La mia doppia Megavalanche

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E se quest’anno andassi a fare una doppia Megavalanche? Il report di Erich78!

Si parte da casa giovedì 6 luglio alle 6 di mattina, mi aveva raggiunto Davide da Modena la sera precedente, dopo le defezioni di Alessandro di FtPro ed Ambra dell’Elba. Quindi con due macchine, vista la quantità di roba che ho sempre da portare (2 bici, roba da mangiare, 2 o 3 cambi di abbigliamento full body dall’estivo all’invernale, cibo, attrezzi ecc.).



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Il viaggio procede senza intoppi ed arriviamo alle 9:30 a destinazione, un appartamento a 500 metri dalla zona arrivi delle qualifiche proprio all’Alpe d’Huez (1900 metri di quota circa). Si va come consuetudine a ritirare la placca numerica da manubrio da mettere sulla bici e il giornaliero per girare sugli impianti 4 giorni full time. Con lo stupore degli addetti alla consegna numeri, ritiro ben 2 placche, la numero 22 da utilizzare sulla mia Trek Slash da enduro e la numero 1821 da utilizzare sulla mia fatbike da bimbo 20 pollici. Finalmente, svolte le pratiche burocratiche, possiamo girare e provare i percorsi; io scelgo l’enduro per faticare meno e godermi qualche discesa.

Ci aspettano Stefano Rustick (lo speaker ufficiale della Mega che vuole fare qualche foto per i suoi social) e Giorgio, che anche lui con la sua e-bike vuole provare il percorso di gara. Saliti sulla prima cabinovia a due tronconi che porta a 2700 metri, sbuchiamo all’esterno ed un aria frescolina ci avvolge…ma dobbiamo ancora salire con la funivia che porta ai 3300 metri del Pic Blanc, ma purtroppo veniamo bloccati perché causa alte temperature, da mezzogiorno non si può più provare la pista della gara da ghiacciaio.

Quindi cosa fare? Scendiamo e proviamo un paio di volte la pista delle qualifiche dai 2/3 in giù, perché per arrivare ai 200 metri di dislivello più in alto occorre scendere all’intermedia della cabinovia, fare 45 minuti circa di pedalata su sterrata sali/scendi e prendere un’altra funivia, perdendo circa un ora totale, oppure spingere in verticale sulle piste da sci per salire appunto alla partenza.

Dopo un paio di discese molto tranquille e spezzettate per vedere come non uccidersi sulle rocce e magari trovare qualche taglio conveniente, siamo a pezzi: il viaggio e i vari passi (3) in auto della mattina uniti al dislivello delle due risalite appena fatte chiedono pegno! Io e Davide torniamo quindi a casa, piccola merenda ed io decido di fare un’altra discesa per provare la mia fatbike sulle rocce e lo scassato delle qualifiche: salgo e scendo divertendomi un casino (fra lo stupore di tutti quelli che incrocio, sia lungo la risalita degli impianti, che per strada). Alle 18 festa con animazione e bevande strane agli stand dell’arrivo e premiazioni delle minigare del giorno (no chain race e funky race).

Cena tranquilla con cordon bleu, verdure e thè con cereali, un controllino alle bici dopo la giornata di prove e si va a dormire attorno alle 23.

Venerdì 7 Luglio, qualifiche

Sveglia alle 8. Ci prepariamo, colazione molto scarna (non ho fame, sono teso per le qualifiche). Siamo oltre 1400 concorrenti per 10 vagues (round) di qualifica, io parto nella prima, alle 10:30 con l’enduro, e nella decima, alle 12:45, con la fatbike, quindi ho poco tempo per risalire tra le due. Dopo le 12:45 ci sono altre vagues di qualifiche donne ed e-bike.

Alle 9 parto con la cabinovia, facendo parecchia coda; tutti scendono al primo troncone e poi vanno alla funivia più lontana per evitare i 200 metri di dislivello a spinta (come suggerito dagli organizzatori). Io ovviamente salgo al secondo troncone e mi faccio il pezzo a spinta piuttosto con calma ed arrivo in largo anticipo, ma leggermente affaticato causa l’altitudine (2900 m) della partenza delle qualifiche. Ci mettono in griglia chiamandoci per numeri progressivi, ed io mi trovo in prima fila (ogni vague ha 125 partenti posizionati in file di 30 concorrenti, più si parte avanti e più si è avvantaggiati) dove vengono messi i corridori più forti, quindi fianco a fianco col vincitore della scorsa edizione, Stefan Peter, Hugo Pigeon ed altri francesi assatanati.

