Ieri Pinion ha presentato una novità molto interessante: la trasmissione integrata nel motore di una bici elettrica. Tanti i commenti “finalmente!” oppure “Era ora di mettere il tagliaravioli in naftalina!“.
Eppure uno sguardo attento alla tecnologia dietro il gearbox dovrebbe far salire notevolmente le azioni del tanto bistrattato “tagliaravioli”, detto anche deragliatore posteriore. Tralasciando brevemente il Pinion per ebike e prendendo quello tradizionale come esempio, vediamo un sistema più pesante della trasmissione tradizionale e che necessita di telai ad hoc per essere montato. Non solo, la cambiata è tutt’altro che scontata, visto che bisogna togliere leggermente la pressione dai pedali per una scalata verso un cambio più agile.
Dove ci sono poi degli ingranaggi, c’è un attrito maggiore, che può essere ignorato se a spingere è un motorino alimentato da una batteria, ma che diventa problematico quando la propulsione è prettamente umana.
Per quali veri vantaggi? Non rischiare di rompere un deragliatore che spesso e volentieri costa una frazione di un sistema gearbox? Per avere meno peso sulla ruota posteriore, ma averne di più nel complesso? Se il nuovo motore Pinion con Gearbox pesa 4 kg e lo paragoniamo ad uno Shimano EP8 che ne pesa 2.6, quale trasmissione pesa mai 1.4 kg per colmare il gap fra i due sistemi?
Prendiamo poi la cinghia usata nella trasmissione: un altro elemento dove attriti e resistenza all’uso prolungato si sono rivelati problematici rispetto alla cara vecchia catena che, se lubrificata propriamente, è al momento imbattibile.
Insomma, il gearbox sembra eccitare tanti nerd della meccanica, cioé tutti noi mountain biker appassionati, ma alla prova dei fatti rimane una chimera ancora lontana dall’essere la soluzione ad un problema che è più nelle nostre teste che nei fatti.
Trovo che la soluzione di togliere il forcellino, il vero anello debole delle trasmissioni in fuoristrada, sia più efficace ed economica che non avere ingranaggi da far muovere o telai da progettare appositamente.
Cosa ne pensate?
Sul fatto di sentire la differenza faccio un altro esempio che può dare l'idea in modo migliore. Il sito Rolling Resistence pubblica test sulla resistenza al rotolamento di molti pneumatici sia da strada che da MTB. Ne prendo uno che conosco perché l'ho usato per anni in quella misura: lo Schwalbe Nobby Nic 2.25 TLR Pace Star. Il test a 29 km/h (alta velocità, che promuove un attrito elevato) col carico di 42.5 kg (piuttosto vicino al peso che grava sul posteriore della mia front) e pneumatico con sigillante (come lo uso io) riporta 18.9 W di consumo a pressione di 2.4 bar e 20.5 W a pressione di 1.7 bar. Parliamo di una differenza apparentemente risibile: l'8 % circa, 1.6 W. A quella velocità, poi, la potenza viene spesa in buona parte per vincere la resistenza aerodinamica.
Ma il punto è un altro. Viaggio generalmente a velocità più basse quando pedalo (quindi quella differenza in termini assoluti si abbassa) e vada che si diminuisca o si aumenti la pressione su entrambi gli pneumatici (quindi raddoppiando in totale il divario tra alta e bassa pressione) ma posso garantirti che anche l'ultimo dei pedalatori della domenica sente una bella differenza tra l'avere pompato a 1.7 bar o a 2.4 bar. Eppure di quanto si parla? Ammettiamo anche che si sbaglino e che le condizioni di laboratorio non tengano conto, ad es., del reale manto stradale, e che questo abbia un suo peso: anche fossero 5 W sui 100 W che spendi per un'andatura decente in piano, sarebbero il 5 %, e quel 5 % lo senti eccome. Siamo scarsi a produrre potenza muscolare, e siamo molto sensibili anche a piccole variazioni di potenza richiesta.
Ed inoltre si parlava di FATTIBILITA' tecnica, che poi loro, col motore, non sentano il bisogno del freno motore... parliamone.
Chi più, chi meno, lo usa.
L rigenerazione la faresti solo col freno dietro, certo... sarebbe quota parte dell'energia che trasformi in calore col freno posteriore.
Ti pare poca? A me no!