di Daniel Naftali
Che in salita si faccia fatica è un dato di fatto, ma a parità di allenamento e di bicicletta utilizzata, gomme diverse possono farci fare più o meno stancare. In mountain bike infatti le gomme offrono generalmente un’elevata resistenza al rotolamento e giocano quindi un ruolo fondamentale quando si pedala. Niente di nuovo insomma, ma vi siete mai chiesti quali sono le cause fisiche di questo fastidioso fenomeno? E quali sono i fattori che lo influenzano? Solo conoscendo il nostro nemico possiamo capire come combatterlo!
Le dinamiche di rotolamento degli pneumatici sono state oggetto di numerosi studi, specialmente in campo automotive.
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Uno pneumatico che rotola, anche su una superficie regolare come può essere una strada asfaltata, è soggetto ad un certo attrito che genera una resistenza all’avanzamento del veicolo.
Quando pedaliamo in salita le nostre gambe dovranno quindi vincere due forze:
Ci sarebbe poi anche la resistenza aerodinamica, ma alle basse velocità di salita questa diventa assolutamente trascurabile, in assenza di vento contrario. Allo stesso modo anche tutte le altre resistenze (attrito dei mozzi, della trasmissione, ecc) risultano trascurabili.
La fatica che facciamo in salita è quindi data dalla resistenza totale al moto, in sostanza dalla somma di queste due forze che si oppongono al nostro avanzamento.
La gomma da bicicletta si presenta come una superficie toroidale:
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La caratteristica di questa superficie è che non è sviluppabile su un piano, quindi all’interfaccia gomma/terreno questo toro subirà una deformazione, uno schiacciamento. La gomma è infatti deformabile e si schiaccerà determinando una superficie di contatto con il terreno, di forma generalmente ellittica o ad 8:
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Senza scendere nei dettagli, diciamo che la superficie di contatto gomma/terreno dipende dal carico (peso del ciclista) e dalla pressione di gonfiaggio. Dal punto di vista fisico infatti si ha equilibrio quando la pressione (P) moltiplicata per la superficie di contatto (A) determina una forza pari ed opposta a quella della forza peso:
F= P x A
Essendo la pressione di gonfiaggio fissa, caricando la gomma, la superficie di contatto aumenta fino a quanto la sua area moltiplicata per la pressione genera una forza pari a quella del peso applicato sulla ruota.
Probabilmente quest’ultimo passaggio non sarà chiaro ai più, però è la dimostrazione che la superficie di contatto con il terreno dipende solo dalla pressione di gonfiaggio e dal peso del rider. Fattori come la larghezza della gomma o la sua circonferenza sono ininfluenti.
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L’immagine qui sopra mostra come variando la pressione o il carico applicato, vari la deformazione dello pneumatico e quindi l’impronta a terra in condizioni statiche (ruota ferma).
Immaginiamo ora di mettere in rotazione la nostra ruota, con copertone deformato in prossimità del terreno: la porzione di copertone a contatto con il terreno durante la marcia cambia continuamente, proprio per il fatto che la ruota gira.
Le fibre della gomma quindi subiscono una deformazione. Da una condizione di riposo (lontano dalla zona di contatto con il terreno) passano rapidamente ad una condizione di deformazione.
In particolare nella parte anteriore della ruota le fibre risulteranno compresse, in quella posteriore tese.
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La stessa fibra quindi sarà dapprima compressa, tornerà in posizione di riposo andando a contatto con l’asfalto, verrà stirata e ritornerà nella posizione di riposo.
A causa di questi fenomeni di trazione e compressione delle fibre, con la ruota in movimento, la superficie di contatto con il terreno non è simmetrica rispetto all’asse del mozzo. Questa risulta infatti spinta in avanti, come nella figura:
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La conseguenza è che la risultante –P (data dalla pressione per la superficie) è disassata di un valore δ. Le due forze, composte con il braccio δ determinano un momento (antiorario nel nostro caso) che si oppone al moto.
Da un punto di vista pratico succede che la continua deformazione della gomma (ciclo di isteresi elastica) determina una dissipazione di energia, sotto forma di calore legata a dei micro scorrimenti a livello molecolare. La struttura della gomma è infatti come un piatto di spaghetti: le catene di polimeri (macro-molecole) sono intrecciate le une alle altre e quando deformiamo il materiale queste scorrono le une sulle altre, generando attrito.
Non dimentichiamoci poi che quando le fibre passano da compresse a tese, parte di esse si trova a contatto con il terreno. Si avranno quindi fenomeni di microstrisciamenti anch’essi responsabili di forti dissipazioni di energia.
Ora che abbiamo capito le cause della resistenza al rotolamento, possiamo facilmente dedurre che una gomma per essere scorrevole deve:
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Per soddisfare il primo punto, una gomma dev’essere efficiente in tutta la sua struttura. Un copertone non è costituito solo da gomma, ma anche da una carcassa, generalmente in nylon. La deformabilità della carcassa e lo spessore della gomma determineranno la dispersione di energia durante il rotolamento. E’ infatti noto che gomme con carcasse più sottili (alto numero di TPI) scorrono meglio di gomme con carcasse più spesse.
Per quanto riguarda il secondo punto, la responsabilità è della mescola. Una mescola più morbida offrirà maggiori dissipazione perché genererà maggiore attrito nei microscorrimenti dell’interfaccia. Al contrario una mescola più dura offrirà meno resistenza al rotolamento perché gli attriti saranno inferiori.
Quanto detto ha valore su terreni regolari, nella guida fuoristrada entrano in gioco anche altri fattori quali la presenza di irregolarità (sassi, radici, ecc) e cedimenti della superficie.
Quanto detto resta comunque valido, aggiungendo però anche una serie di resistenze che su superfici regolari e compatte non si presentano:
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A parte tutto comunque la deformabilità della gomma assume un ruolo estremamente importante anche su sterrato. Soprattutto quando il fondo è irregolare, la gomma subisce centinaia di micro deformazioni, necessarie per adattarsi al terreno. Una gomma deformabile, cioè una gomma che si deforma senza disperdere troppa energia, determina minor resistenza al rotolamento, ed assicura un’elevata capacità di assorbimento dei piccoli ostacoli.
Avrete sicuramente visto il prototipo di ERW (Energy Return Wheel) dell’ingegnere americano Bryan Russel (se non l’avete visto guardate qui: http://www.mtb-forum.it/ruote-vuote-contro-le-forature/)
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In giro per il web si è subito pensato ai vantaggi legati all’impossibilità di forare, al minor peso. In realtà lo scopo di queste ruote, che riprendono analoghi progetti in sviluppo nel settore automotive, è diverso.
Come dice il nome stesso “Energy Return”, esse nascono con lo scopo di ridurre la resistenza al rotolamento. Il principio di funzionamento è semplice: nelle ERW quella che si deforma è una struttura in acciaio. L’acciaio infatti, se deformato ciclicamente in maniera elastica, non dissipa praticamente energia, a differenza della gomma. Facendo quindi deformare la struttura in acciaio, si ha un ritorno di energia superiore e quindi una minore resistenza al rotolamento.
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Futuro? Fantascienza? Forse si per la MTB, poiché la capacità di assorbimento dei piccoli ostacoli è importante per l’efficienza e la fluidità della guida. Si tratta comunque di un’interessante idea che potrebbe avere ulteriori sviluppi futuri.
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