L’attacco manubrio

Bentrovati, come tutti i mercoledì, all’appuntamento settimanale con il tech corner!

Due settimane fa ci eravamo occupati del manubrio e di come la larghezza dello stesso influenzi il comportamento della bici. Quest’oggi ritorniamo a parlare della zona manubrio occupandoci di un altro componente importantissimo: l’attacco manubrio o stem.

La scelta dell’attacco manubrio

Stem lungo, corto, rialzato, con inclinazione negativa, neutro, con spessori sotto, senza spessori… Le possibilità di scelta e di personalizzazione dell’attacco manubrio sono veramente moltissime e spesso si entra in confusione.

In realtà analizzando il discorso geometricamente scopriamo che le cose sono più semplici di quello che sembra: variare le dimensioni dello stem serve semplicemente a spostare il manubrio in avanti e/o in alto.
Una volta che abbiamo capito come vogliamo spostare il manubrio (se vogliamo avvicinarlo o allontanarlo, se vogliamo alzarlo o abbassarlo), in base a quanti e dove sono posizionati gli spessori del cannotto forcella, potremo scegliere la soluzione ottimale, ovvero scegliere l’inclinazione e/o la lunghezza dell’attacco manubrio.

Trovare l’attacco manubrio che meglio si adatta alle nostre esigenze spesso non è semplice. Ci si può rivolgere ad un biomeccanico che, dopo opportune misurazioni, ci dice quali sono le misure ottimali dello stem per la nostra bici, valori che tuttavia non tengono in conto del nostro stile di guida e delle nostre abitudini. Specialmente che pratica AM od enduro infatti vuole un compromesso nel comportamento tra salita e discesa, compromesso che è sempre molto soggettivo. C’è chi punta di più ad un’impostazione adatta alla salita e chi preferisce un assetto più adatto alla discesa e questo il biomeccanico e le varie tecniche di posizionamento non lo tengono in contro.

Come scegliere quindi l’attacco manubrio? L’unico modo è andare a tentativi. Solitamente si parte con alcune considerazioni, per ottenere una prima configurazione “base”:

Lunghezza del busto e delle braccia in relazione alla taglia: si valutano le dimensioni antropometriche del rider e la lunghezza dell’OV (orizzontale virtuale, ndr) della bicicletta. Se ad esempio il rider è a metà taglia e sceglie la taglia più piccola, si parte con un attacco manubrio leggermente più lungo e viceversa.
Prova statica: semplicemente sedendosi sopra la bici un rider con un po di esperienza sa già farsi un’idea dell’impostazione in sella della bici.
Configurazione della vecchia bicicletta: se non si cambia radicalmente tipologia di bici, si può fare un confronto tra geometrie della vecchia bici e quelle della nuova ed aggiustare l’attacco manubrio di conseguenza.
Destinazione d’uso: più si va verso discipline gravity, più l’attacco manubrio risulterà corto. In base all’uso a cui è destinata la bicicletta ci sono delle lunghezze standard per la disciplina.

Una volta trovata la configurazione base, la si prova poi sul campo ed eventualmente si fanno i dovuti aggiustamenti. Purtroppo ogni aggiustamento richiede di provare uno stem diverso. Di solito i negozianti hanno degli attacchi manubri di varie misure da far provare ai clienti, prima di procedere all’acquisto di quello definitivo, oppure si può chiedere ad un amico. Ecco alcuni consigli quando si provano configurazioni differenti:

Procedere con variazioni significative. Se si prova uno stem 1cm più corto, probabilmente non si sente alcuna differenza. Conviene provare con variazioni più importanti per sentire meglio le differenze. Se poi la variazione risulta eccessiva, significa che il giusto compromesso sta nel mezzo.
Provare l’attacco manubrio per un po’ di tempo, non solo per un’uscita. Bisogna superare la prima fase di adattamento per capire effettivamente se la nuova soluzione fa per noi o se non va bene.
Prestare attenzione alla destinazione d’uso: montare uno stem da XC su una bici da DH può significare una poco piacevole visita al centro traumatologico più vicino… Occhio quindi che l’attacco manubrio sia dimensionato all’uso che se ne intende fare.

Un po’ di geometria

L’attacco manubrio è caratterizzato da due misure:

La prima misura è la lunghezza dello stem, che si misura come proiezione ortogonale su di un piano normale all’asse del cannotto della forcella, dei due assi di cannotto e manubrio. Tale misura è il principale riferimento nella scelta di un attacco manubrio.
La seconda è l’angolo di inclinazione, che altro non è che l’angolo tra un piano normale all’asse del cannotto della forcella e l’asse centrale del nostro attacco manubrio.

