la 6° manche dell’EWS raccontata da uno dei suoi principali protagonisti. Parole di Justin Leov. Foto di Jérémie Reuiller.
Buona lettura!
11 Agosto 2014.
Ho già avuto dei weekend difficili in passato ma quello appena trascorso ha segnato un nuovo record!
Arrivando a Whistler lunedì continuavo ad avere dei problemi al ginocchio e ho iniziato delle sedute di fisioterapia a Back in Action, seguite da massaggi, agopuntura e taping. Ottima decisione. Ho subito sentito dei benefici nei giorni seguenti grazie ai trattamenti.
Giovedì mattina, di ritorno dal riscaldamento mattutino avevo previsto di lavorare su dei brevi sprint per preparare le gambe alla modalità “corsa” ma mi sentivo senza energie. Sono rientrato al nostro appartamento, infilandomi a letto dopo una doccia veloce. Ero spompato e avevo la febbre.
Venerdì mattina mi sono svegliato con un forte mal di gola ma la febbre era scesa e ho deciso di partecipare ai giri di ricognizione della giornata. Ho percorso le Speciali 1 e 2 due volte, poi lentamente la 5, cercando di tenere il ritmo cardiaco sotto ai 120 battiti per minuto, in modo da limitare al massimo lo stress per il mio fisico.
Di ritorno all’appartamento la gola mi faceva molto più male, sentivo un formicolio alle dita e sul volto erano apparse tante vescicole. La notte non è stata lunga. Mi sono svegliato pieno di dolori. Nonostante tutto mi sono preparato per la seconda giornata di prove.
Ho percorso la Speciale 3 due volte. Malgrado i 40 minuti di salita per accedere al circuito, come il giorno precedente ho fatto attenzione a mantenere basso il ritmo cardiaco. Cosa non semplice durante una salita bella ripida.
Mi rimaneva una speciale da provare, che partiva sopra al tracciato della quinta. L’ho fatta una sola volta e poi sono sceso all’appartamento. Ero distrutto. Tutti i sintomi erano peggiorati. La gola mi faceva molto male ed esaminandola in bagno ho constatato che la mia bocca era piena di afte: spaventosa!
Si era fatto tardi ma sapevo che la cosa migliore da fare era rivolgersi a un medico. Verso le 10 di sera, Ray, il mio team manager, mi ha portato al Whistler Medical. Ma a quell’ora era impossibile ricevere un trattamento e anche una diagnosi vera e propria. Ho fatto un prelievo del sangue ma i risultati sarebbero arrivati solo il giorno dopo. Un dottore mi ha consigliato di non correre il giorno dopo. Non è la prima volta che me lo sento dire nella mia carriera. All’una di notte sono finalmente andato a dormire, ma senza diagnosi e rimedi, depresso.
Giorno della corsa
Mi sono svegliato molto nervoso. Non per la gara ma perché non sapevo come avrei affrontato quella che si preannunciava come una giornata molto faticosa. Ho deciso di “spegnere” mentalmente questi pensieri negativi e di concentrarmi sulla competizione.
Speciale 1 Una pedalata di un’ora in salita, seguita da un breve riscaldamento in discesa per arrivare alla partenza. Sono partito con prudenza. Tutti i passaggi dei corridori durante il giro di ricognizione avevano arato il terreno. C’erano buche dappertutto e ogni solco poteva trasformarsi in una trappola. Me la sono presa molto comoda, finendo con un gusto di sangue in bocca, una sensazione davvero non piacevole.
Ancora 40 minuti in salita a 30°C per arrivare alla partenza della Speciale 2. Ho cercato di idratarmi e mangiare bene, cercando di passare quando era possibile all’ombra.
Speciale 2 Molto simile alla prima. Passaggi molto tecnici, in cui era difficile mantenere un buon ritmo su un terreno tanto scavato. Mi sentivo un poco meglio ma ero sempre molto prudente.
Il trasferimento alla speciale seguente era più lungo, bisognava attraversare la valle e risalire sull’altro versante per un sentiero abbastanza ampio. Fortunatamente in gran parte all’ombra, perché la temperatura era sui 30°C.
Speciale 3 Un percorso più affine alle mie capacità, un po’ più aperto rispetto ai precedenti ma altrettanto scavato. Vedere il mio fisico resistere a tali prove mi ha dato un pizzico di fiducia in più e sono riuscito a fare un buon run. Mi sono motivato a superare un ultimo ostacolo: la speciale successiva. Dopo saremmo saliti con la seggiovia. Dovevo solo resistere fino a quel momento.
Nel trasferimento seguente ci hanno fatto riattraversare la valle con un tratto di un’ora buona ora in salita e in pieno sole, giusto per finirci a puntino. Non sono mai stato così felice di avere un casco leggero e ventilato come il Parachute. Ho bevuto due litri d’acqua risalendo, arrivando giusto entro il limite di tempo definito all’inizio della speciale. Cominciavo a soffrire veramente, il caldo era soffocante, sentivo male dappertutto.
Speciale 4 La più tecnica del fine settimana a mio avviso. Un percorso davvero pericoloso. Avevo previsto di correre con prudenza e di fare il possibile per non danneggiare la mia bici. L’ultima speciale sarebbe stata molto lunga. Era importante arrivarci con l’equipaggiamento in buono stato.
Alla partenza avevo tutto sommato delle buone sensazioni. Ho rallentato i miei slanci dove di solito avrei attaccato, superando gli ostacoli senza intralci. La gola non mi aveva mai fatto così male. Mi sono buttato sull’acqua ghiacciata a disposizione all’arrivo per rinfrescarmi.
Avevamo 30 minuti per ritornare al paddock e un po’ di tempo prima di incamminarci per l’ultima speciale (top of the world).
Ho deciso di dare tutto me stesso per l’ultima speciale. Avevo già raggiunto il mio obiettivo di arrivare fino a quel punto, non avevo niente da perdere. Il tracciato meno serrato di quello delle speciali precedenti era perfetto per la mia bici e il mio stile di guida. Inoltre una speciale così lunga mi poteva dare una chance di recuperare una parte del ritardo che avevo accumulato durante la giornata.
Speciale 5 Fin dalla partenza sono riuscito a trovare un buon ritmo. Come per miracolo non sentivo più i miei dolori. Cercavo di avere una guida pulita ed efficace per mantenere sempre una buona velocità. Tutto ha funzionato alla meraviglia. Attraversando la linea di arrivo avevo la sensazione di aver realizzato una buona performance.
Non potevo credere di essere riuscito a finire la corsa, per non parlare di essere riuscito addirittura ad arrivare 6° nella classifica generale!
Subito dopo la corsa sono tornato in ospedale. Dalle analisi del sangue risultava una febbre herpetica e la cura era… una settimana a riposo. Dopo un weekend del genere non potevo chiedere di meglio.
Da questa esperienza estenuante ho imparato che mente e corpo insieme possono superare limiti impensabili. Ho imparato anche quanto è importante non arrendersi ai primi segni di difficoltà. Le cose non sono andate come speravo nelle ultime gare ma questo è il mondo delle competizioni Non mollare, mai. Prima o poi si viene ripagati.
Appuntamento a ottobre a Finale Ligure per l’ultimo atto di EWS. Prima faccio “un salto” a casa, in Nuova Zelanda ma tornerò in Europa in occasione del Buegrass Enduro Tour di Castelbuono in Sicilia.
– Justin –
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