Bentornati a tutti, Oggi doveroso articolo riguardante i traumi, le infiammazioni e le malattie degenerative del ginocchio. In realtà saranno 2 gli articoli, il primo (sotto) a cura del mio collaboratore Luca Bergadano (fisioterapista-osteopata), e il secondo scritto a 4 mani, più specifico su lesioni di menischi e crociati. Oltre a darvi moltissimi spunti per la riabilitazione e riatletizzazione è nostro intento attraverso i vostri commenti fare chiarezza e dare consigli su molti aspetti che riguardano le terapie e gli esercizi ideali su una infinità di problemi che affliggono il biker. Quindi buona lettura, e buone discussioni a tutti!!!
Ciao a tutti e ben ritrovati dopo la pausa estiva. Come già anticipato da Federico, oggi parleremo di patologie del ginocchio in ambito ciclistico.
Nella pratica sportiva in generale, spesso il ginocchio è interessato da traumi e infortuni e certamente questo argomento tocca molti atleti, anche tra di voi visto che sono molte le domande e le richieste di aiuto che ci arrivano via e-mail.
Nel ciclismo ovviamente la traumatologia del ginocchio sottende a meccanismi differenti rispetto ad altre attività sportive. Per esempio, è innegabile che gli infortuni da contatto siano più frequenti nei calciatori o nei pallavolisti.
Va detto che pedalare è considerata un’attività a basso impatto per gli apparati miotendineo, legamentoso e osteoarticolare poiché la pedalata sottopone la muscolatura ad un lavoro isotonico submassimale. Infatti in riabilitazione del ginocchio, anche a seguito di intervento chirurgico e con le dovute tempistiche, l’utilizzo della bike è consigliatissimo per accelerare/coadiuvare il recupero. Il ciclismo, inteso come sport e non come hobby a cadenza semestrale, è tutta un’altra cosa.
Ad ogni modo, nonostante questo sport sia molto diffuso, non si trovano in rete informazioni scientifiche univoche cui fare riferimento. Alcuni articoli trattano l’argomento infortuni su larga scala comprendendo i traumi cranici, gli incidenti con le auto, l’importanza del casco, il peso sulla spesa sanitaria annua, ecc. Altri non sono confrontabili per via delle differenti metodologie utilizzate. A tal proposito cito di seguito l’abstract di questo recente articolo che ho trovato su Pubmed:
“Bicycling injuries can be classified into bicycle contact, traumatic, and overuse injuries. Despite the popularity of cycling, there are few scientific studies regarding injuries. Epidemiological studies are difficult to compare due to different methodologies and the diverse population of cyclists studied. There are only three studies conducted on top level professionals. Ninety-four percent of professionals in 1 year have experienced at least one overuse injury. Most overuse injuries are mild with limited time off the bike. The most common site of overuse injury is the knee, and the most common site of traumatic injury is the shoulder, with the clavicle having the most common fracture. Many overuse and bicycle contact ailments are relieved with simple bike adjustments.”(1)
Dati i presupposti, in questo articolo parleremo delle patologie da overuse e lo faremo soprattutto sulla base della nostra esperienza professionale. Invitiamo dunque tutti voi a partecipare attivamente nel riportare le vostre preziose esperienze e condividerle con noi e con gli altri utenti.
Un breve cenno anatomico, ma proprio a grandi linee ragazzi. Il ginocchio è composto da femore, tibia e rotula a formare una lunga leva con grande libertà articolare in flesso/estensione, minima in rotazione esterna/interna e millimetrica in traslazione laterale e antero/posteriore. È completato dai menischi (migliorano la congruità dei capi articolari) e da capsula e legamenti che controllano lo scivolamento ed il rotolamento di femore e tibia e le traslazioni laterali e antero-posteriori (stabilità). All’interno della capsula articolare è presente il liquido sinoviale ed è proprio in questo spazio virtuale che molto spesso si formano edemi e/o stravasi ematici.
Cerchiamo ora di capire brevemente, per chi non lo sapesse, come riconoscere una fase di infiammazione, così da poter evitare spiacevoli inconvenienti. Clinicamente a livello articolare e periarticolare si delinea la seguente situazione:
– rubor, arrossamento;
– tumor, gonfiore;
– calor, febbre localizzata (calore);
– dolor, dolore;
– functio lesa, impotenza funzionale paziale o totale.
