Continuiamo ad approfondire sull’argomento ginocchio e problemi che lo affliggono.
Sicuramente tra gli infortuni più comuni che tormentano gli atleti rientrano lesioni e rotture dei legamenti crociati, collaterali, e dei menischi. Eravamo partiti per fare un solo pezzo ma volendo mettere tutte le strategie possibili, competenze, gli approcci e gli esercizi (dal passivo all’attivo), abbiamo finito per creare due articoli. Ecco che quest’oggi Luca Bergadano ed io vi spiegheremo i modi migliori per recuperare dall’infortunio dell’LCA (crociato anteriore), molto più frequente del crociato posteriore. Essendo il percorso lungo e articolato, spesso ci si perde per strada e non si riescono a mettere insieme tutti quei tasselli, o farlo in modo tempestivo, necessari per poter tornare al 100% il più in fretta possibile. Lascio la parola dunque a Luca, tenendomi la parte post-rehab e riatletizzazione della seconda parte di articolo.
La lesione del legamento crociato anteriore (LCA) è molto frequente in ambito sportivo ed interessa diverse discipline in quanto può verificarsi sia per traumi da contatto sia per traumi in assenza di contatto. Nel primo caso è più facile immaginare una forza esterna che si imprime sull’articolazione portandola “fuori” dalla propria fisiologia. Infatti è anche molto probabile che il danno non riguardi esclusivamente un singolo tessuto o struttura, ma anche le componenti articolari limitrofe. Nel secondo caso invece è importante osservare e/o ricostruire il movimento che ha prodotto la lesione per capire cosa non abbia funzionato al punto da sfociare in lesione.
Esistono dei fattori predisponenti per la lesione del LCA quali sesso, età, tipo di attività svolta, lassità capsulo-legamentosa e un rapporto di forza sbilanciato tra quadricipite e ischiocrurali. Proprio questi ultimi sono infatti sinergici del LCA nel controllo dello scivolamento anteriore della tibia durante elevate richieste di contrazione del muscolo quadricipite.
Il ginocchio è considerato a tutti gli effetti un ginglimo angolare, un’articolazione che ha un piano di movimento preferenziale (piano frontale) ed effettua flessione ed estensione. In realtà, a causa della conformazione a tronco di cono dei condili femorali, è necessario che il ginocchio effettui anche dei movimenti rotatori sul piano trasverso dell’articolazione. Solo grazie a queste rotazioni, che il corpo gestisce in maniera assolutamente autonoma durante il movimento, il ginocchio può eseguire una flesso/estensione sul piano frontale. Provate a far rotolare un bicchiere di plastica sul tavolo e vi accorgerete che seguirà una traiettoria curva. Se il tavolo potesse ruotare contemporaneamente sotto il bicchiere, allora osservereste una traiettoria virtualmente rettilinea.
Oltre ai macromovimenti dobbiamo considerare i micromovimenti. Si tratta di scivolamenti multi direzionali (anche questi automatici) che partecipano significativamente alla biomeccanica corretta del ginocchio. Questi micromovimenti sono “tutorizzati” dall’apparato legamentoso e vengono infatti riprodotti manualmente dall’ortopedico per testarne l’integrità in sede di visita per sospetta lesione.
Stiamo parlando principalmente dei legamenti crociato anteriore, posteriore, collaterale mediale e laterale.
Ho tralasciato la rotula in questo breve tour sulla biomeccanica, per rimanere contestualizzato alle problematiche di cui stiamo parlando.
Parlando di LCA e tralasciando tutti i traumi esterni che possono incombere e che non sono sono propriamente classificabili, il meccanismo lesionale più comune è rappresentato da una combinazione di rotazione esterna/valgismo a piede bloccato al suolo oppure da rotazione interna/iperestensione. In questi casi la lesione si verifica anche senza che vi sia contatto esterno del ginocchio poiché il meccanismo lesionale vero e proprio è costituito dall’improvvisa decelerazione dell’arto accompagnata a contrazione del quadricipite.
“Noncontact ACL injuries are likely to happen during deceleration and acceleration motions with excessive quadriceps contraction and reduced hamstrings co-contraction at or near full knee extension. Higher ACL loading during the application of a quadriceps force when combined with a knee internal rotation moment compared with an external rotation moment was noted. The ACL loading was also higher when a valgus load was combined with internal rotation as compared with external rotation. However, because the combination of knee valgus and external rotation motions may lead to ACL impingement, these combined motions cannot be excluded from the noncontact ACL injury mechanisms. Further, excessive valgus knee loads applied during weight-bearing, decelerating activities also increased ACL loading.” (1)
Il dolore è solitamente immediato e lancinante, impedisce la normale funzione ed è accompagnato da gonfiore articolare da stravaso ematico (emartro), dovuto alla rottura totale o parziale del tessuto legamentoso.
