Ogni tanto nel forum le discussioni si fanno accese quando si parla di pesi, reggisella telescopici e gomme in carta velina. Insomma quando si parla di frontine ultraleggere che sembrerebbero aprirsi in due al primo gradone oppure sbalzare il malcapitato biker che si ritrova con la sella nello sterno in un passaggio alpino. Ammetto di essere intervenuto più volte descrivendo cotanti mezzi come “bici da argine”, quindi ora ho pensato di presentarvi la mia “bici da argine” e perché la ritengo tale. Ovviamente fotografata su un argine, precisamente quello della foce del Piave nel mar Adriatico presso Cortellazzo.
Quella che vedete è la gloriosa Cube Elite C68 con cui nel 2015 partecipai sia alla Ronda Extrema sul Garda che alla Sella Ronda Hero. Ai tempi era montata diversamente ed aveva anche un reggisella telescopico KS. Finita nel nostro magazzino per qualche tempo, la prestai al Church per farci la Grand Raid Cristalp nel 2018, altra granfondo massacrante. Dopodiché fu cannibalizzata e dimenticata, fino alla settimana scorsa, quando decisi di resuscitarla per un viaggetto che dovevo fare in laguna.
La laguna veneta è un paradiso per la gravel, con sterrati infiniti sugli argini dei canali e dei fiumi quali il Sile ed il Piave. Purtroppo in redazione non abbiamo una gravel al momento, così ho montato la Cube Elite il più leggera possibile, togliendo al forcella RS-1 e usando la SID WC con colorazione olimpiadi di Rio de Janeiro.
Il tanto discusso reggisella telescopico è stato sostituito da un anonimo reggisella in alluminio Pro, mentre per le gomme ho trovato delle semiusate Specialized Fast Trak S-Works: leggere e soprattutto molto scorrevoli. Non fate caso alle ruote diverse, mi mancava il corpetto XD per la Mavic posteriore.
Freni Shimano XTR a 2 pistoncini con dischi Centerline, anche loro riciclati più che scelti.
Ed infine una gloriosa trasmissione SRAM XX1 ad 11 velocità: funziona ancora come un orologio, pesa poco e offre un range più che sufficiente per i giri in pianura sulla ghiaia. Così come la vedete in foto, con i pedali, la bici pesa 9.2kg (taglia L).
Con una bici del genere non affronterei mai i sentieri che vedete nei miei test, non solo per la mancanza del reggisella telescopico, di cui ormai non posso fare più a meno, ma anche per le gomme fragili e soprattutto per le geometrie vecchie a cui non sono più abituato.
Un angolo sterzo di 70.5° sarebbe improponibile al giorno d’oggi, così come il reach minion. Però sugli argini la bici scorre che è un piacere. Tenere i 30 km/h, da solo e senza qualcuno a cui stare in scia, è facile e divertente. Le gomme volano anche sui fondi compatti e su asfalto, mentre i freni sono del tutto ininfluenti perché non ci sono discese. Devo ammettere che mi sono divertito, per una volta, a scorrazzare in pianura senza troppi pensieri su passaggi tecnici o ripidoni. 58 metri di dislivello su 47 km la dicono lunga.
Posso quindi dire che esiste la bici da argine, ed ha anche un suo perché in certe zone pianeggianti. Certo, una gravel non sarebbe stata fuori posto, però una frontina è indubbiamente più comoda anche se meno veloce visto che manca la posizione aerodinamica. In passato ho girato in lungo e in largo su questi sterrati con diverse gravel, e posso tranquillamente dire che mai sono tornato alla base così rilassato come ieri, sia grazie alla forcella anteriore che alle gomme voluminose.
Quando però vedo una bici del genere su sentieri tipo quelli del Tamaro, provo dolore per i loro proprietari. È uno degli aspetti più belli del nostro sport, quello di avere diverse tipologie di bici a seconda di quello che uno affronta. Bisogna solo essere onesti con se stessi e non pretendere di andare a scorrazzare sugli argini con una endurona da 15 kg dicendo che è perfetta o, viceversa, portare una bici da argine su per i sentieri da capre e tesserne le lodi.
Anche perché sapete che la perculata da parte mia è dietro l’angolo.
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