Sebbene sia la regolazione più importante di una sospensione, non tutti i riders sanno regolare al meglio il ritorno. Ecco dunque come fare, sia in forma video che scritta.
Che si abbia una bici top di gamma o una bici entry level, che si pratichi cross country o downhill, saper regolare il ritorno correttamente alle proprie sospensioni è fondamentale per guidare al meglio la bici in discesa. Il ritorno è talmente importante che tutte le sospensioni, di qualsiasi fascia di prezzo o disciplina, posseggono questa fondamentale regolazione.
In questo articolo vedremo quindi di capire come impostare al meglio il ritorno e vedremo alcuni aspetti teorici che ci consentano di capire il funzionamento e l’importanza di questa regolazione.
A cosa serve il ritorno?
La regolazione del ritorno, o più precisamente del freno in estensione, è una regolazione idraulica che gestisce la frenatura della forcella durante la riestensione.
Non siamo più negli anni ’90, quando le sospensioni servivano tutt’al più ad assorbire le vibrazioni: lo scopo delle sospensioni moderne è quello di tenere, quanto più possibile, la ruota attaccata al terreno, in modo da migliorare il controllo della bici.
Sappiamo tutti che se tiriamo un pugno ad un palloncino o ad una molla appoggiata su di un tavolo, questi dapprima si comprimono, rallentando progressivamente la nostra mano. Quando però hanno assorbito l’energia cinetica del nostro pugno, questi la liberano in maniera piuttosto brusca, riestendendosi e respingendo con forza la nostra mano. La stessa cosa succederebbe anche nelle nostre sospensioni se non avessimo un freno in estensione: l’aria o la molla, riestendendosi con violenza, ci fionderebbero via.
Nella guida fuoristrada una velocità di ritorno troppo elevata è controproducente, perché farebbe rimbalzare le ruote tra gli ostacoli, quando invece l’obiettivo è di tenere la ruota attaccata al terreno il più possibile.
Prendiamo alcune situazioni tipo della guida in fuoristrada per capire meglio.
Pensiamo come prima cosa di affrontare un gradone in discesa, oppure un piccolo salto. Superato il ciglio dell’ostacolo, la ruota tende a scendere velocemente, fino a che non incontra il terreno. A questo punto la ruota si blocca istantaneamente, la forcella complimentosi assicura una decelerazione più graduale del resto della bici e del biker. Finita la decelerazione, la forcella si ferma e poi si riestende. Se la riestensione risulta troppo veloce, la nostra bicicletta viene letteralmente sparata via con quello che si può definire “effetto fionda”. La ruota rimbalzando si torva quindi proiettata in aria e diventa quindi difficile poterla controllare sugli ostacoli successivi o anche solo frenare.
Prendiamo come seconda situazione tipo, l’urto della ruota su di un ostacolo sporgente tipo una pietra, uno scalino, una radice o anche solo una gobba di terra piuttosto pronunciata. La sospensione assorbe l’ostacolo fino a che la ruota non sale al di sopra di esso. A quel punto la sospensione si riestende. Se la riestensione è troppo veloce e tutta l’energia assorbita dalla compressione viene rilasciata istantaneamente, la ruota rimbalza, riducendo il controllo del mezzo.
Naturalmente si potrebbero analizzare numerosi altri casi, ma il succo del discorso è sempre lo stesso: dev’esserci un qualcosa che riduca la velocità di riestensione dell’elemento elastico, altrimenti la sospensione diventa più uno svantaggio che un vantaggio. Il ritorno è quindi una regolazione fondamentale per qualsiasi sospensione.
La velocità con cui si riestende la sospensione dipende da diversi fattori:
– Durezza dell’elemento elastico: più è rigido l’elemento elastico (molla più dura o pressione dell’aria maggiore), maggiore sarà la velocità con cui si riestende.
– Attriti interni della sospensione: qualsiasi attrito (scorrimento degli steli sulle boccole, guarnizioni interne, presenza di cuscinetti volventi o radenti sui giunti) determina un rallentamento della sospensione in estensione. Questoi vale specialmente sui telai full, anche se ad oggi tutti i produttori si impegnano per ridurre al minimo questi attriti. Abbiamo parlato di cuscinetti perché nei telai full, non essendo la ruota collegata direttamente all’ammortizzatore, tutto l’insieme del carro costituisce la sospensione posteriore ed il comportamento è influenzato anche dai cinematismi del telaio.
– Peso delle masse sospese: ruote più pesanti richiedono più energia per essere messe in moto.