Solitamente la diagnosi viene effettuata in pronto soccorso e viene poi confermata da esami di screening come la risonanza magnetica, che attesta la presenza e l’entità del danno.
In ogni caso è importante tutorizzare immediatamente il ginocchio mediante confezionamento di un bendaggio rigido, tenere l’arto di scarico (cammino con stampelle e senza carico) e seguire la terapia farmacologica prescritta in pronto soccorso.
‘anche qualcosa di meno ingombrante a seconda del tipo di lesione/lesione multipla’
Dopodichè, in base alla gravità della lesione, alla disabilità motoria residua e soprattutto alle necessità del soggetto (agonista/non agonista ad es.), il chirurgo ortopedico decide se optare per un trattamento conservativo oppure intervenire per ricostruire il tessuto danneggiato.
Anche qui bisogna fare una distinzione fra atleti agonisti e non. Nel primo caso l’intervento viene programmato per i giorni successivi mentre nel secondo caso si rispettano i tempi d’attesa normalmente dettati dalla Sanità, a meno che non ci si rechi in una clinica privata. Eccezione per alcuni atleti d’elite di alcune specialità che riuscendo a lavorare sulla muscolatura riescono a rimandare l’intervento a momenti più tranquilli dell’anno.
Considerando la situazione di uno qualsiasi di voi, è probabile che decorrano da 2 a 6 mesi prima di un intervento di ricostruzione. È indispensabile che nel frattempo si effettui un lavoro fisioterapico mirato a:
- recupero articolare;
- gestione del dolore (tecar, magnetoterapia, ecc…);
- reclutamento/rinforzo muscolare;
- taping;
- trattamento delle stazioni articolari sopra e sotto il ginocchio
- rieducazione propriocettiva.
Nonostante si debba ricorrere alla chirurgia questo approccio è indispensabile per riportare il ginocchio alla miglior condizione possibile in vista dell’intervento di ricostruzione, che sarà di per se “assorbito” dall’organismo come un ulteriore trauma.
Perciò è importante attivare questo percorso immediatamente dopo la rimozione del bendaggio rigido.
L’intervento di ricostruzione consiste in un trapianto di tessuto, prelevato dal medesimo soggetto, che sostituisce il legamento danneggiato. Le tecniche maggiormente utilizzate sono due e dipendono strettamente dalla zona di prelievo del tessuto. Si possono distinguere la tecnica con Gracile e Semitendinoso (GRST) e la tecnica con Tendine Rotuleo (TR). In entrambi i casi si trapianta un pezzo di tendine al posto del crociato anteriore e in entrambi i casi quindi deve essere rispettato non soltanto il tempo di guarigione del trapianto, ma anche il tempo di guarigione della zona del prelievo. Quest’ultima cosa modifica il progetto riabilitativo solo nelle prime settimane post operatorie.
In generale da molti anni vedo seguire sempre le stesse linee guida riabilitative, raccomandate dagli stessi chirurghi ortopedici che hanno effettuato l’intervento, anche se la fisioterapia continua a fare passi avanti. D’altra parte squadra che vince non si cambia. Personalmente non amo i protocolli e preferisco avere in mente giusto una linea guida adattando la seduta alle condizioni del soggetto ed alla fase post operatoria. Detto ciò, qui di seguito vedremo quello che potrebbe essere un probabile percorso riabilitativo per un ciclista.
PRIMO MESE
- rispetto del neo legamento e del dolore intenso;
- mobilizzazione cauta fino ad un massimo di 90° di flessione, ma si possono raggiungere anche i 120°;
- esercizi attivi/assistiti di flessione/estensione del ginocchio fino ad un massimo di 90° (wall slide);
‘wall slide, dolcemente si distende la gamba portando volendo la punta del piede verso sè (attenzione in questo se si è optato per prelevamento porzione di semitendinoso). Fantastica la variante che vedete sotto che prevede un’attivazione della catena posteriore contemporanea, e propriocettiva, per effetto di un disco da mantenere attaccato al muro.’
- flessione dell’anca da supino a ginocchio esteso, con rotazione neutra e extrarotazione;
- reclutamento isometrico del quadricipite a ginocchio flesso (45°-60°);
- co-contrazione quadricipite e ischiocrurali;
Classico rinforzo iniziale quadricipite; la catena posteriore assiste al tutto e lavora comunque anch’essa.
- reclutamento adduttori e quadricipite contemporaneamente (es. simulando una leg extension a corpo libero tenendo una palla morbida tra le ginocchia)
- esercizi per lo schema del passo e abbandono delle stampelle;
Questo esercizio nello specifico ri-abitua il soggetto a fidarsi di quella gamba per man mano ri-creare una camminata via via meno zoppicante.
- cyclette a mezza pedalata.
Fare una mezza pedalata, utilizzando l’altra gamba per tornare indietro, significa mobilizzare quasi passivamente il ginocchio, e fare un rinforzo iniziale dei muscoli estensori.
