Ogni tanto perdo di vista il motivo per cui la mountain bike mi ha affascinato ed è diventata la mia attività sportiva preferita. O meglio, dovrei dire la bicicletta in generale, che già da ragazzino mi affascinava perché era il mio mezzo di locomozione con cui andare lontano senza dover essere dipendente dai passaggi in auto di genitori e parenti vari.
Infatti la mountain bike permette di esplorare zone in cui non si è mai andati, di scoprire posti e sentieri nuovi, allargando moltissimo il raggio di azione che si potrebbe avere camminando. Il tutto usando la forza dei propri muscoli. Ok, adesso ci sono le bici elettriche che hanno cambiato i giochi, ma fino ad un certo punto perché le batterie di un umano si ricaricano con un piatto di pasta o un panino, quelle di una ebike necessitano quantomeno di un rifugio predisposto a questo scopo. Senza parlare della difficoltà di portare a spalla un mezzo di 20 e passa chilogrammi.
Torniamo però al punto: questa riflessione sulle bici è nata durante la moderazione di uno delle decine di itinerari che vengono caricati giornalmente su Training Camp. Leggendo le relazioni dei percorsi alpini di Nonnocarb, di quelli sulla punta dello stivale di Calabiker, dei sentieri liguri di Antosangui o dei giri friulani di Civi65 mi è venuta una tremenda voglia di partire e pedalare.
Ieri in particolare mi ha affascinato l’itinerario presso la diga del Vajont, la cui storia tragica venne raccontata benissimo da Marco Paolini nel 1997 in questa trasmissione, mentre ci avviciniamo al 60° anniversario della sciagura. Da Longarone sono passato diverse volte per andare verso Cortina, ma non mi era mai venuto in mente di andare fino alla diga e oltre, sui sentieri al di sopra del lago.
Così come le Cinque Terre rimangono un angolo d’Italia per me ancora nuovo ma che, grazie a questa traccia, mi sa che visiterò a breve.
Considerando la mole di mountain biker, condividere gli itinerari della propria zona è una cosa che fanno in pochi, malgrado quasi tutti abbiano un Garmin o un’app con cui registrare i giri. Eppure senza appassionati come ValeBG, Giulien, Gmzolenart, per citarne alcuni oltre a quelli di cui ho scritto sopra, saremmo tutti qui a girare sempre negli stessi posti e un itinerario come i 136 tornanti del Monte Stino sarebbero sconosciuti ai più.
Qual è il motivo che vi ha spinto a comprare una mountain bike? Perché è diventata la vostra passione? Cercate itinerari nuovi da provare?
Per i miei giri trail, mi creo il percorso con Strava (che poi trasferisco sul Garmin) ma prima di creare mi faccio un bello studio tramite la heatmap e se necessario altri siti per capire "a cosa vado incontro"..
Premetto che non amo andare allo sbaraglio provando chissà cosa in zone che manco o mai girato a piedi.. diciamo che un minimo di conoscenza c'è sempre, ma in generale direi che la heatmap mi aiuta molto!
le garette xc, le granfondo, i rally (che spettacolo, ci si sentiva un pò alla Dakar, con il road book sul manubrio della mtb!).
poi c'è stato l'avvento del freeride, i funky day sognando Kranked, Finale, la prima Mecca della mtb in Italia, i bikepark.
Girare in montagna però resta, per me, l'essenza della mtb, ho seguito tracce di @nonnocarb, di @The MTBike Brothers, del buon @sembola ed altri presi anche dalla sezione itinerari che ringrazio per le mille informazioni.
Molto importante "conoscere" l'autore della traccia per poter "inquadrare" correttamente il giro, se chiedo a Michele Ferro so cosa aspettarmi!!! :paur: ;-)
il supporto cartaceo non manca mai, personalmente sulla cartina studio la traccia scaricata, le eventuali varianti, la possibilità di adeguarla alle mie esigenze e a quelle di chi viene con me (spesso mia moglie negli ultimi anni).
girare sui colli dietro casa è una comodità e una fortuna, ma l'uscita in montagna è un'altra cosa, dove cerco di non ripetere mai lo stesso giro perlomeno nello stesso anno.
Riguardo a WhatsApp sono d'accordo che ha limitato la possibilità ai nuovi arrivi di trovare qualche gruppo per condividere la passione