E quindi facilmente intuibile che, viste le numerose variabili in gioco, non è possibile ottenere una taratura ideale di fabbrica del freno in estensione, cosa che si fa ad esempio sulle automobili. Non è insomma possibile neppure dire “sulla bici X, la regolazione ideale è Y”, ma sarà ogni rider a dover trovare il proprio setup ideale in base al tipo di terreno che incontra, a come regola le sospensioni, al proprio peso.
Come funziona il ritorno
Il funzionamento del ritorno è concettualmente molto semplice: si tratta di una semplice valvola in grado di parzializzare il passaggio dell’olio in una sola direzione, quella di estensione.
Come sappiamo tutti, le sospensioni degne di tale nome (tralasciando quindi quelle “da supermercato”) dispongono di un circuito idraulico per la gestione della velocità di compressione e di riestensione. Senza scendere in troppi dettagli tecnici l’olio quando la sospensione si muove viene vincolato a passare attraverso opportune valvole.
L’olio si sposta sia quando la forcella si comprime, sia quando si riestende ed in maniera proporzionale rispetto alla corsa. Gestendo la quantità d’olio che riesce ad attraversare queste valvole (flusso), si riesce a variare la velocità di movimento della nostra sospensione. Le valvole generalmente sono separate e regolabili autonomamente, almeno nelle sospensioni più evolute.
La valvola di ritorno è realizzata in modo da regolare il flusso dell’olio in una sola direzione, quella che segue l’olio quando la forcella si riestende. Nell’altra direzione la valvola viene bypassata dall’olio ed è quindi come se non ci fosse.
La parzializzazione del flusso dell’olio generalmente viene fatta in due modi.
Ci sono le valvole “a fori” in cui l’olio attraversa uno o più fori. Un sistema a saracinesca è in grado di variare le dimensioni di questi fori, chiudendoli parzialmente. Se la saracinesca è aperta, l’olio è libero di fluire liberamente. Se invece la saracinesca è parzializzata, la superficie attraverso cui l’olio deve fluire si riduce e quindi questo non riesce a passare con sufficiente velocità. Detto in termini più tecnici, la saracinesca è in grado di ridurre la sezione del condotto e di conseguenza il flusso di olio.
Esistono poi le valvole lamellari. Le valvole lamellari sono costituite da una serie di lamelle, dei dischetti molto sottili e flessibili sovrapposti l’un l’altro. L’olio, vincolato a passare nella valvola, quando spinge sulle lamelle le deforma, facendone sollevare i bordi ed aprendosi quindi un passaggio. La valvola al centro presenta un punzone che spingendo sulle lamelle, forza le stesse a rimanere chiuse. Maggiore è la forza con cui vengono schiacciate le lamelle, maggiore sarà la forza che l’olio dovrà esercitare per aprire la valvola. Le lamelle, spinte dal punzone si deformano o l’olio dovrà deformarle ulteriormente per aprirsi il passaggio. Si tratta insomma di un precarico vero e proprio, analogo a quello delle molle di forcelle ed ammortizzatori.
In commercio esistono tre tipologie di valvole:
– Valvole tradizionali: si tratta di valvole semplici, che esercitano una frenatura costante su tutta la corsa della forcella.
– Valvole position sensitive: utilizzate ad esempio da Rock Shox con il nome di Dual Flow Rebound, queste valvole sono in grado di esercitare una frenatura differente a seconda di quanto è affondata la forcella. Di solito si utilizza un frenatura maggiore per l’ultima parte della corsa, quella prossima al fine corsa, in modo da rendere più stabile la bici all’atterraggio dai salti o evitare che la sospensione scalci colpendo grossi ostacoli. Per la parte iniziale della corsa invece si preferisce un ritorno più veloce, per permettere alla sospensione di lavorare bene sui piccoli urti in rapida successione (mulattiere veloci con pietre fisse ad esempio). In alcuni casi la regolazione del ritorno sul fine corsa è reimpostata di fabbrica (si può intervenire solo su quella iniziale), in altri c’è la possibilità di intervenire indipendentemente sulle due regolazioni.
– Valvole speed sensitive: questo tipo di valvole è in grado di sentire la velocità con cui si estende la sospensione. E’ quindi possibile intervenire con una frenatura diversa a seconda che la sospensione ritorni lentamente o velocemente, permettendo quindi una taratura molto precisa.
La giusta regolazione
La regola per avere un ritorno regolato correttamente è la seguente: il ritorno dev’essere il più veloce possibile senza però arrivare al punto che la forcella o il carro posteriore “scalcino” o rimbalzino sugli ostacoli.
Un ritorno troppo veloce, come abbiamo visto in precedenza, è infatti generalmente controproducente perché la sospensione rimbalza, facendo sollevare la ruota da terra e riducendo il controllo.