I più alternativi aggiungono leg extension a corpo libero in un range controllato tra i 90°-45° ed uno squat a corpo libero con schiena appoggiata al muro tra 0°-45°, poiché in questo modo si rinforza il muscolo senza eccessive forze di trazione o di taglio sul neo legamento.
SECONDO MESE
- raggiungere i 120° di flessione;
- aumento dei carichi di lavoro con esercizi come mezzi affondi frontali e laterali;
- squat a muro con tenuta isometrica (ottima la variante di prima con ausilio di fitball, con gradi sempre maggiori di flessione e durata sempre maggiore);
- esercizi propriocettivi con tavolette e pedana stabilometrica;
- pressa a elastici a bassa resistenza;
- cyclette a pedalata completa a bassa resistenza.
TERZO MESE
- raggiungere i 140°gradi di flessione;
- inserire esercizi con macchinari isotonici a bassa resistenza;
- squat a corpo libero;
- pressa a elastici a media resistenza;
- affondi completi;
- aumento della resistenza sulla cyclette;
- avviamento allo sforzo muscolare isocinetico in bike a 50rpm;
- esercizi propriocettivi a difficoltà crescente.
QUARTO MESE
- aumento dei carichi isotonici;
- pressa a elastici ad alta resistenza e inserimento di esercizi pliometrici alla pressa;
Tipico lavoro pliometrico/eccentrico alla pressa.
- lavoro sui cambi di direzione;
Prima di lavorare su improvvisi cambi di direzione (sui quali si lavora moltissimo in riatletizzazione di sport come calcio), ecco un fantastico lavoro di rotazione e leggero affondo su una superficie (reebok slide) che permette una riduzione dell’attrito, e quindi del rischio di creare potenziali ulteriori danni ai crociati ancora in fase riabilitativa. Successivamente si può passare a giochini vari, navette, corsa con la palla ecc…
Per completezza vi mostro sotto anche un esercizio che si utilizza in fase avanzatissima del recupero dei collaterali con lo stess ostrumento (rinforzo – propriocezione – gesto veloce ma ancora controllato e con riduzione di attrito).
- avviamento alla corsa di fondo;
- isocinetica a 40rpm (non assimilabile a nessun gesto atletico in bike, per la quale le sfr-pfr si fanno ormai sopra le 50 rpm, ma di fatto rinforza);
- cyclette ad alta resistenza.
Dal quinto mese in poi la mia idea è che il lavoro fisioterapico si intrecci in modo adeguato con l’intervento del preparatore atletico. Quindi le sedute non saranno soltanto indirizzate alla riabilitazione di un ginocchio operato, ma anche alla riatletizzazione del soggetto che ha affrontato questo duro percorso con il solo scopo di tornare a fare ciò che gli piace.
Siamo sempre lì: l’atleta nuovo arriva e mi dice ‘come è possibile? Io ho fatto tutto il percorso riabilitativo ma non sento ancora il ginocchio stabile…specialmente in movimenti incontrollati e veloci (se è uno sportivo non sarete voi a fermarlo, meglio prepararlo anche all’imprevisto)’. Questo vale anche per altre articolazioni, vedi spalla ad esempio, alla quale abbiamo dedicato 2 articoli tempo fa.
Ecco quindi un esempio di un esercizio che richiede allo stesso tempo equilibrio, propriocezione, coordinazione, fiducia, leggerezza, velocità. Come questo (meglio utilizzare un bosu che ha base stabile se non siete degli squali di equilibrio) ve ne sono moltissimi ed è bene avvicinarsi il più possibile al gesto atletico nei professionisti.
Dal punto di vista fisioterapico il lavoro continua con aumento dei carichi, della velocità di esecuzione e con un intervento di terapia manuale che ha come obiettivo quello di eliminare eventuali scompensi creati dalla temporanea disabilità, che ha sua volta genera degli adattamenti strutturali non vantaggiosi da parte dell’organismo.
Generalmente si considera un tempo medio di circa 6 mesi prima di ritornare ad assaporare con il contagocce l’attività sportiva vera e propria e comunque anche considerando il risultato più ottimistico, ci vuole tempo per tornare a spingere come prima dell’infortunio.
Nel prossimo articolo ci occuperemo delle lesioni ai menischi e lesioni congiunte crociati-menischi, come sempre con una dettagliata descrizione e completezza negli esercizi migliori da eseguire.
(1) J Athl Train. 2008 Jul-Aug;43(4):396-408. doi: 10.4085/1062-6050-43.4.396.
Mechanisms of noncontact anterior cruciate ligament injury.
Dott. Luca Bergadano Fisioterapista 3381148888 [email protected]
Federico Frulloni, personal fitness trainer & preparatore atletico www.fftraining.it [email protected]
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