Alla comparsa di questi segni la scelta migliore è rivolgersi al medico curante per attivare un percorso valutazione strumentale (raggi x, risonanza, tac, ecografia) e diagnosi medica specialistica. Detto ciò, le patologie del ginocchio con cui ci siamo confrontati più frequentemente in questi anni sono le seguenti:
– lesioni muscolari, i classici strappi o stiramenti che possono causare prima impotenza funzionale del muscolo e poi disequilibri rotulei, che a loro volta conducono a dolore articolare;
– tendinopatie, sempre da overuse ma in assenza di trauma muscolare. Qui il dolore sarà sull’inserzione miotendinea oppure sull’inserzione ossea, spesso sono molto dolorose alla pressione o al pinzamento con le dita;
– sindrome della bendelletta ileo-tibiale, dipende sempre da un continuo movimento di flesso/estensione da pedalata ripetuta, ma in questo caso l’infiammazione è dovuta maggiormente alla frizione che alla tensione sviluppata. Questa fascia si trova a “scavalcare” continuamente il condilo femorale esterno e nonostante la presenza di una borsa di scorrimento, può andare incontro a infiammazione; (ndr: molto più frequente in atleti che utilizzano il running come mezzo di allenamento – FF)
– borsiti, di solito si presentano in seguito a compressioni prolungate (vedi il ginocchio della lavandaia o della pornostar) ma possono presentarsi anche come complicanza residua di una malattia giovanile come la malattia di Osgood-Shlatter;
– cisti di Baker, rigonfiamento posteriore al ginocchio, nel cavo popliteo, dovuta ad un accumulo di liquido nella borsa poplitea;
– meniscopatie, fissurazioni o rotture complete del menisco, una componente cartilaginea intraarticolare che accomoda la flesso/estensione e la fisiologica rotazione del femore sulla tibia. Molto dolorose in accosciata completa, possono determinare vero e proprio blocco articolare;
– condropatie femoro-rotulee, consumo della cartilagine articolare tra femore e rotula dovuto a disallineamento posturale del ginocchio oppure a disequilibrio inter e intramuscolare;
– edemi spongiosi subcondrali, dovuti a traumi o sovraccarichi, più frequenti in chi pratica downhill, sono caratterizzati da stravaso sanguigno ed edema all’interno della struttura ossea per rottura dei capillari;
– artrosi, legato soprattutto a fattori di età ma presente in forma precoce anche su atleti con importanti problemi posturali del ginocchio.
Per semplicità ho citato qui di sopra quelle patologie con cui più spesso lottiamo e che sono strettamente correlate al distretto di cui stiamo parlando. Da aggiungere a quanto appena detto, esistono dei fattori che possono accelerare la comparsa o aggravare una qualsiasi delle patologie accennate, quali:
– sovrappeso;
– età;
– carenze della dieta;
– traumi di vecchia data.
Ovviamente non possiamo soffermarci ad approfondire tutte queste problematiche perchè non basterebbe un articolo, ma andiamo a guardarne un po’ nel dettaglio un paio tra le più “gettonate” nel nostro campo.
Prendiamo in esame la condropatia femoro-rotulea. In questo caso il dolore è legato al consumo anomalo della cartilagine articolare di entrambe queste ossa, che si affrontano durante i movimenti di flesso/estensione, dovuto al cattivo scorrimento (lateralizzazione) della rotula nella gola femorale.
La rotula è un osso sesamoide che ha la funzione di puleggia e migliora quindi l’efficenza del quadricipite poiché ne modifica la geometria inserzionale. In condizioni ottimali ciò è assolutamente buono, ma in condizioni non ideali invece ciò può diventare controproducente. Pensiamo alla pedalata. Ad ogni ciclo abbiamo un movimento di flessione ed estensione del ginocchio con tanto di attivazione del quadricipite. Ad ogni pedalata quindi coinvolgiamo la rotula e se questa scorre male per via di una lateralizzazione, lo stress cartilagineo diventa massiccio. Quindi il consumo sarà precoce ed anche la comparsa di infiammazione e dolore.
Quando si arriva al dolore vuol dire che il danno è fatto. Macroscopicamente esistono 4 tipi di lesione a seconda di quale zona cartilaginea viene colpita e 3 gradi di gravità a seconda di quanto spessore di cartilagine è stato eroso. Di solito è sufficiente una radiografia, mentre nei casi in cui la diagnosi sia più difficile si ricorre alla risonanza magnetica.
Il dolore è localizzato nella parte anteriore del ginocchio ed è facilmente evocabile mantenendo la posizione seduta a ginocchio flesso per tempi prolungati (“segno del cinema”), oppure mediante test isometrico sul quadricipite tra 0-20 gradi di flessione.
Le cause che possono determinare questa lateralizzazione con la conseguente iperpressione rotulea, sono le seguenti:
– ipotonia e/o ipotrofia del quadricipite femorale, questa condizione può causare un deficit della coordinazione intermuscolare ed intramuscolare, favorendo uno squilibrio e ed una lateralizzazione durante il movimento;
– sovraccarico funzionale, condizione che si presenta anche in quegli atleti che pur avendo una buona muscolatura sottopongono il ginocchio ad un prolungato lavoro in flessione;
– disordini posturali, condizione che si presenta principalmente in persone con ginocchio valgo o varo, rotazioni assiali del ginocchio, alterazione morfo-funzionale del piede;
– anomalia della gola femorale di scorrimento, essendo un problema anatomico morfologico è presente dalla nascita.