Dall’altro però, un ritorno troppo lento è allo stesso modo penalizzante. La sospensione dev’essere in grado di ristendersi completamente dopo un ostacolo prima che ne colpisca un altro. Se si scende veloci su un sentiero piuttosto sconnesso con il ritorno troppo lento, si sente che la sospensione non riesce a ristendersi tra un urto ed un altro e rimane compressa perdendo corsa progressivamente. Rimanendo compressa, la sospensione si irrigidisce e quindi non riesce più a lavorare correttamente. A questo si aggiunge l’effetto sulle geometrie del telaio, che può essere un’ulteriore aggravante.
È quindi facile capire come sia di fondamentale importanza tarare il ritorno correttamente. Cominciamo subito col dire che non esiste una taratura ottimale per ogni terreno. In realtà ogni singletrack avrebbe bisogno di un set-up ad hoc. A parte nella DH, dove durante le prove si lavora anche per trovare il migliore set-up delel sospensioni per quel determinato tracciato, è però improponibile per qualsiasi altro uso variare la regolazione del ritorno a seconda del tipo di terreno che si incontra. Spesso infatti si percorrono sentieri a vista o comunque, anche se si conoscono, si incontra una tale varietà di terreni, che avere una regolazione ottimale significherebbe passare più tempo a lavorare con le regolazioni piuttosto che a scendere. Bisogna quindi trovare un compromesso che sia soddisfacente nella maggior parte delle situazioni.
Eventualmente poi, in condizioni particolari si può intervenire con una regolazione specifica. Ad esempio quando si incontra un sentiero particolarmente tecnico e trialistico, può essere utile chiudere di qualche click il ritorno di forcella ed ammortizzatore, in modo da rendere più stabile la bici quando scende da gradoni o altri ostacoli di particolare entità. Non è infatti necessario su questo tipo di percorsi un ritorno particolarmente veloce in quanto le velocità di percorrenza sono basse e tra un ostacolo e l’altro la sospensione ha tutto il tempo di riestendersi.
Forcella
Per tarare correttamente il ritorno della nostra forcella, dobbiamo fare alcune prove sul campo. Come per qualsiasi regolazione è solo il feeling che abbiamo durante l’uso a dirci se la regolazione ci soddisfa o meno.
Ad ogni modo bisogna pur sempre avere un punto di partenza, una taratura che seppur approssimativa, ci consenta di utilizzare la bici le prime volte.
Dopo aver tarato correttamente il sag ed eventuali regolazioni della progressività della sospensione (pressione camera di espansione e bottom out ad esempio), è ora di dedicarci alle regolazioni idrauliche e quindi al ritorno. Ricordiamoci sempre di intervenire prima sulle regolazioni dell’elemento elastico e solo dopo sul ritorno, perché la durezza del primo influenza il secondo. Se effettueremo successive variazioni della durezza dell’elemento elastico (Ad esempio gonfiamo la camera pneumatica principale) potrebbe essere necessario tarare nuovamente il ritorno.
Andiamo con la bici sotto casa o anche solo in cortile. Impostiamo la bici come se dovessimo scendere, quindi forcella tutta estesa, propedal disinserito e sella bassa.
Come prima cosa saliamo sulla bici e, stando in surplace, pompiamo con forza il manubrio. Regoliamo il ritorno in modo che la forcella non si riestenda tanto velocemente da rimbalzare o dare un eccessivo contraccolpo alle braccia. Proviamo quindi ad andare contro qualche ostacolo: proviamo a salire e scendere scalini, a prendere dei tombini o qualsiasi tipo di ostacolo che riusciamo a trovare. Affiniamo ulteriormente la regolazione. Ricordiamoci in questa situazione di cercare di tenere il ritorno più veloce possibile: quando siamo su un sentiero la velocità di percorrenza è più elevata e gli ostacoli arrivano in rapida successione.
A questo punto la prima taratura, seppur approssimativa è fatta. Non ci resta che provare la bici in discesa, solo li riusciremo a capire se il nostro ritorno è troppo lento. L’ideale è trovare una veloce mulattiera bella sconnessa e lastricata, oppure in assenza di questa, una scalinata. E’ in condizioni di questo tipo, in cui le sollecitazioni arrivano in rapida successione, che si sente subito se il ritorno è troppo lento (la sospensione si “chiude” e si irrigidisce, sembrando quasi bloccata).
Ammortizzatore
Se tarare la forcella è più semplice perché le mani e le braccia hanno una certa sensibilità, più difficile è tarare l’ammortizzatore posteriore. Al posteriore infatti è più difficile sentire il comportamento della sospensione.
