L’enduro si è perso nel bosco

Un decina di anni fa l’enduro era al suo apice: una disciplina nuova che attirava attenzione sia dal punto di visto delle biciclette vendute, sia da quello agonistico. L’idea di fondo era offrire un mezzo polivalente: pedalabile in salita e divertente in discesa.

Il circuito italiano Superenduro (RIP) aveva dato il La ad un movimento che sembrava inarrestabile. Ormai o si comprava una bici da cross country, o una da enduro. Il resto era stato totalmente cannibalizzato, a partire dalle DH.

Nel 2013 il coronamento dell’enduro: la nascita di una serie di gare internazionali, l’Enduro World Series. O meglio, avrebbe dovuto essere il coronamento della disciplina, invece è stato l’inizio della fine. Personalmente ho partecipato alla prima EWS della storia, a Punta Ala, ed era bello trovare amatori e pro nella stessa gara, sugli stessi percorsi. Mi ero anche iscritto all’ultima EWS di quella stagione, a Finale Ligure, per poi lasciar perdere dopo aver fatto la ricognizione.

Gli organizzatori infatti avevano deciso di rendere il percorso molto selettivo, perché si trattava secondo loro di una gara da Pro, ma i partecipanti erano in gran parte gli stessi degli anni precedenti: tantissimi amatori, soprattutto italiani abituati a gareggiare sui tracciati medio facili del Superenduro. Ricordo ancora l’andirivieni di ambulanze e lo shock per il grave incidente di Sandrone.

Da lì in poi si è tentato di spettacolarizzare l’enduro, rendendolo molto simile al downhill. Servivano immagini e soprattutto video di azione intensa per attirare gli sponsor, non bastavano più i sentieri in mezzo al bosco fattibili da tutti. Ecco dunque comparire risalite sempre più meccanizzate, salti in bikepark (la foto sopra è stata scattata durante l’EWS di Crans Montana 2021) e con essi biciclettone sempre più orientate alla discesa.

Un mesetto fa ho incontrato le gemelle Gehrig che mi hanno parlato di come hanno corso l’EWS di Finale Ligure 2021. Erano in sella alla nuova Norco Range. Gommata da gara, la bici pesava 18 kg. Peccato per loro che a Finale fosse obbligatorio pedalarsi 2000 metri di dislivello in salita. “Da morire. Non ti dico i crampi“, è stato il loro commento. Penso che lo stesso sia capitato ai rider Cannondale sulla nuova Jekyll che, gommata leggera, pesava già 16.5 kg durante il mio test.

È ovvio che se un biker si deve comprare una bici per uso privato, starà lontano da mostri del genere. Starà però anche lontano dalla nuova Canyon Strive, altro macigno pensato solo per le gare. Pensate che ieri se ne sono stati lontani anche i pro del team Canyon a Tweed Valley, preferendole la più polivalente Spectral.

Tutto ciò comporta un minore interesse per le Enduro World Series: è da anni che gli articoli e i video di queste gare attirano sempre meno views. Così come sempre biker si interessano per le bici da enduro. Rimanendo in casa Canyon, il rapporto di views dei video riguardanti la Spectral e la Strive è a favore della prima per 3 a 1 (30.000 contro 10.000).

Cosa vogliono i rider è però sotto gli occhi di tutti nelle gare locali come le Toscano Enduro Series, dove i partecipanti non mancano perché i percorsi gara sono molto simili a quelli che il Superenduro proponeva una decade fa. Non si rischiano le ossa ad ogni curva e soprattutto non c’è bisogno di bici da downhill spacciate per enduro per arrivare al traguardo.

Certo, il livello è poco più che amatoriale e questo, a sua volta, si ripercuote sulla crescita tecnica dei pochi rider italiani che poi si cimentano nelle EWS. Ieri, in Scozia, il primo italiano è arrivato 69°.

Chiudo con una considerazione che non farà piacere a chi ama seguire la coppa del mondo di DH e XC in diretta, grazie a RedBull TV. Dalla prossima stagione la copertura sarà in mano al gruppo Discovery, lo stesso che dovrebbe seguire le EWS. Dico dovrebbe perché avrebbero dovuto offrire dirette e video pazzeschi, ma tutto quello che si vede della gara di ieri è un recap su youtube da 10 minuti. Di dirette non c’è traccia, anche perché l’enduro non si presta al format televisivo. Troppo dispersivo in termini di durata e di lunghezza del percorso, il che è poi il motivo per cui era nato: passare una giornata in mezzo al bosco per vedere chi ce l’ha più lungo, per poi farsi qualche risata insieme di fronte ad una birra a fine giornata.

 

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