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Nevica dibbrutto e non si vede un tubo,
il buio si addensa e le mani si raffreddano.
Proiettili bianchi centrano allegri tutti i buchi del casco.
Irrigidita sulla seggiovia – piedi a penzoloni e bici stretta in braccio –
abbasso lo sguardo sulla pista: ombre-di-bici avvolte di tormenta
scendono fischiando (… i freni!) come proiettili nella notte.
Cancelletto di partenza. La ruota poggia contro la sbarretta del cronometro
(mi sento un po’ Alberto Tomba). Tre, due, uno:
abbozzo un salto spingendo sui bastoncini (che non ho).
Primo dosso, le gomme si scavano un binario e cominciano a girare.
Prima curva a sinistra, …. giù per terra (cominciamo bene!).
Centimetri su centimetri si depositano sulla pista.
Cumuli di neve fresca scavati in tutte le direzioni.
Traiettorie improbabili si dirigono verso quei pali solitari
che spuntano dritti-e-storti dalla nebbia.
“Asseconda la bici, non forzarla”, mi ripeto trainando il piede nella neve…
“ma come fanno ‘quelli bravi’ a tenerli sui pedali?”
Arriva un barlume velocità, ma cado ancora.
Mi rialzo. Vedo più luce. Ah, è finita!
Un arco di aria gonfiata segna il traguardo traballando al vento.
Ma c’è prima la trappola del salto…
Vado troppo piano, la bici si arena nella neve molle.
Tuffo a pesce e capriola. Recupero il mezzo
e corro a piedi nell’arrivo.
Federica Amelio
Passo del Tonale, 27 febbraio 2016
Grazie a PHOTO-TEAM che ci ha generosamente concesso le immagini (eroici!)
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