La rana non sta per essere bollita: sta per esplodere | MTB Mag

La rana non sta per essere bollita: sta per esplodere

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In questi difficili tempi per il mercato bici si tira fuori spesso un paragone a mio avviso inappropriato, quello della rana bollita. Si paragonano i consumatori ad una rana immersa in una pentola piena d’acqua che diventa gradualmente più calda senza che la rana se ne accorga, perché gli incrementi di temperatura sono piccoli, fin quando però l’acqua non bolle e la rana è bella che morta.

L’acqua, in senso figurato, sono i prezzi di bici e accessori, che da ormai un decennio sono in costante ascesa. Qualcuno ha pensato però di aumentare la fiamma con cui si scalda l’acqua tutto d’un colpo (il Covid) e la rana si è svegliata dal suo torpore ed è saltata fuori dalla pentola. Finale ipotetico della storia: non si vende più niente da quasi due anni a questa parte.


Scrivo ipotetico perché non abbiamo preso in considerazione chi ha scaldato l’acqua, ovvero un’altra rana, una con la bocca molto grande che, a furia di mangiare, è diventata così grossa che sta per scoppiare: le aziende. Uno potrebbe paragonare l’ingrassare della rana all’avidità, ma sappiamo bene che un’azienda esiste per fare soldi, non opere di beneficienza, quindi facciamo i bravi, lasciamo da parte i giudizi morali e guardiamo invece un altro aspetto: l’aumentare esponenziale delle dimensioni delle aziende stesse.

Una notizia che mi ha colpito è stata quella del declassamento finanziario del gruppo Accell (Lapierre, Ghost, Haibike, ecc), e il suo basso margine di guadagno: “Accell, in quanto azienda di prodotti di consumo, è caratterizzata da un basso margine EBITDA di circa l’8%-9%, guidato dalla sua attenzione alla progettazione e commercializzazione di biciclette assemblate nei propri stabilimenti con parti prodotte da fornitori dedicati.

8-9% per un’azienda che esternalizza in Oriente la produzione di tutti i componenti fa sorgere la domanda: ma dove vanno a finire tutti i soldi? E qui torniamo alla rana ingrassata, enorme che, traslato alla realtà, significa che le strutture di queste aziende sono troppo grandi per quel che fanno. Ne è la riprova il processo in corso presso alcuni leader del settore come Trek, che chiude le sedi in alcuni Paesi fra cui l’Italia (sede di Bergamo inaugurata nel 2019), come Pon, che ha annunciato qualche giorno fa di rinunciare al distributore svizzero  e di andare diretta anche nella Confederazione, come Mondraker, che si è separata da DSB un anno fa. Si tagliano passaggi della catena distributiva per aumentare quel famoso margine in tempi di vacche magre.

Ma c’è anche l’altra via per alzare il margine, quella che ha fatto saltare la rana fuori dalla pentola con l’acqua troppo calda: alzare i prezzi. Questa via è destinata a fallire, perché finora abbiamo parlato di 1 sola rana che alzava il gas, ma in realtà di rane ce ne sono tante, troppe: il mercato è supersaturo. Troppi brand, troppi prodotti, troppo magazzino. E soprattutto troppi clienti che hanno anticipato gli acquisti per via del Covid, degli incentivi e degli sconti. Si prova a tenere alto il livello dei prezzi, ma la cosa non sta in piedi o meglio, non sta più in piedi: il cliente ha mangiato la foglia e non compra. Senza contare che i soldi scarseggiano in generale, e non solo in Italia.

Quindi, come salviamo la rana dalla bocca larga? Facendola dimagrire. Chi ha mai fatto una dieta sa quanto questo sia un processo doloroso, ma per far tornare in forma il mercato delle bici l’unica via è un reset totale che purtroppo passerà per chiusure e ridimensionamenti drastici, altrimenti la famosa “primavera” che aspettiamo da due anni non arriverà mai.

Commenti

  1. pablos:

    Ero ironico eh!!Per curiosità, nel 2021 hai acquistato nuovo?Cosa e a che prezzo se posso?Cioè, se hai comprato a prezzo equo nel 2021 per il mio prossimo acquisto t' ingaggio con percentuale!
    Nel 2021 una Orbea Alma M Pro, a 3500.
  2. spostando l'attenzione su un altro particolare: il mio mecca/sivende di fiducia, dopo il boom di vendite del COVID si è sentito dire dai rappresentanti, in pieno delirio da "ipervendite" che, se voleva conservare il marchio, doveva fare ordini faraonici.... ora lui non è un genio dell'economia, ha fatto la III media e poi si è messo a lavorare nell'azienda di famiglia, ma si è guardato intorno ed ha detto: "bah... sta roba mica dura!" e, a differenza di molti suoi concorrenti, non ha fatto ordini se non di bici economiche, da passeggio e per bambini, concentrandosi sull'officina. Il risultato è un'area espositiva che fa tristezza, ma se la ride perché praticamente non ha invenduto...
    tutto sto pippone per dire: ste mega aziende multinazionali con fatturati milionari, che giustificano i prezzi dei loro prodotti anche con i costi esorbitanti di ricerca e filiere, prima di rovinarsi producendo l' invendibile, non potevano spendere due spicci per fare una ricerca di mercato seria? quello che ha capito un sivende di provincia facendo il conto della serva, magari lo avrebbero capito pure loro....:soffriba:
  3. marco:

    saturazione assurda e non solo: paletti ovunque, come dicevo qui. Diventa impossibile distinguersi dagli altri in un momento in cui è tutto fermo.
    e da qui nasce la (finta) Santa Cruz Vala ( in Veneto diciamo Valà soprattutto quando mandiamo in mona chi ci rompe i cog lioni ) che sembra una Trek, che sembra una Cube, una come tante, solo per poter montare il motore che hanno tutte, con la batteria che hanno tutte, con la forca che hanno tutte, la trasmissione che hanno tutte,
    in pratica una bici uguale a tutte le altre MA con un adesivo diverso, e il responsabile di SC Italia col cappellino rovescio che ti racconta la storia dell orso che il VPP non serve a un cazzo ecc ecc.

    Voglio proprio vedere quante rane riusciranno a bollire con la Valà :scassat:
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