In tutti i casi la terapia conservativa è mirata alla rieducazione funzionale del quadricipite, con particolare attenzione al vasto mediale obliquo (VMO). Qui si spacca il cielo in due. Molti addetti ai lavori si pongono un importante quesito esistenziale e cioè :”come è possibile reclutare selettivamente una singola porzione del quadricipite?”. Ovviamente non è possibile, ma grazie all’uso di potenti mezzi quali gli elettromiografi, è stato visto che tra gli 0 gradi (posizione anatomica di riposo) e i primi 35-40 gradi di flessione, l’attivazione del VMO è massiccia. Superato quell’angolo, il lavoro si distribuisce anche agli altri ventri muscolari: vasto laterale, vasto intermedio e retto femorale. Comunque è consigliabile non effettuare flessioni di ginocchio troppo profonde in questa fase negli esercizi in catena cinetica chiusa (squat, affondo ad es.).
In catena cinetica aperta invece (leg extension) è possibile richiedere un’attivazione adduttoria per favorire l’attivazione del VMO (innervazione comune dal n. otturatorio) ed inibire automaticamente l’azione del vasto laterale, che appunto lateralizza.
COME DESCRITTO DA LUCA, UNA LEG EXT CON UN ROM LIMITATO E UNA ATTIVAZIONE DELLA MUSCOLATURA ADDUTTORIA (per mezzo di un operatore o con una palla come vedete in foto) PUO’ ANDARE A COLPIRE MEGLIO IL VASTO MEDIALE, consci del fatto che comunque lavorerà tutto il quadricipite.
Sono anche considerati degli stabilizzatori dinamici, per la loro azione sulla rotazione della tibia (con effetto sulla fless/est di ginocchio), il tratto ileo-tibiale (riconducibile soprattutto al muscolo tensore della fascia lata) ed il bicipite femorale.
Al rinforzo muscolare deve essere associata una rieducazione propriocettiva dell’arto inferiore ed un ottimo programma di stretching delle catene muscolari anteriori e posteriori.
NELLE ULTIME 2 FOTO VEDETE UN APPROCCIO PROPRIOCETTIVO DI ALLENGAMENTO DELLA CATENA FLESSORIA PLANTARE (volgarmente leggi ‘polpaccio’) che abbiamo adottato in un duplice problema: rottura tendine d’Achille e condropatia dovuta a strabismo rotuleo. L’effetto dell’esercizio è un allungamento/contrazione eccentrici dei muscoli oltre a un miglioramento propriocettivo.
Può essere utile abbinare la rieducazione in acqua, specie in casi in cui il dolore sia intenso.
Contestualmente alla riabilitazione si interviene con la terapia antalgica, che può essere infiltrativa (a discrezione dell’ortopedico) oppure strumentale (Tecar, magnetoterapia ad es.).
Il ritorno all’attività è consigliabile solo alla risoluzione totale o sub-totale della sintomatologia.
In rari casi si ricorre alla ritensionamento chirurgico della porzione mediale della capsula articolare.
Prendiamo ora l’edema della spongiosa ossea subcondrale. Si tratta di una reazione tessutale ad un insulto meccanico o più insulti ripetuti (vedi DH e MX) molto simile allo stravaso ematico locale (ematoma) che si osserva dopo una banale contusione e può interessare sia i condili femorali sia i piatti tibiali.
Il dolore può essere diffuso a tutto il ginocchio o a un solo comparto a seconda dell’estensione e si accentua con il carico, anche solo una camminata prolungata. Può essere molto intenso, tanto da richiedere astensione completa non solo dall’attività ma anche dal semplice carico gravitario, infatti gli ortopedici prescrivono anche un periodo di cammino con le stampelle.
Anche qui si può fare un discorso simile riguardo l’atteggiamento dell’arto inferiore poiché di sicuro una anomalia morfo-funzionale influenza la distribuzione del carico sui due condili femorali. In questo caso è d’obbligo un percorso di rieducazione posturale oltre che una terapia antalgica e antiedemigena.
Rispetto alla condropatia l’approccio è molto più drastico. A parte la questione stampelle, la terapia richiede un lungo periodo di stop dall’attività con intervento su dolore ed edema. La magnetoterapia a bassa frequenza sembra essere ancora molto indicata per accelerarne la risoluzione ed è consigliato il noleggio del macchinario (1 mese) così da poter effettuare le terapie comodamente a domicilio e con le dovute tempistiche (spesso i programmi antiedemigeni durano qualche ora). Per questi motivi è più realizzabile rispetto all’approccio con la Tecar.
