Le linee di sentiero e le curve di livello della mappa si intrecciano in una ragnatela da cui mi è impossibile discernere i colori dell’erba, il profilo delle montagne e la natura del trail su cui domani le nostre ruote scorreranno.
E sicuramente una descrizione mauro-muldoxese, di stampo decisamente più referenziale che poetico-figurativo, non è esattamente ciò che vado cercando per indovinare le emozioni ad occhi chiusi.
Questa volta però Mauro tradisce la sua natura di tecnico preciso e pignolo, forse perché si sente a casa più in Svizzera che in Italia: in fondo sono solo una dozzina i km di distanza in linea d’aria dell’Engadina dalla sua alcova e forse, aggiungo io, quasi nulli quelli culturali.
E così immagino il Pizzo Bernina, con i suoi più di 4000 metri, imporsi da cornice alle nostre curve e alla conquista sasso dopo sasso del nostro desiderio di libertà in quel volo senza ali che per tutti noi è la MTB.
St. Moritz, così elegante e chic, non è tanto distante dalla nostra tenda, quanto più dalle nostre bocche e corde. Eppure è sempre possibile ritrovare in tutto il mondo un angolo di casa. Così io converso amabilmente con germani e paperelle, che si allontanano per stordimento. Mauro invece preferisce le vetrine sfoggianti coltellini svizzeri.
Dovrei chiedergli se del coltellino, che porta sempre con sè, lo affascinino di più le molteplici possibilità che un piccolo oggetto dispone per tagliarmi la lingua o la razionalizzazione matematica e calcolata degli spazi, che supera quella dei suoi armadi.
La sveglia mattutina, sulle tetre note di Eos degli Ulver, ci fa sgusciare fuori dalla tenda.
La puntualità di Mauro è diversa da quella comunemente definita come svizzera. Calcola con meticolosità i tempi di ogni possibile contrattempo che producono un anticipo che, a contrattempi avvenuti, sarebbe perfetta puntualità: foratura gomma macchina, foratura gomma mtb nel tragitto macchina-funivia, mie urgenze alla toilette.
All’impianto di risalita arriviamo un’ora prima degli addetti ai lavori e della nostra prima corsa. Dai suoi calcoli è escluso il sonno che però quasi svanisce davanti agli 8 CHF a testa per un cappuccino e una brioche. Per fortuna evitiamo la seconda secchiata d’acqua fredda quando Mauro fa risuscitare dall’antichità il baratto e scambia uno ski-pass giornaliero, risalente alle mie scuole elementari, con due biglietti per salire in quota.
La funivia ci solleva sopra le nuvole. Nel breve single track di inizio giro realizziamo di non essere morti e che sulla terra esistono numerosi paradisi per la nostra anima.
Saliamo solo un centinaio di metri di dislivello positivo per toccare i 2760 della Fuorcla Surlej.
E da ora si scende!
La discesa, a tratti tecnica e impegnativa, si fa leggere riga per riga e anche quando scorre è sempre al limite dell’impuntamento.
Immagino di ricamare una linea precisa e continua tra le pietre e le rocce che sopravviva alla neve e al tempo, pensando alla linea della vita.
Salti, nose-press e gradoni tengono invece Mauro su una linea diversa dalla mia, più aerea, veloce e prossima al volo.
Sogno di volare così.
Intanto incontriamo un po’ di svizzeri per il sentiero e Mauro sciorina saluti e convenevoli in uno svizzero impeccabile. Non so se ha più l’intento di mimetizzarsi tra loro o piuttosto di ingraziarseli per un suo nascosto progetto di annessione della Valtellina alla Svizzera. Da compagna, cerco di essere complice, indovino il ciao svizzero dalle sue labbra e saluto svizzeri per tutta la discesa.
Si arriva improvvisamente ad una curva, la curva più bella del giro perché l’appoggio è costruito sui ghiacciai, sul lago in lontananza e sul fiume che si forma e l’energia in uscita è quella del sole.
Torneremo al tramonto solo per lei.
Pedalando verso la nostra tenda, penso ai momenti che hanno dato vita a questi giorni, al progetto rimandato per maltempo del Piz Nair, alle birre tenute in fresco nel torrente in stile non proprio “St. Moritz” e agli occhi dei cavalli, che guardano agli stessi monti.
Poco prima di fare tappa in un pontile su un lago, saluto l’ennesimo Svizzero incontrato nei sentieri. Mauro mi chiede di ripetere cosa ho detto con una reazione che assomiglia a una coltellata subita da coltellino svizzero.
-Grizzly…Non si saluta così?
Mi rassegno all’idea di avere dato degli orsi a tutte le persone che ho incontrato. Mi scappa da ridere, ma con Mauro non si può scherzare su tutto… Non sulla Svizzera!
Torno seria e alla pace del lago che ci inonda.
Alessandra
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