In sottofondo parte la canzone “Alarma”, inno della Megavalanche, che scandisce il minuto precedente allo start. Si parte e mi trovo dopo un secondo in mezzo al gruppone: tutti sono scattati ai 200 all’ora e io con molta calma sono già oltre la 50esima posizione! Tutto calcolato? Più o meno, devo cercare di arrivare in fondo nelle posizioni dalla 36 alla 70, che mi permetterebbero di gareggiare il sabato nella Megavalanche Challenger, la gara 2 come importanza della Mega.

I qualificati in ogni Vague dal primo al 35 (350 in totale) domenica mattina corrono la più prestigiosa Megavalanche, dal 36 al 70 si corre il sabato mattina nella Challenger, dal 70 al 100, si corre domenica nella Amateur, ed infine quelli dopo i 100 corrono nella Affinity. La mia qualifica scorre bene, la prima metà, causa i passaggi più tosti e i numerosi imbuti causati dai restringimenti del sentiero, un po’ a rilento, ma riesco a superare molti avversari nei tratti con la neve. Più in basso, tutti i tagli e i punti dove avrei voluto passare ovviamente non sono riuscito a farli, visto il traffico di concorrenti sul percorso che è quasi sempre un single track. Comunque arrivo al traguardo 43esimo con il tempo di 21:23, non lontanissimo dal 15:49 del campione in carica! Missione compiuta quindi, mi sono qualificato per la Challenger di sabato mattina.

Ora devo correre a casa a fare il cambio di bici e tornare per la decima Vague di qualifica. Ma mentre il tempo scorre inesorabile, mi acchiappa il mio amico speaker Rustick per un intervista nella zona arrivo (ovviamente essendo un po’ vanitoso rimango molto volentieri). Pochi minuti ma buoni di discorsi a caso in francese e schizzo via, prendo la fatbike, mi cambio e torno su pedalando 10 minuti a manetta per prendere la famigerata cabinovia e farmi nuovamente i due tronconi e i 200 metri di dislivello verticali a spinta. In cabinovia conosco dei turisti indonesiani con guida francese che mi fanno 1000 domande sulla bici.

A fatica e spingendo come un forsennato raggiungo Davide in cima ai 2900 m delle qualifiche, lui parte in Vague 9, quindi sono ampiamente in tempo. Mentre aspetto di essere messo in griglia di partenza trovo Michael, un ragazzo conosciuto gli anni precedenti alla Mega, che deve partire anche lui con me. Pochi minuti e si parte. Scatta “Alarma” e di nuovo in prima fila, mi sorpassano in molti e scendo i primi due tornanti gasatissimo per le potenzialità del mio mezzo cercando di stare all’esterno per evitare contatti inutili con altri concorrenti. Alla terza curva vengo travolto da dietro: mi si gira il manubrio e mi impunto sbattendo sulle pietre molto violentemente gomito (che mi fa un male cane) e coscia destra.

Avvolto da una nuvola di polvere mando a fare in culo un ignoto e riprendo la qualifica in modo molto mesto, dopo aver tirato su la catena e raddrizzato alla benemeglio il cambio. Man mano che scendo però mi sale la gaseria e scende la percezione del dolore. Supero in alcuni passaggi ostici altri concorrenti e da ultimo recupero piano piano posizioni. Mi cade la catena altre 3/4 volte, ma non ci faccio caso. Più ci si avvicina al paese e più gente mi applaude e mi gasa vedendomi passare con una bici così strana. A poche centinaia di metri dalla linea di arrivo mi ricade la catena. Non la tiro più su e procedo spedito su asfalto verso il traguardo.
È finita, riesco ad arrivare con il tempo di 29:13 e sono qualificato (89esimo) per l’Amateur di domenica: missione compiuta!

Passano i minuti e purtroppo mi accorgo che ho il gomito completamente insanguinato, ma è semplicemente una spelacchiatura, e non riesco più a piegare la gamba destra. La contusione è più grave del previsto e da freddo si fa sentire così tanto che fatico a camminare. Tornato a casa, doccia, pranzo veloce con riso freddo, Camembert e piselli, dopo aver speso 45 euri in farmacia per tre strati di garze automedicanti e autoreggenti (così dicono), dormo due ore e mi risveglio alle 17.

Alle 18 si torna a fatica a piedi per ritirare le lettere da appiccicare sulla placca numerica (dalla A alla Z, indicano la fila di partenza delle varie gare: dalla A all’I si parte in file progressive nella Mega, dalla I alla P si parte nella Challenger e così via). Io ritiro la O per la Challenger, quindi l’indomani sono in 4a fila (non male) e Z5 per la Amateur (quasi in fondo).

Ci troviamo con altri italiani, fra cui Vera (assidua frequentatrice del circuito Mega/Maxiavalanche) e Giorgio, poi si torna a casa a riposare, anche se sono consapevole che l’indomani difficilmente sarei riuscito a gareggiare. Cena veloce con pizza surgelata e yoghurt, mi spalmo di ogni possibile crema riscaldante, raffreddante, arnica per cavalli, artiglio del diavolo, ginepro e Davide mi dà un antidolorifico e antiinfiammatorio.