Riguardo la parte Fisioterapica, in fase acuta il rinforzo/mantenimento muscolare è consigliabile in scarico e con contrazioni isometriche, per non stressare l’articolazione. Personalmente penso che in fase acuta sia meglio procedere al rinforzo ed alla mobilizzazione acqua.
I tempi sono molto lunghi perciò talvolta si tratta di periodi di 5-6 mesi. Il recupero della capacità muscolare deve essere completato con il rinforzo isotonico e gli esercizi propriocettivi.
Parlando più in generale riguardo le altre patologie in elenco, visti i risultati degli atleti seguiti da me e Federico negli ultimi anni, mi sento di dire che un primo valido approccio potrebbe essere il seguente:
– riposo funzionale in fase acuta;
– diagnosi precoce;
– terapia antalgica (farmaci, tecar, infiltrazioni, terapia strumentale);
– intervento combinato e coordinato interdisciplinare (PT e Fisioterpaista);
– rapido ritorno in pista.
Soltanto al persistere o aggravarsi della sintomatologia consiglierei un vero è proprio stop della stagione o della preparazione, per dedicare più tempo alla fase riabilitativa onde evitare la cronicizzazione.
A seconda della gravità del caso un percorso ottimale potrebbe prevedere una prima fase di riabilitazione in acqua per permettere al ginocchio di muoversi in condizioni di minor stress gravitario e contro una resistenza dolce. In una seconda fase esercizi propriocettivi, rinforzo con elastici e lavoro isotonico con le macchine in palestra. In terza fase finalmente ritorno all’attività.
Come già detto in precedenza riguardo il mal di schiena in bike, anche per i problemi al ginocchio vale lo stesso discorso biomeccanico che ci deve portare a ricercare le cause del dolore nel mezzo oppure nell’atleta.
Il discorso atleta è vasto perchè appunto possono essere tanti i fattori scatenanti un dolore al ginocchio da overuse, più o meno distanti dell’articolazione in cui si manifesta il dolore stesso come i problemi del piede, dell’anca, del bacino e della schiena. Ormai ci seguite da un po’ di tempo e lo sapete tutti che quando si tratta di dolori le cose non sono mai semplici. Comunque banalmente le problematiche più evidenti, quando si tratta di ginocchio sono il varismo ed il valgismo.
Molto spesso però la maggior parte delle persone è totalmente all’oscuro della propria postura e soltanto una volta saliti in bike e pedalato per chilometri, ci si accorge che c’è qualcosa che non va.
Per il discorso mezzo invece ritorniamo in un ambito tecnico che tutti conoscete bene. Molti di voi sono già stati da un Biomeccanico, che ha apportato le dovute modifiche al mezzo sulla base di attenta analisi, al fine di rendere il settaggio della bici più possibilmente consono a se stessi. Prima cosa è la regolazione della sella.
Qualunque sia la tecnica utilizzata dall’operatore, deve essere rispetta la verticale tra la rotula e il pedale. Unico neo di questa misurazione sembra essere la staticità poiché in realtà l’atleta non sta mai fermo nello stesso punto della sella, bensì si muove rischiando di uscire dai parametri impostati ed andare ugualmente incontro a dolore. Per venire incontro a questa problematica risulta molto utile l’osservazione della cinematica degli arti inferiori, in modo da valutare oggettivamente se i migliori angoli di lavoro sono rispettati durante tutto il ciclo della pedalata. Per fare ciò è necessario uno strumento a sensori infrarossi capace di rilevare la posizione dei fulcri articolari degli arti inferiori, misurare gli angoli durante la pedalata e ripetere questo test con diversi settaggi della sella.
Resta da dire che il top sarebbe effettuare contestualmente entrambi gli approcci, sull’atleta e sul mezzo, in modo da evitare di curare se stessi o la bicicletta senza ottenere un risultato soddisfacente e allungando i tempi di ripresa dell’attività.
Come al solito io e Federico siamo a vostra disposizione per qualsiasi consiglio e/o precisazione da parte vostra.
Buon rientro e buon allenamento.
Dott. Luca Bergadano
Fisioterapista
3381148888
(1) Curr Sports Med Rep. 2013 Sep-Oct;12(5):337-45. doi: 10.1249/JSR.0b013e3182a4bab7.
Bicycling injuries.
Per approfondire e conoscere molte delle tecniche preventive viste sopra, oltre che per affrontare un percorso specifico (ma non troppo come i nostri classici programmi, in quanto di gruppo) di preparazione per mtb e mx, vi annuncio che sta per ripartire la nuova stagione di x-training, in una location d’eccezione, solo per i fortunati vicino a Torino.
Federico Frulloni
personal fitness trainer & preparatore atletico
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