Il ciclismo, e la mountain bike in particolare, stanno diventando sempre più popolari. Vuoi per l’avvento delle bici elettriche, che aprono orizzonti insperati a chi non ce l’avrebbe fatta a raggiungere certi posti, vuoi perché aiuta a stare in forma e a staccare dalla vita di tutti i giorni.
Così sempre più destinazioni turistiche (e non) hanno voltato pagina e improvvisamente i ciclisti sono diventati i benvenuti anche quando erano visti come fumo degli occhi dai vari oltranzisti locali. Per le mountain bike si tengono aperte le funivie anche d’estate, a fronte di inverni sempre più poveri di neve, i bike hotel spuntano come funghi, attirati dalla clientela che mangia e beve per due, i noleggi di bici (elettriche) proliferano.
Purtroppo il territorio alpino, e le montagne in generale, è impervio, e i sentieri sono di difficile manutenzione. Motivo per cui la maggior parte di questi è tecnicamente impegnativa da percorrere, nel senso che prima bisogna imparare ad andare in mountain bike per poi riuscire a farli in sicurezza. Fa un po’ parte del bello della bici fuoristrada: uno migliora con il tempo, si impegna e piano piano riesce a chiudere passaggi che prima aveva fatto a piedi.
L’eccezione esiste e si trova nei bike park dove le piste, più che sentieri, vengono costruite appositamente per le bici basandosi su una scala di difficoltà presa in prestito dallo sci. Essendo padre di tre figli so bene che per far imparare loro ad andare in MTB la cosa migliore è proprio portarli in un bike park, dove ci si può concentrare sulla tecnica di guida senza doverli fare passare attraverso la tortura della salita. Inoltre si può migliorare scegliendo tracciati via via più difficili.
Bene. Una settimana fa ho avuto la sfortuna di percorrere uno dei soliti sentieri e di trovarci una piccola scavatrice che lo stava “sistemando”. A prima vista non sembrava male, anche perché il primo tratto è sempre stato pieno di sassi smossi.
Il fattaccio l’ho visto poco più a valle dove, per far passare la scavatrice, sono state letteralmente distrutte delle rocce fra cui prima passava il sentiero. Erano dei tratti tecnici, fattibili ma difficili, che probabilmente la maggior parte dei biker si faceva a piedi. Essendo molto corti, il problema non esisteva veramente.
Qui sopra c’era un roccione, demolito. Al suo posto una sorta di carrereccia completamente smossa con delle canaline così profonde che impuntarsi è veramente un attimo (è successo ieri ad un mio amico, ciao Chris!).
Idem come sopra. I resti delle rocce li vedete per terra. Prima il sentiero era largo la metà.
Ho dunque chiesto spiegazioni, e la risposta è stata “I sentieri devono essere per tutti“.
Capisco le motivazioni di fondo, cioé di rendere più fruibile la rete sentieristica anche a chi non è questa gran cima in sella, ma c’è modo e modo. Sono dell’opinione che non serva stravolgere un sentiero perché diventi meno difficile, ma basti togliere i sassi di mezzo, eventualmente allargarlo in certi punti, creare delle linee alternative. L’intervento non deve essere invadente, anche perché ora quel sentiero non piace né a chi lo percorreva prima in sella, né ai neofiti che si trovano un delirio di sassi smossi con canaline pericolose. Non parliamo poi dei pedoni, a cui sono stati tolti i gradini in roccia che aiutavano notevolmente il passaggio.
Se si può fare un intervento così importante, tanto vale tracciare un nuovo sentiero, magari andando a vedere prima quali soluzioni sono state trovate in altre località. Per esempio, nella stessa zona due anni fa si era lavorato su una parte più in alto della stessa discesa, ma in tutt’altro modo, come si vede dalla foto, anche grazie all’aiuto di esperti esterni. Ovviamente i costi e i tempi sono stati maggiori, il risultato però era una tratta molto divertente da percorrere in bici, a cui purtroppo non è più stata fatta manutenzione ed ora è tornata ad essere un mare di sassi smossi.
In ogni caso, per me vale la regola che se non sono in grado di chiudere un passaggio, non passerò con pala e piccone il giorno dopo per renderlo più facile o per farci il tempo su Strava. È un po’ lo spirito della mountain bike, quello di migliorarsi senza cercare ad ogni costo scorciatoie, e credo che nessun biker alle prime armi si offenda se deve mettere il piede per terra più spesso di chi va in MTB da anni.
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