Non sempre è facile trovare una meta in queste nuove strane stagioni, in cui le previsioni sono approssimative e i programmi saltano. Ci si ritrova così il sabato sera a guardare il fedele radar svizzero cercando di capire dove sarà meno peggio e dove il cielo ce la manderà più o meno buona.
Capita però che alle volte ci si alzi la mattina e mentre si preparano le crepes la meta scelta non convince più, il clima autunnale con la sua incertezza porta incertezza anche nelle nostre scelte portandoci ad optare per un uscita solitaria. Si avvisano i compari del proprio ennesimo cambio di programma ma anche loro non risultano tanto più sicuri e allora si guarda il cielo reale e non del radar e si parte più o meno senza meta, si sale col furgone, più o meno potremmo andare lì e provare quello anzi andiamo là e facciamo il solito, si ok però partiamo da là così facciamo il solito ma è un po’ diverso e proviamo qualcosa di nuovo.
Saliamo in sella, ci si scalda, poco dopo ci fermiamo per un caffè, due chiacchere, qualche consiglio, ci si raffredda e poi si torna in sella, si sale, fortuna che la strada è nuova e dovrebbe essere pedalabile, ma per una volta finalmente spiana, il bosco si apre, pedalare sugli alpeggi delle valle orobiche offre sempre dei panorami spettacolati, la nebbia in basso e la neve sulle cime rendono tutto incredibile, anche il freddo è incredibile, anche il calendario è incerto in questo autunno, ogni tanto pensa sia luglio e ogni tanto gennaio: in questo caso nettamente gennaio.
Ma non importa, il freddo è sopportabile, la fatica non si sente vedendo l’imbocco del sentiero da provare, un fungiat ci indica la via, te rivet da sura, po va giù en funt alla zoca e tel truvet, si mangia e si parte, come al solito la discesa non è mai esattamente discesa e si pedala anche lì ma è questo il bello, mangia e bevi, il terreno è perfetto, le radici sono perfette, la compagnia è perfetta.
Anche la traccia da seguire sente l’autunno, si fa anche lei incerta, diventa timida, fatichiamo a trovarla, si ravana, se no non sarebbero le Orobie, si valuta, si chiede consiglio e alla fine si imbocca tutt’altro rispetto a quanto si pensava, oggi si esplora e si va incontro alle contropedenze, incerti si va incontro alle radici.
Ma poco dopo la traccia riprende consistenza e ci ritroviamo in paradiso, il cambiamento stupisce, mai si sarebbe pensato che tutta questa inceretezza ci avrebbe portato a lanciare le nostre bici nel prato per condividere con i compari la felicità che il bosco celava.
Da qui un accenno di certezza, tra Corte e il conosciuto Contessa, ma ecco che spunta un Totem che ci porta verso i Mulini, entrambi sentieri acerbi, non sono ancora pronti, anche loro sono incerti, ma poco importa, l’incertezza è il filo conduttore e le nostre ruote non si fanno molti problemi, sorridiamo pensando a quello che potranno diventare. Anche sulla strada asfaltata sorridiamo, per quello che ha portato l’incertezza.
L’incertezza come il ravanare è insito nelle Orobie, difficile da seguire, una scuola di pensiero da cui bisogna lasciarsi condurre senza paura.
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