, finché non pizzico e spacco un raggio. Lame di roccia che non tollerano certe esuberanze.
Visto come cattivo auspicio, tentenno sull’opportunità di raggiungere il secondo obiettivo della giornata, ripiegando invece su una discesa nota, più soft. Ma il sorrisone di Yura mi rincuora. Se ci tiene anche lui a mettersi nei guai, allora siamo pronti ad affrontare le incognite più spigolose. Grande amico.
Sfioriamo la serie di colli erbosi che ci permetterebbero di ritornare verso il Sempione per prati e sentieri divertenti, proseguendo quasi fino in testa alla vallata. Riprendiamo quota, pedalando fino a poche decine di metri dalla Sirwoltesattel (2621m), che raggiungiamo spingendo brevemente.
Stretto tra il Galehorn (2793m) e il Sirwoltehorn (2845m) la scena si concentra intorno ai laghetti che occhieggiano i dossi erbosi della conca orlata dalle pareti del Böshorn (3268m). La cosa stupefacente sta nei colori di questi specchi incrinati dal vento gelido: il primo, piccolo, è turchese trasparentissimo; il secondo è nero puntinato di bianco per alcune rocce candide sul basso fondale; il terzo, smeraldo coi riflessi d’oro; il quarto più grande e fondo, invece è smeraldo intenso; mentre “le salme di un ghiacciaio” languono tra detriti e sabbie, caratterizzati dal tipico colore dell’acqua glaciale: acquamarina-grigiastro. A poche decine di metri l’uno dall’altro, costituiscono un fenomeno cromatico inusuale.
La discesa dal passo inizia alla grande, sul bel sentiero tra i prati pionieri, ma presto ci facciamo incuriosire dagli scorci sui laghi e deviamo, costeggiandoli tutti e finendo in una pietraia caotica. Non si torna indietro, non tanto per pigrizia, quanto per ostinazione inarrestabile: non abbiamo sbagliato, abbiamo scelto un’altra strada.
Dall’altra parte della conca vediamo il sinuoso sentiero che scende tra dolci prati, mentre noi siamo con la bici in spalla a saltare da un macigno all’altro. Mi sento un po’ idiota nella prospettiva di dover perdere 50m di quota a piedi, quando l’alternativa era ciclabile; ma Yura, che mi precede di qualche metro, passata una crestina, si mette in sella e parte. Mah! Allora sono solo questi 5 minuti di portage e il resto è ciclabile? Ottimo!
“Ciclabile” secondo i nostri parametri, visto che è una bella pietraia di boccioni smossi, gradoni e tornantini. Galleggiando, arriviamo in fondo alla sassaiola in sella, sorpresi e soddisfatti.
Bella! – dice Yura.
Per intenditori – dico io.
Ridiamo per l’ennesima volta.
Giochiamo sulle belle curve di un singletrack “cristiano” nel piccolo pianoro che precede il successivo terrazzamento roccioso. Il sentiero, dopo pochi metri attrezzati, si ripiega molte volte su se stesso, affiancato da un’alta cascata.
Ancora un altipiano giocoso e ancora un breve tratto attrezzato, che dovrebbe condurci definitivamente fuori dai guai. Ma il sentiero in un idilliaco pascolo con le vacche, si trasforma in un groviglio di passaggi ostici.
Simultaneamente pensiamo “Credevo che il peggio fosse passato!”, invece fatichiamo più che in salita, interrompendo talvolta la discesa impegnativa con approvvigionamenti di mirtilli.
Arriviamo a Chlusmatte (1810m) provati, ma molto soddisfatti. Esplorazione completata! Molto bella, “per intenditori”.
Non ci resta che raggiungere il Simplon Dorf (1472m) sul placido e veloce Stockalperweg, mulattiera commerciale seicentesca, divertendoci con spensieratezza, dopo tanto impegno.
Grazie Yura. Grazie per essere matto, non essere lagnoso, anzi sempre incoraggiante e per rendere i miei ricordi più belli, con mille foto da copertina.
Alla prossima!
Testo by Happykiller, foto di Yura & Happykiller
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