La vetta snobbata

Correva l’ormai lontano anno 2012 quando qui sul Mag pubblicammo un articolo su un sentiero sconosciuto, ma che successivamente divenne molto gettonato anche grazie ad articoli pubblicati su riviste teutoniche che avevano visto le belle foto di Marzia Fioroni. Ci sono stato l’ultima volta nel 202o, sul Piz Umbrail, ed in vetta c’era un sacco di gente, di cui molti biker.

Incuranti dei 60 minuti di portage in parte impegnativo, tutti erano lì per il magnifico sentiero che scende all’altrettanto magnifico lago di Rims, di un colore turchese mozzafiato.

Nel 2020 ci fermammo a fare un bagno tonificante o meglio, gli altri facevano il bagno mentre io guardavo il ghiaione alla nostra sinistra, visto che l’acqua fredda non mi attrae particolarmente. Sì, perché qualche anno prima, durante uno dei miei giri con partenza da Livigno, ero salito dai laghi di Cancano verso Pedenolo e da lì fino alla bocchetta di Forcola, per poi raggiungere il passo Umbrail ed imbarcarmi nell’ora di bici a spalla (traccia).

Avevo così notato un sentiero che portava in cima alla Punta di Rims (2946 metri). Dalle pendenze capì che si trattava di un sentiero militare, come d’altronde era facile intuire dalla caserma posta posco sotto la vetta. Era la continuazione del sentiero di Pedenolo, che ero riuscito a fare completamente in sella.

Ieri così è venuto il momento tanto agognato: dopo aver letto alcuni report nella vecchia sezione itinerari, ho visto che a qualcun altro era venuta in mente la stessa cosa, così parto da Livigno, mi sparo l’Alpisella ancora sgombra da merenderos con la ebike a noleggio e costeggio i laghi di Cancano.

Transito sull’ultima diga e mi trovo da solo nel magnifico ambiente della valle della Forcola, che presto abbandono per inforcare il bellissimo sentiero che porta a Pedenolo. Con mia grande sorpresa, noto che è stato rimesso a posto e riportato ai lustri di più di 100 anni fa, quando era ancora una strada militare.

La volta precedente che l’avevo percorso era largo sì e no un metro e c’erano diversi detriti che costringevano a fare degli slalom.

Il bello è che questo tracciato viene usato dai biker prevalentemente in discesa, partendo dal Passo Umbrail e passando dalla Bocchetta di Forcola, ma per i miei gusti è troppo piatto e, panorami a parte, è piuttosto noioso. Percorrendolo in salita cambia tutto: sono 900 metri di dislivello fantastici, che rendono questa salita una delle più belle delle Alpi.

Già, perché la ristrutturazione del sentiero finisce abbastanza presto, e si torna al singletrack che conoscevo, perfettamente ciclabile e molto audace nella sua linea. Nella foto qui sotto a destra in basso vedete la sterrata della valle della Forcola, con la diga di Cancano sullo sfondo, e sotto la mia bici il sentiero costruito sullo scosceso pendio della montagna.

Si raggiunge poi l’Alpe Pedenolo, abbandonata, con i suoi pratoni, e l’ambiente si fa meno severo. Per poco, perché qualche centinaio di metri di dislivello più in alto ci ritroviamo sugli sfasciumi che portano alla Forcola, da dove si vede lo Stelvio.

Proseguo verso la caserma e comincio a salire verso la Punta di Rims, facendo una deviazione e passando per le trincee che guardano verso lo Stelvio. Il sentiero, come immaginavo, è in parte pedalabile, purtroppo non è tenuto così bene come la sezione precedente, così mi trovo a spingere durante l’ultimo traverso. Arrivo in vetta, e sono completamente solo.

Il lago di Rims mi guarda come un occhio azzurro, il panorama è fantastico e me lo godo mentre mi mangio un pane di segale con formaggio, riparato dal vento dietro una roccia.

Adesso viene però il bello, perché non c’è sentiero che porta al lago di Rims. Devo scendere per il famoso ghiaione che tre anni fa osservavo mentre gli altri facevano il bagno. Passando dei resti di postazioni militari con cartelli che spiegano che qui c’erano dei cannoni che riuscivano a colpire Trafoi, in Val Venosta, seguo inizialmente il sentiero che porta al Piz Umbrail, e mi fermo alla selletta che vedete nella foto qui sotto a destra.

Il ghiaione all’inizio è ripido, c’è un accenno di traccia che lo taglia e che in parte devo fare con bici al fianco, ma poi inizia la libidine: un freeride su sassi grossi il giusto per essere ciclabili. L’unica cosa a cui devo stare attento è non finire dalla parte sbagliata del pendio, perché devo riuscire ad incrociare il sentiero che scende dal Piz Umbrail prima di arrivare al lago.

I sassi lasciano il posto a dei pratoni fioriti e ben presto trovo il sentiero e arrivo al tanto agognato lago.

Il fatto di essere in giro da solo rende l’esperienza ancora più esilarante, anche perché sembra che l’umanità abbia cessato di esistere, almeno fin quando non vedo da lontano due persone sul lago. Mi volto e guardo da dove sono sceso. 600 metri di dislivello che difficilmente dimenticherò.

Non è finita qui, perché la discesa in val Mora è una libidine pura, come documentato in questo video che avevamo fatto con Stefano Udeschini:

Non è neanche finita in termini di salita, ma ormai mi sono tolto un peso dallo stomaco e il resto lo conosco bene. Mi godo così gli ambientoni alpini in cui passo, soffro sulla salita finale all’Alpe Trela e arrivo stanco ma soddisfatto a Livigno.

Qui trovate la traccia del giro, fattibile anche partendo ed arrivando ai Laghi di Cancano.

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