Nella figura, il sistema di riferimento è impostato considerando il cannotto forcella verticale. Non dimentichiamoci però che per l’angolo di sterzo, in realtà il cannotto forcella risulta inclinato. Di conseguenza, a seconda dell’angolo di sterzo, lo stem può risultare più o meno inclinato verso l’alto. Se per la lunghezza effettiva (ovvero la proiezione dell’attacco manubrio sul terreno) queste variazioni sono trascurabili (si parla di pochi mm), tuttavia il rialzo effettivo fornito dallo stem risulta tanto più maggiore tanto più è aperto l’angolo di sterzo.

Se la lunghezza influisce sull’avanzamento del manubrio su di un piano orizzontale, l’inclinazione invece influisce sull’altezza del manubrio da terra:

Prendiamo come riferimento questa figura. A parità di lunghezza della pipa (l), ad un maggiore angolo di inclinazione (a) corrisponde un maggior rialzo (r). Di fatto all’aumentare dell’angolo di inclinazione a si ottiene un effetto analogo a quello di un maggiore rise del manubrio o al rialzo dell’attacco manubrio stesso aumentando gli spessori sotto il cannotto (operazione però non sempre possibile).

Applicando delle basilari nozioni di trigonometria, noti la lunghezza (l) e l’angolo di inclinazione (a) possiamo ricavare il rialzo (r), come:
r=tg(a) x l
Dove tg(a) è la tangente dell’angolo a

Facciamo un esempio numerico. Supponiamo di voler passare da una pipa di lungheza 90mm, senza inclinazione ad una sempre da 90mm con inclinazione 6°. Il rialzo è pari a:
r= tg(6°) x 90 = 0,105 x 90 = 9,45mm
Di fatto quindi otteniamo lo stesso effetto che se aggiungessimo uno spessore da 1cm sotto la pipa o se passassimo da un manubrio low rise (15mm di rise) ad un mid rise (25mm di rise).

Da questo si ricava che l’accoppiata pipa con inclinazione negativa e manubrio con maggior rise, soluzione che spesso si vede in giro in realtà non ha alcun senso logico. Può avere senso se non si vogliono cambiare manubrio e stem e si vogliono provare configurazioni differenti, ma altrimenti è solo peso in più!

Dopo aver letto questo paragrafo, capirete che una soluzione come questa è assolutamente inutile, a meno che non si tratti di un esperimento per provare nuove configurazioni. L’errore sta sia nell’aver montato la pipa con inclinazione negativa con sotto un buon centimetro e mezzo di spessori, ma anche nell’aver accoppiato una pipa negativa ad un manubrio rise. Si sarebbe potuto ottenere lo stesso effetto con la pipa montata con inclinazione positiva e con solo lo spessore piccolo al di sotto di essa, oppure con pipa montata positiva, lo spessore grande da 1 cm e un manubrio flat (con conseguente risparmio di peso).

La lunghezza

Occupiamoci ora di capire come la lunghezza influisca il comportamento e la posizione in sella.

POSIZIONE IN SELLA

Aumentare la lunghezza significa portare in avanti il manubrio. Un manubrio più avanzato contribuisce a posizionare il busto e la schiena più distesi, portando in avanti il punto di appoggio della mani.

Questo ha sicuramente un effetto vantaggioso in salita: il busto più basso e avanzato abbassa il baricentro dell’insieme bici-ciclista (il busto insieme alla testa è la parte più pesante del corpo, il cui peso è di molto maggiore a quello della bici) e allo stesso tempo lo porta più in avanti. Questo fa si che, specialmente nelle salite più ripide, la ruota davanti tenda a rimanere maggiormente attaccata al terreno, permettendo al biker di pedalare agevolmente anche su pendenze elevate, senza dover forzare l’abbassamento del busto o avanzare eccessivamente sulla sella, compromettendo la biomeccanica della pedalata.

In discesa invece l’effetto può essere vantaggioso o svantaggioso, dipende. Una pipa eccessivamente lunga porta il baricentro molto in avanti. Questo da un lato aumenta il rischio di ribaltarsi, dall’altro costringe il rider ad arretrare parecchio per evitare il rischio di cappottamento, costringendolo a scendere spesso con le braccia tese, posizione che riduce moltissimo il controllo del mezzo e rende quindi la bici poco sicura sui ripidi. Una pipa troppo corta dall’altro canto tiene il baricentro troppo arretrato. Questo se da un lato riduce il rischio di ribaltamento, dall’altro alleggerisce eccessivamente l’anteriore, con conseguente rischio di perdita di grip in curva e di chiusura dello sterzo, con conseguente caduta. Insomma anche per la discesa non è detto che una pipa molto corta sia la scelta migliore.


Una posizione in sella molto distesa caratterizza le bici da XC e Marathon. Come è facile intuire se questa configurazione è ottimale per la salita, in discesa comporta parecchi svantaggi.

