Autore: Francesco Mazza
Nel 2004, esattamente 10 anni fa, è avvenuta una piccola rivoluzione nel mondo della DH. Uno dei marchi leader nelle 2 ruote a motori ha letteralmente fatto irruzione nel circuito UCI World Cup, con una bici che è stata prodotta solo in pochissimi esemplari destinati al team e mai commercializzata: la Honda RN01 G-Cross.
Ritenuto uno dei mezzi da DH più belli e performanti di sempre da molti appassionati della disciplina, compreso il sottoscritto, la Honda RN01 G-Cross ha scritto una pagina di storia della Downhill. Non solo le numerose innovazioni tecnologiche di derivazione motociclistica e il design decisamente particolare, ma anche l’approccio del team in pieno stile HRC (Honda Racing Corporation), hanno contribuito a fare di questa bici una sorta di icona rappresentativa di un momento particolare della DH, in cui è collocabile la transizione generazionale dalla Downhill old school a quella new school, sia per quanto riguarda i mezzi, che per quanto riguarda la struttura dei team, i tipi di tracciati e di conseguenza lo stile di guida dei piloti.
Il know how motociclistico della casa nipponica è protagonista indiscusso di questo mezzo dedicato esclusivamente alle competizioni. Il progetto di una bici da Downhill ha preso il via in casa Honda nell’anno 2000, mentre i primi prototipi della RN01 si sono visti tra fine 2002 e inizio 2003. In piena scuola HRC, il progetto iniziale, evidentemente valido, è stato costantemente migliorato nei dettagli, ma mai stravolto.
In questo prototipo, rispetto alla prima versione ufficiale, notiamo soprattutto la differenza della scatola del cambio, che è stata poi raffinata e alleggerita. Nella versione definitiva con cui il team Honda G-Cross ha corso le ultime stagioni, la scatola del cambio integrato era costruita in cabonio e alluminio. Per anni di questo cambio integrato si è conosciuto solo l’aspetto esterno, dato che Honda ha sempre tenuto gelosamente nascosti tutti i dettagli delle RN01. In seguito si è scoperto, inizialmente grazie ad alcuni spy shot e poi rivelato dagli stessi giapponesi, che l’interno del cambio era semplicemente formato da una corona con una cassetta a 7 pignoni e un deragliatore. Di fatto un sistema tradizionale, ma racchiuso in una scatola, al riparo da sporcizia e urti, e dislocato in una zona dove il peso del sistema influisce sicuramente meno sulla guida e sul funzionamento della sospensione rispetto al posizionamento classico sull’asse della ruota posteriore.
Anche la linea catena ne traeva grande giovamento, visto che poteva restare fissa, senza doversi spostare insieme al deragliatore durante la cambiata. Il posizionamento dell’infulcro del carro poi, in linea esatta con il pignone della scatola del cambio, annullava completamente qualsiasi influenza reciproca tra sospensione e trasmissione, con lo stesso identico principio della trasmissione finale delle moto.
Dato che anche la ruota libera era posizionata all’interno della scatola del cambio, il pignone sulla ruota posteriore era sempre in presa e la catena continuava a girare durante la marcia, pure quando non si stava pedalando. Questo consentiva di cambiare rapporto anche senza far girare i pedali.
La scatola del cambio era alloggiata in una sede a doppia culla, praticamente con lo stesso sistema con cui viene assemblato il blocco motore sul telaio di una moto. La parte superiore del telaio era formata nelle prime versioni da una doppia trave, sostituita in seguito da un blocco monoscocca, molto simile a un serbatoio. Il telaietto reggisella tradisce anch’esso il concetto costruttivo derivato dalle moto. Questo era inizialmente in alluminio idroformato e in seguito in carbonio. Il forcellone posteriore è un Single Pivot diretto, dalla forma decisamente ispirata alla Honda di MotoGP dell’epoca (RC211V 2004). Il reparto sospensioni, pluriregolabile, era interamente affidato a Showa, i maghi giapponesi delle sospensioni. I tecnici Showa seguivano il team per settare le sospensioni di ciascun pilota a ogni gara. Gli stessi tecnici hanno dichiarato di seguire attivamente il team per fornire preziose informazioni al reparto ricerca e sviluppo delle sospensioni da MX, visto che nella DH le sollecitazioni avevano caratteristiche tali da rendere il tuning delle sospensioni molto più elaborato rispetto a quello richiesto nel motocross.
La formazione e direzione del team Honda G-Cross è stata affidata all’australiano Martin Whiteley di 23 Degrees, attualmente team manager del Trek World Racing. Mr. Whiteley è un personaggio storico della MTB internazionale: responsabile UCI per la MTB dal 1996 al 2001, in seguito team manager del grandioso team Global Racing, su bici Orange, su cui si sono fatti le ossa proprio Greg Minnaar e Matti Lehikoinen, successivamente ingaggiati da Martin per il team Honda G-Cross.
Il primo top rider a entrare a far parte del team nel 2004 è stato il sudafricano Greg Minnaar, accompagnato dal francese Cyrille Kurtz. Minnaar, con indosso la maglia iridata di Campione del Mondo conquistata al Monte Tamaro (Svizzera) nel 2003, inizia la stagione 2004 con una vittoria schiacciante a Fort William (Scozia). Il resto della stagione, per diversi problemi, non è all’altezza del risultato di esordio, tuttavia Greg porta la RN01 sul secondo gradino del podio della World Championship di Les Gets, in Francia.
Nel 2005 la squadra si allarga con l’ingresso di un secondo top rider: il finlandese Matti Lehikoinen, che ottiene qualche buon piazzamento in World Cup, mentre Minnaar stravince la Overall di World Cup e arriva terzo ai Campionati del Mondo di Livigno.
Nel 2006 il roster resta invariato e Minnaar conclude al terzo posto nella Overall di Coppa del Mondo.
Nel 2007 il britannico Brandon Fairclough subentra a Cyrille Kurtz. Lehikoinen conclude al secondo posto nella Overall di World Cup, mentre Minnaar viene fermato da un infortunio a una spalla. Nonostante questo i tre top rider riescono a conquistare la leadership nella Overall di Coppa del Mondo dei team.
A fine stagione 2007 Whiteley annuncia che il team non correrà la stagione 2008. Honda chiude quindi il programma Downhill del suo reparto corse, ritirando la RN01 dalle competizioni di World Cup e terminando così lo sviluppo di quello che è stato uno dei progetti più interessanti della storia della DH mondiale. Chissà che un giorno non vedremo rientrare in grande stile il colosso nipponico nel mondo delle competizioni di Downhill.
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