Il percorso della Capoliveri Legend 2021 ha fatto storcere il naso a qualcuno, perché ritenuto troppo tecnico. A dir la verità, di tecnico c’era la parte finale, come si può vedere chiaramente dalla ricognizione di Nino Schurter, mentre il resto era piuttosto fluido anche se con zero grip a causa della secchezza di questi giorni ventosi.
Fra i top 10 si sono viste quasi solo full con reggisella telescopico, gommatura abbondante e in qualche caso, come quello della Scott Spark di Nino Schurter che vedete qui in foto, forcelle da 120mm di escursione. Forse non ce n’era bisogno per questo percorso, ma ricordiamoci che l’obiettivo principale del 2021 sono le Olimpiadi di Tokio, il cui tracciato è molto tecnico, tanto che lo stesso Schurter, che di solito non usa mai il telescopico in gara, ha candidamente affermato di volerlo per la gara iridata. Logico quindi che gli atleti prediligano questa configurazione nei mesi che portano ai giochi olimpici, per adattarsi alla perfezione al set up.
Qualcuno è rimasto “scioccato” dalle Maxxis Aspen da 2.4″ di Nino, ricordiamoci però di un elemento fondamentale: gomme più larghe a pressioni più basse, rispetto a gomme più strette, scorrono meglio sullo sconnesso, oltre ad avere un migliore grip. So per certo che il team Scott testa meticolosamente scorrevolezza e trazione delle diverse gomme durante la stagione, non si tratta quindi di un capriccio estemporaneo del campione svizzero.
Torniamo al titolo del topic: è davvero troppo tecnico il XC moderno? Il problema è che tanti confondono il XC, cioé gare a circuito, in cui gli atleti provano ogni passaggio nei giorni precedenti all’evento, con le manifestazioni di massa chiamate Granfondo. Queste ultime hanno come unico scopo attrarre il maggior numero di appassionati per promuovere una regione e fare qualche soldo.
A livello competitivo, chi veramente “fa la gara” sono i primi classificati, gli altri fanno numero e si confrontano con se stessi più che contro i rivali. Hanno il loro perché, che non va di certo cercato nella tecnicità dei percorsi, a parte qualche rara eccezione, puntualmente snobbata dalla massa. Infatti, la gran parte di queste competizioni avviene su sterrato.
Ecco quindi che le bici dei granfondisti sono spesso delle front ridotte all’osso, senza reggisella telescopico, con gommatura minimalista. Ed ecco che ad ogni accenno di passaggio tecnico si creano dei tappi e delle code, perché puntualmente c’è quello che “fa le gare” ma che in verità sarebbe meglio se prima imparasse ad andare in MTB. Avrà anche la gamba in salita, ma non sa condurre la bici.
Quello che fanno gli atleti elite è un altro sport, la Formula 1 della MTB a livello di fitness e capacità tecniche. Un connubio di forza fisica e bravura in sella a cui ciascuno di noi, amatori della MTB, dovrebbe tendere. E, come ogni Formula 1 che si rispetti, vengono affinati i mezzi e viene alzata l’asticella dei percorsi. Il risultato è che poi ci troviamo in negozio delle bici full da xc sui cui anche noi possiamo divertirci sui nostri sentieri, senza trespoli assurdi da argine con selle nello sterno e manubri all’altezza del mozzo.
Le famose “downcountry” si sono prese qualche piccola libertà in più a livello di geometrie e allestimento, ma sono le bici su cui la gran parte dei rider che amano lunghi giri pedalati in montagna si divertirebbe di più. Se guardiamo la Scott Spark di Nino Schurter, vediamo che la sua è già una downcountry (ha anche la forcella SID con steli da 35mm al posto dei canonici 32). Il risultato dei famosi tracciati “troppo tecnici”.
Ben vengano dunque le difficoltà tecniche. Se non si è capaci di affrontarle, la cosa che aiuta di più è un corso di guida e una bella rimaneggiata al proprio ego.
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