EFFETTI DINAMICI

Le considerazioni del punto precedente hanno valore a parità di OV. Non dimentichiamoci che è possibile mantenere la stessa identica posizione in sella anche allungando l’OV (ovvero passando ad una taglia più grande) e montando un attacco manubrio più corto.

Da un punto di vista dinamico infatti la lunghezza dell’attacco manubrio determina il braccio di leva tra manubrio e cannotto della forcella. Una pipa più corta rende infatti la sterzata più agile, migliorando quindi la maneggevolezza della bici sullo stretto. Una pipa più lunga invece rende lo sterzo più pigro, migliorando la stabilità sul veloce.

Non a caso con l’aumentare dell’angolo di sterzo, si preferisce montare una pipa più corta, proprio per rendere la bici più maneggevole. Nelle biciclette da XC invece, dove si montano attacchi manubrio lunghi, solitamente i produttori realizzano telai con angoli di sterzo chiusi.

Anche sulle bici da 29”, dove il “ruotone” tende ad impigrire lo sterzo, si preferisce montare stem più corti e allo stesso tempo utilizzare angoli di sterzo più chiusi, per migliorare la maneggevolezza e l’agilità.

L’inclinazione o meglio il rialzo.

L’inclinazione ha l’effetto di variare il rialzo dell’asse di posizionamento del manubrio. Di fatto quindi contribuisce ad alzare o abbassare, su di un piano verticale o meglio parallelo al cannotto della forcella, la posizione del manubrio e di conseguenza delle mani. Come visto in precedenza l’effetto è del tutto analogo a quello di variare il numero di spessori sotto l’attacco manubrio, oppure di variare il rise (supponendo di posizionare il manubrio con rise parallelo agli steli della forcella).

POSIZIONE IN SELLA

Per quanto riguarda la posizione in sella, l’effetto del rialzo (che esso sia dovuto all’inclinazione dello stem, agli spessori, al rise poco importa) influenza il posizionamento del busto e del baricentro. Questa volta l’effetto riguarda solo la posizione verticale del baricentro, non il suo avanzamento o arretramento. Mantenendo costante la lunghezza dell’attacco manubrio e variandone solo il rialzo, si sposta in alto o verso il basso il baricentro, con uno spostamento orizzontale molto contenuto, pressoché trascurabile.

In salita avere il busto più basso è essenzialmente un vantaggio. Baricentro basso significa avere una bici che non si impenna sul ripido e quindi avere una miglior resa in pedalata. Per questo spesso in XC si montano attacchi manubrio con inclinazione rivolta verso il basso, soluzione ideale per ridurre la tendenza al ribaltamento senza dover allungare eccessivamente la pipa (con rischio di fastidio alla schiena).

In discesa, come per la lunghezza, l’effetto del rialzo può essere positivo o negativo. Se da un lato un manubrio più basso aumenta il grip sulla ruota anteriore, che si trova ad essere più caricata, sul ripido invece costringe il rider ad arretrare maggiormente, per evitare il ribaltamento.

Molto spesso su bici con angolo sterzo molto aperto si abbina un rialzo piuttosto contenuto (manubri larghi con rise basso o anche nullo sono infatti molto diffusi per gli usi gravity) ad un attacco manubrio piuttosto corto. In questo modo si compensa la minore lunghezza dello stem (e il conseguente arretramento del baricentro) con un minore rialzo (che consente di caricare meglio l’anteriore). Si possono quindi sfruttare al meglio gli effetti dinamici dell’attacco manubrio più corto, che come detto migliora la maneggevolezza della bici, riducendo allo stesso tempo l’effetto di alleggerimento dell’anteriore dovuto all’attacco più corto.


Manubri larghi, low rise ed attacco integrato: specialmente in DH, con gli angoli sterzo molto aperti, soluzioni con poco rialzo ed attacco manubrio corto sono molto utilizzate.

EFFETTI DINAMICI

Gli effetti dinamici del rialzo non sono molti, anzi potremmo dire che sono pressoché nulli. Le uniche differenze che il rialzo comporta riguardano essenzialmente la posizione in sella e la conseguente distribuzione dei pesi.

Insomma, credo che abbiate capito che un componente apparentemente così semplice, come l’attacco manubrio, in realtà è estremamente importante per quanto riguarda il comportamento, la maneggevolezza e la posizione in sella delle nostre mtb. La sua scelta richiede di valutare diversi fattori, dalle misure antropometriche del rider, alle geometrie della bici, dalla destinazione d’uso alle abitudini e alle preferenze del singolo.

Voi come vi regolate sulla vostra bicicletta? Quali sono le vostre preferenze sull’attacco manubrio?

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