Imposto la sveglia alle 6:30 per l’eventuale gara che parte dal ghiacciaio alle 9:30 e mi preparo abbigliamento e zaino per l’indomani.
Mi addormento alle 22, ma mi sveglio alle 4, sempre con il dolore alla gamba pensando e ripensando alla gara, che l’avrei affrontata alla cieca senza aver potuto provare il percorso, con la paura della neve ghiacciata e la conseguente velocità maggiore…ed il timore di essere travolto dinuovo da qualche concorrente.

Sabato 8 Luglio, Megavalanche Challenger

Alle 6:30 suona la sveglia, scendo dal letto e con un certo sollievo mi fa ancora male la gamba, quindi niente gara, non sarei stato pronto psicologicamente ed avrei avuto paura di farmi nuovamente male.
Il sabato trascorre tranquillo, per me assoluto relax, due passi a vedere la manche dove avrei dovuto essere, e vedendo passare i concorrenti mi è tornata la voglia di gareggiare. L’indomani, cascasse il mondo DEVO essere sul ghiacciaio. Nel pomeriggio dormo ancora un paio d’ore, lavo le bici, vado a scambiare due parole con un ragazzo (importatore ufficiale Ancillotti in Francia, Nini Adventures) conosciuto l’anno prima e ritrovato in griglia di partenza a mio fianco in Vague 10, più tardi lavo l’enduro e lo smonto mettendolo in auto, mi metto a sistemare la fatbike per la gara del giorno successivo con un entusiasmo rinato (anche perché il ghiacciaio pare sia mollissimo e quindi tutto da spingere).

Prima di addormentarmi, dopo la solita cena salutare, Davide (il mio spacciatore) mi fornisce un altro antidolorifico o similare!!!

Domenica 9 Luglio, Megavalanche Amateur

Mi alzo ovviamente prima della sveglia perché sono teso, ma in senso positivo. Il dolore alla gamba è molto minore e sono felicissimo: preparo la roba, carico la macchina di tutti i miei averi, colazione e mi ungo dalla testa ai piedi con una crema riscaldante per cavalli, poi parto alle 7 in direzione impianti. Lì trovo amici vari conosciuti nei giorni prima e salgo sui due tronconi della cabinovia solita dove ci imbarcano per lettere di partenza. Arrivati all’ultima funivia la coda è immensa. Saliamo tutti in ritardo e dopo due ore di attesa siamo sulla griglia di partenza, finalmente.

Fa caldo (7 gradi), il ghiacciaio è ripido da paura, io non ho provato nulla. Non so come andrà la mia bici sulla neve, non so dove passare, non so niente di niente ma sono gasato.

Risuona “Alarma”, 1 minuto, 30 secondi e si parte in 30 cm di neve mollissima ma su un muro ripidissimo. Io sono oltre la 200esima posizione, ma piano piano prendo confidenza con la bici e a fine ghiacciaio ho sorpassato oltre 200 concorrenti e sono nei primi 15!

Il resto non si può raccontare, è da guardare qui:

Arrivo dopo 1 ora e 27 minuti 98° su 213 arrivati (gli altri non si sa dove siano finiti, ma non hanno tagliato il traguardo), 23 km ed oltre 2600 metri di dislivello negativo (e parecchio positivo anche). Sono strafelice, però ho voglia di tornare a casa: mi intervistano e dico qualcosa in francese. Lavo la bici, mangio al buffet post gara e, dopo essere risalito con gli impianti all’Alpe d’Huez, mi faccio le mie tre ore e mezza di auto per riabbracciare la mia Tiziana che mi supporta sempre, anche a distanza. Non sono riuscito nella mio intento di gareggiare in due Megavalanche in due giorni consecutivi, magari ci proveremo dinuovo l’anno prossimo, che dite?

Ah, comunque la VERA Megavalanche l’ha vinta Hugo Pigeon con lo stratosferico tempo di 39:34. Qui tutte le classifiche.

Commenti

  1. robydr4.0:

    poco senso con quel ferro..poco divertimento e tanto fatica..oltre che madonne che volano...mah
    Mah, a dire il vero sul ghacciaio è andata meglio che se avessi avuto una bici normale e mi sono divertito un sacco ([MEDIA=youtube]g7rJI0YEMDc[/MEDIA]) , poi ho sofferto fino alla fine, ma nel complesso lo rifarei ancora e ancora e ancora! E' davvero un modo differente di vedere la gara che se non lo provi non puoi capirlo...con l'enduro e tutt'altra storia, paradossalmente ci sono molti più rischi e mi vengono tanti più mal di pancia!
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