Per questo motivo e per rendere più semplici le cose anche per i meno esperti, quando si fa la prima taratura si può utilizzare utilizzare la “regola dello scalino”. Si tratta di una procedura piuttosto semplice. Si imposta la bici per la discesa (forcella alta, propedal disattivato) con l’unica accortezza di tenere la sella non troppo bassa. Una posizione intermedia tra quella di discesa e quella di salita.
Impostato il sag correttamente, si cerca uno scalino, tipo quello di un marciapiede. Si scende lo scalino stando seduti sulla sella. La regolazione del ritorno ottimale è quella che dopo la discesa consente alla bici di compiere ca 2 oscillazioni prima di ritornare alla configurazione di SAG con sospensione ferma. La seconda oscillazione è naturale che rimanga piuttosto smorzata. Se la bici continua ad oscillare oltre le 2 volte, allora dobbiamo chiudere il ritorno. Se la bici invece compie meno di due oscillazioni, allora dobbiamo aprirlo.
Molto importante per la buona riuscita del procedimento è rimanere sempre seduti sulla sella. Se assorbiamo con le gambe, falsiamo il risultato.
Naturalmente questo è solo il punto di partenza. Sarà poi necessario, durante le prime uscite, tarare correttamente la velocità di ritorno.
Come per la forcella una veloce mulattiera od una scalinata sono perfetti per capire se il ritorno è troppo lento, ma sarà poi con l’uso che riusciremo ad affinare al meglio la regolazione.
Ritorno Position Sensitive
La regolazione di un ritorno position sensitive con doppia regolazione è abbastanza intuitiva. Il setup ottimale prevede:
– una maggiore frenatura per quanto riguarda il ritorno sull’ultima parte della corsa. In questo modo la sospensione non rimbalza quando si atterra da grossi drop o quando si copia un grosso gradone. Lo stesso vale anche quando si colpisce un grosso ostacolo. Anche in caso di fondo corsa la forcella non tenderà a scalciare, nonostante possa rimbalzare sul tampone di fondo corsa. Ricordiamoci poi che più la forcella è progressiva, maggiore sarà il freno sull’ultima parte della corsa che noi dovremo utilizzare.
– Una minore frenatura per il ritorno della parte iniziale della corsa: in questo modo la forcella è in grado di assorbire correttamente i piccoli-medi urti in rapida successione.
Ritorno Speed Sensitive
Sono molto poche le sospensioni che dispongono di una valvola speed sensitive anche per il ritorno, solitamente questo tipo di valvole viene utilizzato per la compressione.
Sebbene questa soluzione venga solitamente adottata su prodotti di alta gamma, destinati ad un pubblico di rider molto esperti ed esigenti, quindi già in grado di regolare al meglio questo tipo di sospensioni, vediamo brevemente alcuni consigli per la taratura, ricordandoci che comunque il migliore setup è sempre quello che ci fa andare più forte e ci da un miglior feeling, non quello che sembra migliore sulla carta.
Il registro low speed agisce sulle riestensioni lente, come:
– Il ritorno della sospensione posteriore in frenata, dovuto al trasferimento di carico sulla ruota davanti a causa della decelerazione. Un maggiore freno sull’ammortizzatore può servire per tenere il carro leggermente compresso in frenata, in modo da ridurre l’effetto del trasferimento del carico verso l’anteriore, migliorando quindi il controllo sulle staccate in condizioni di forte pendenza e terreno accidentato.
– Trasferimenti di carico durante la guida
– Cunette o dossi particolarmente dolci.
Il registro high speed agisce invece sulla maggior parte delle situazioni:
– Riestensione della forcella quando si incontrano ostacoli in rapida successione (brake bumps, scalini, rock garden, ecc)
– Riestensione dopo urti di grossa entità in cui si sfrutta tanta corsa: drop, gradoni o ostacoli piuttosto grossi.
– Cunette o dossi particolarmente pronunciate, in cui la sospensione si insacca.
Il giusto setup si trova solo ed esclusivamente dopo diverse prove sul campo e con una certa sensibilità nella guida. Non tutti i riders sono in grado di sfruttare al 100% un registro di ritorno speed sensitive, così come un sistema così evoluto può comportare dei benefici essenzialmente in ambito DH race. Per questo motivo le sospensioni con valvole di ritorno speed sensitive si contano sulle dita di una mano.
Con questo è tutto. Dopo aver capito il funzionamento e mettendo in pratica i consigli di questo articolo, tarare la nostra forcella o il nostro ammortizzatore dovrebbe essere ora molto più semplice.
Commenti